Già presidente della Camera, Laura Boldrini è oggi capolista Pd nel collegio plurinominale Toscana2. L’intervista inizia da qui.

Sulla formazione delle liste Pd si è detto e scritto di tutto: vendetta postuma contro i “riformisti”, la notte dei lunghi coltelli, candidature “imposte” ai territori. Lei si sente una “imposta”?
Assolutamente no. Mi sono messa a disposizione del Partito Democratico per dare il mio contributo. La Direzione Nazionale, votando le liste, ha deciso che la mia candidatura fosse utile nel collegio plurinominale Toscana 2. Ho ringraziato e accettato la sfida. Non sono l’unica figura nazionale a non avere un territorio specifico di riferimento. Ho lavorato per 25 anni nelle agenzie dell’Onu e per 5 sono stata Presidente della Camera girando in lungo e in largo il Paese. Sono certa che in Toscana faremo una bella campagna elettorale con tante iniziative.

Una parte della politologia italiana continua a sostenere che si vince occupando il centro. Ma le elezioni americane – prima con Trump e poi con Biden – e quelle francesi non dimostrano il contrario?
C’è una tendenza alla polarizzazione e in particolare in questa campagna elettorale si confrontano due visioni alternative della società. Credo proprio che ci siano pochi spazi per terzi poli. Questo però comporta anche che in un grande partito come il PD ci debbano essere diverse sensibilità in grado di rappresentare uno spettro ampio del mondo progressista e democratico.

Cosa teme di più del centrodestra?
Cominciamo col dire che il centrodestra non esiste più. Ci sono solo la destra e l’ultradestra. Il ritorno indietro sui diritti delle donne, intese dalla destra principalmente come madri e angeli del focolare e sui diritti civili, è certamente il dato più allarmante di un possibile governo della destra. L’Italia rischia di ritrovarsi affidata a forze politiche che di fronte a razzismo, intolleranze e discriminazioni si girano dall’altra parte, anzi battono le mani. La riprova l’abbiamo avuta a ottobre scorso al Senato dopo l’affossamento del Ddl Zan, quando dai senatori della destra partirono cori da stadio e applausi festanti. Uno spettacolo indegno. Altro pericolo per il nostro Paese è l’anti-europeismo di Meloni e Salvini

Nel suo passato pubblico c’è l’essere stata per anni portavoce in Italia dell’Unhcr (l’Agenzia delle Nazioni Unite per i Rifugiati). I migranti. La destra, con Salvini, torna a gridare all’invasione, mentre Giorgia Meloni rispolvera l’idea di un blocco navale a largo delle coste libiche. La risposta del Pd non è troppo difensiva?
Blocco navale? Parole in libertà. Giorgia Meloni dovrebbe smetterla di parlarne. Servono proposte serie in tema di gestione dei flussi migratori, non misure irrealistiche. Cominciamo col dire che il blocco navale per il diritto internazionale equivale a un atto di guerra. In secondo luogo è irrealizzabile perché per metterlo in pratica servirebbe un numero di unità navali superiore a quelle di cui dispone la nostra Marina Militare. Senza tralasciare l’aspetto più importante: la vita di esseri umani che verrebbe messa ancora più in pericolo. Con un blocco navale i morti tra coloro che cercano di scappare per non essere riportati indietro sarebbero più delle persone rimpatriate. Insomma, un’idea sbagliata sotto tutti i punti di vista.

Il centrodestra torna a riproporre il presidenzialismo. Lei che è stata Presidente della Camera, come ribatte?
Intanto ritengo che sia stato un errore il taglio del numero di parlamentari, perché oggi ci ritroviamo tra i Paesi con il minor numero di parlamentari rispetto alla popolazione: così si indebolisce la rappresentanza e il rapporto diretto con gli elettori. Per quanto riguarda il presidenzialismo, la nostra Costituzione è strutturata come Repubblica parlamentare. Una riforma del genere rimetterebbe in discussione l’intero impianto. La destra è innamorata dell’idea di una sola persona al potere che sarebbe capace di risolvere tutti i problemi. Noi pensiamo che sia più democratico per un Paese come l’Italia mantenere l’assetto attuale di Repubblica parlamentare. Smontare la Costituzione nella parte in cui si stabiliscono le garanzie democratiche è pericoloso. Sarebbe preferibile piuttosto introdurre qualche correttivo, per esempio dare la possibilità al Presidente del Consiglio di cambiare un ministro se non funziona e introdurre la sfiducia costruttiva, come previsto in altri Paesi europei come Germania, Belgio, Spagna. Inoltre sarebbe ora di superare il bicameralismo perfetto trasformando il Senato nella Camera delle Regioni e delle autonomie.

Le elezioni avvengono mentre in Europa si continua a combattere. La guerra irrompe nel dibattito politico non per la sua gravità e per le ricadute che vanno oltre i confini dell’Ucraina, ma, solo per fare un esempio, sull’onda delle improvvide esternazioni dell’ex presidente russo Dmitrij Medvedev, innescando polemiche interne.
C’è una tradizione russa nell’interferire nelle elezioni degli altri paesi. Basta pensare alle ingerenze nella sfida tra Donald Trump e Hillary Clinton, attraverso la “disinformatia”: i troll, i bot e le fake news che catturano l’attenzione dell’elettorato e avvelenano il dibattito, drogando il risultato. Medvedev è uscito in questa occasione allo scoperto, passando da tecniche occulte e non manifeste a una affermazione esplicita: “Gli elettori devono punire i governi idioti”, che nella sua ottica sarebbero quelli delle sanzioni al regime di Putin. Colpisce che in tutto questo gli amici italiani di Putin come Meloni, Berlusconi e Salvini non abbiano trovato molto grave queste parole e non abbiano preso le distanze.

A proposito di temi caldi di politica estera che irrompono nel dibattito interno. Sull’onda del “caso La Regina”, esponenti della destra, così come anche il leader di Italia Viva Matteo Renzi, hanno tacciato il Pd e la sinistra di essere “nemici d’Israele”. Lei che pure è stata chiamata in causa, come ribatte?
Intanto c’è da dire che all’interno del Partito democratico non esiste un pensiero unico ma si confrontano diverse posizioni e sensibilità. Nessuno di noi ha mai messo in discussione il diritto d’Israele di vivere in sicurezza. Allo stesso tempo noi consideriamo importante che venga riconosciuta e rispettata l’integrità della Palestina così come indicata dalle risoluzioni Onu 242 e 338. La crescita degli insediamenti in Cisgiordania rende di fatto impraticabile una pace fondata sulla soluzione “a due Stati”, vanificando così quello che era stato contemplato dalla stessa risoluzione dell’Onu che nel 1947 prevedeva la creazione dello Stato d’Israele e dello Stato di Palestina. Mi lasci aggiungere che in Israele vi sono autorevoli personalità del mondo della cultura, della diplomazia, oltreché della politica e della società civile, che continuano a dirsi contrarie all’occupazione perché, affermano, essa non mette in sicurezza Israele ma al contrario mina la sicurezza di tutti, israeliani e palestinesi, e che l’occupazione allontana la possibilità di giungere ad una pace giusta e duratura. Dire questo è essere nemici d’Israele?

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Esperto di Medio Oriente e Islam segue da un quarto di secolo la politica estera italiana e in particolare tutte le vicende riguardanti il Medio Oriente.