Il 23 luglio la Sierra Leone è diventata l’ultimo stato africano ad abolire la pena di morte dopo che i parlamentari hanno votato all’unanimità per cancellare l’ultimo retaggio dell’era coloniale.

Lo Stato dell’Africa occidentale è diventato il 23° del continente a porre fine alla pena capitale, che è in gran parte un’eredità dei codici legali coloniali. Ad aprile, era stato il Malawi a stabilire che la pena di morte era incostituzionale, mentre il Ciad l’aveva abolita nel 2020. Nel 2019, la Corte Africana per i diritti umani aveva stabilito che l’imposizione obbligatoria della pena di morte da parte della Tanzania era “palesemente ingiusta”.

Dalla terra dei leoni segnata da una lunga e sanguinosa guerra civile, che verso la fine del secolo scorso ha provocato decine di migliaia di morti, è giunta l’ennesima lezione di civiltà.
La Corte speciale delle Nazioni Unite, istituita per giudicare crimini di guerra e contro l’umanità, si è rivelata una Corte esemplare, un potente strumento per la riconciliazione e la prevenzione di futuri conflitti. Lo statuto della corte internazionale che bandiva la pena di morte per fatti di estrema gravità come terrorismo, deportazione, schiavitù sessuale, omicidi, torture e stupri di massa, è stato il preludio alla riforma interna che ha finalmente cancellato la pena capitale che poteva essere prevista anche per un solo omicidio, la rapina aggravata, l’ammutinamento e il tradimento.

«Ho mantenuto l’impegno assunto dal governo di abolire definitivamente la pena di morte in Sierra Leone», ha detto il Presidente Julius Maada Bio. «Ringrazio i cittadini, i membri del Parlamento, i partner per lo sviluppo e i gruppi per i diritti che sono stati fermamente al nostro fianco per fare la storia».

Anche Nessuno tocchi Caino ha dato il suo contributo a questo esito felice del processo abolizionista. Nel 2012 ha conferito il premio “Abolizionista dell’Anno” al Presidente Ernest Bai Koroma. Da quando era entrato in carica nel 2007, non vi sono state più esecuzioni in Sierra Leone e, nel 2011, aveva commutato in ergastolo tutte le condanne dei detenuti nel braccio della morte. Nel gennaio 2014, con il governo della Sierra Leone, Nessuno tocchi Caino ha organizzato una Conferenza regionale per l’abolizione della pena di morte. Lo scopo era sostenere il processo abolizionista in corso nel Paese e favorire l’impegno politico degli Stati africani per rafforzare la risoluzione ONU per una moratoria universale delle esecuzioni capitali.

Una moratoria interna sull’uso della pena di morte era in corso di fatto dal 1998, dopo che la Sierra Leone ha giustiziato 24 soldati per il loro presunto coinvolgimento in un tentativo di colpo di stato l’anno prima. Ma, da allora, i tribunali non hanno mai smesso di comminare la pena capitale. Nel 2020 le condanne a morte sono state 39, quasi il doppio di quelle dell’anno prima, e alla fine dell’anno erano 94 le persone ancora rinchiuse nel braccio della morte.

Per Rhiannon Davis, direttrice del gruppo per i diritti delle donne AdvocAid, «è un enorme passo avanti per questo diritto umano fondamentale in Sierra Leone». Anche se questo governo e i governi precedenti avevano scelto di smettere le esecuzioni dei condannati a morte, un prossimo governo avrebbe potuto cambiare idea.

Oltre all’abolizione, la Sierra Leone ha scelto di sostituire la pena di morte con un sistema che consenta ai giudici ampia discrezionalità nel tipo di pena da comminare. Insieme ad AdvocAid e alla professoressa Carolyn Hoyle, direttrice dell’Unità di ricerca sulla pena di morte dell’Università di Oxford, il Death Penalty Project ha guidato un processo di collaborazione tra attori internazionali e locali che lottano per l’abolizione, offrendo consigli di esperti su come il Paese potrebbe creare un sistema di giustizia penale che garantisca la possibilità per i giudici di considerare le circostanze individuali di ciascun caso e di pronunciare sentenze umane e flessibili. Umaru Napoleon Koroma, viceministro della giustizia, che è stato in prima linea nella battaglia per l’abolizione, ha già affermato che «la conversione della condanna a morte in ergastolo con la possibilità di risocializzazione è la strada da percorrere».

La tendenza ad abolire la pena di morte e la pena fino alla morte è ormai inarrestabile in Africa, sempre più impegnata in una grande opera di restituzione ai suoi “legittimi” proprietari di tutte le armi penali e dei bagagli penitenziari trasferiti nel continente durante l’era coloniale. L’esempio della Sierra Leone, dopo quello del Ruanda, segna un altro passaggio storico in un continente dove la vicenda millenaria di Caino e Abele, del fratello che uccide il fratello, ha conosciuto alla fine del secolo scorso numerosi casi di tragica attualità. In Sierra Leone inizia un viaggio della speranza dalla violenza alla guarigione, una storia di Caino e Abele di segno diverso. Di conversione dalla guerra civile alla riconciliazione civile, da un sistema di giustizia che punisce e separa a una giustizia che unisce e ripara.