L’Ungheria del governo semi-autoritario di Viktor Orbán, modello nelle sue politiche “per la famiglia” del duo sovranista italiano Meloni-Salvini, si appresta a dare una ulteriore stretta sul diritto all’interruzione di gravidanza delle donne.

Dal 15 settembre prossimo nel Paese i medici che si occupano di interruzioni di gravidanza dovranno far sentire alle pazienti che vogliono abortire il battito del cuore del feto, o più in generale mostrare loro un segno delle funzioni vitali “in modo chiaramente riconoscibile”.

Non solo: medici e ostetrici dovranno inoltre produrre un documento che lo attesti, senza il quale la paziente non potrà accedere all’interruzione di gravidanza. L’aborto è regolamentato e legale dai primi anni ’50, una legge poi modificata nel 1993. Nei tanti anni al potere, ormai 12 consecutivi, Orbán non ha mai sottoposto a grossi cambiamenti la normativa vigente nel Paese, preferendo in realtà agire per vie traverse rendendo sempre più complicato e traumatico per le donne accedere all’interruzione di gravidanza. Il governo ha anche sancito nella costituzione ungherese del 2011 che “la vita di un feto verrà protetta dal concepimento“.

Attualmente la legge ungherese, ricorda l’Ansa, prevede la possibilità di abortire in quattro casi: gravidanza in conseguenza di un reato o violenza sessuale, pericolo per la salute della donna, embrione con handicap fisico grave, situazione sociale insostenibile della donna.

Il tutto rientrava in quella che per il numero uno dell’esecutivo di Budapest è diventata una delle grandi emergenze nazionali, ovvero il calo delle nascite. Non sorprendono dunque le parole di Dora Duro, parlamentare del partito di estrema destra “La nostra patria”, secondo cui la legge servirà “a fare informazione sull’impatto di quello che veramente si sta facendo: molte persone considerano un feto solo un grumo di cellule”.

Quasi i due terzi degli ungheresi associano l’inizio della vita di un bambino al primo battito cardiaco” e le moderne apparecchiature sono in grado di rilevare i battiti cardiaci all’inizio della gravidanza, il che può fornire “informazioni più complete per le donne in gravidanza“, ha riferito lunedì il ministero dell’Interno ungherese Sandor Pinter, che ha firmato il decreto in vigore da domani.

Di tutt’altra opinione Amnesty International, che parla di un “preoccupante declino“. Questa decisione presa “senza alcuna consultazione” renderà “più difficile l’accesso all’aborto” e “traumatizzerà più donne già in situazioni difficili“, ha detto all’Afp il portavoce Aron Demeter.

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Romano di nascita ma trapiantato da sempre a Caserta, classe 1989. Appassionato di politica, sport e tecnologia