La crisi italiana vista da Londra, altro Paese “orfano” del Primo ministro. Il Riformista ne discute con uno dei più autorevoli storici inglesi, profondo conoscitore della realtà italiana: il professor Donald Sassoon.

Con i “neofascisti” Fratelli d’Italia al governo, l’Italia rischia un futuro “tetro”. L’allarme lanciato dal New York Times in un articolo di David Broder ha fatto molto discutere in Italia, come peraltro è successo con un pezzo, non meno allarmato, del britannico Guardian. Professor Sassoon, lei come la vede?
È un campanello d’allarme nel senso che si dà molto probabile l’affermazione di una coalizione di destra alle elezioni del 25 settembre. Ma, da storico, eviterei un eccesso d’allarmismo. In Italia ci sono già state coalizioni di centrodestra. Se la memoria non mi gioca brutti scherzi con Berlusconi a Palazzo Chigi uno dei ministri più importanti era Gianfranco Fini, leader di Alleanza nazionale e in precedenza segretario del Msi. E Fini è stato anche presidente della Camera dei deputati, e non mi pare che abbia fatto del Parlamento un bivacco di manipoli. Il punto essenziale è se la situazione economica italiana è risolvibile da qualsiasi coalizione. In questo momento la situazione in Italia, ma non solo, è drammatica, per via dell’inflazione, dell’aumento dei prezzi, a causa della guerra russa in Ucraina che fa sì che una serie di beni di consumo che vengono importati in Italia avranno un prezzo molto più alto: il grano, persino l’olio. Questi sono problemi reali. E questi problemi a me non pare che la coalizione con a capo Giorgia Meloni sia attrezzata per risolverli. Come peraltro non sarà in grado di farlo neanche il prossimo Primo ministro britannico. In difficoltà si trova anche Macron, che non ha un appoggio forte all’Assemblea nazionale, non avendo una maggioranza. E problemi esistono anche in Germania, dove la maggioranza è abbastanza esile e può disfarsi da un momento all’altro. Il problema vero non è tanto che Giorgia Meloni diventi Primo ministro, o comunque faccia parte del Governo in Italia, il problema vero è che nei principali paesi europei non ci sono governi che possano fare fronte a una situazione drammatica.

Broder considera un “evento sismico” che per la prima volta “un partito di estrema destra arrivi alla guida di una grande economia dell’Eurozona”. C’è il rischio di un effetto domino?
Repetita iuvant. Alleanza nazionale, erede del Msi di Almirante, non era certo un partito di destra tradizionale, moderata. E cosa hanno fatto? Nulla di straordinario, di sconvolgente. L’importante è quello che non hanno fatto. Non hanno risolto i problemi di base dell’economia italiana. E quando un partito di estrema destra arriva al potere, fa come fanno i partiti di sinistra che vanno al potere. Si calmano. Perché tutto ad un tratto scoprono che il problema fondamentale in politica non è quello che si dice quando non si è al potere, bensì quando si scopre quello che non si può fare pur essendo al potere.

Visto da Londra, come è stata vissuta e letta la caduta del governo Draghi?
Draghi godeva di grandissima stima, all’estero come in Italia, anche per il motivo che era stato un grande tecnico. Ma quello che ho appena detto su quando uno arriva al potere, vale anche per lui. Non basta la personalità, l’intelligenza, l’autorevolezza, le capacità, perché quando uno è al potere si trova in una marea di costrizioni e dunque non si può fare quello che si vuole. E questo Draghi l’ha scoperto ed era quasi inevitabile. L’idea di giornali tipo il Guardian o il New York Times, che vengono visti in Italia come pieni di chissà quali pensatori, prendono le notizie molto spesso sulla base di personalità. Il fatto è che la politica di oggi non è più fatta da personalità, la possibilità di cambiare le cose non si regge più su un individuo, per quanto bravo e competente. Pensi a Macron: sembrava caduto dal cielo, brillante, competente, fuori dai vecchi circoli della politica, e poi che ha fatto una volta al potere? Assolutamente nulla. E lo stesso dicasi per Boris Johnson: grande personalità, ha stravinto le elezioni del 2019, e poi che cosa ha combinato? Ben poco. E quel poco, male.

Per tornare al Guardian, c’è un’altra riflessione riferita a Meloni: “La posizione del suo partito ‘l’Italia prima di tutto’, la retorica anti migranti ‘tolleranza zero’ e l’opinione arcaica sulle questioni di genere, otterranno voti facili, ma sono l’antitesi di una leadership responsabile e sensata”.
Potrebbero dire la stessa, identica cosa sui due che si stanno prendendo a pugni, qui in Gran Bretagna, per la leadership del paese. Anche loro sono contro i migranti, hanno modi strani di vedere la questione di genere. Rishi Sunak, uno dei due contendenti alla successione di Johnson, ha dichiarato che la Cina è il pericolo maggiore, e vedremo in Inghilterra quante stupidaggini usciranno fuori da questo scontro nei Tory.

Volgendo lo sguardo a ciò che si muove nel campo del centrosinistra in Italia, lei vede delle potenzialità?
Francamente no. La sinistra tradizionale, quella che era rappresentata dal Pci e dal Psi, è moribonda almeno da vent’anni in Italia. E anche in altri paesi, va detto. In Francia, il Partito socialista è quasi sparito. In Inghilterra tutti gli sforzi che fa Keir Starmer (il segretario generale del Labour Party, ndr) è quello di far dimenticare il passato di sinistra del suo partito. Lui afferma in ogni dove che la cosa più importante è la crescita economica, come se gli altri partiti invece volessero la decrescita economica.

Partendo da questo e guardando all’orizzonte europeo, con un occhio anche verso gli Stati Uniti, le chiedo: questa idea per cui si vince solo se si occupa il centro, è ancora, se mai lo è stata, valida?
Si può anche vincere occupando il centro ma dopo che si fa? Biden vince perché non è Trump. Forse Starmer vincerà su Liz Truss che sembra la probabile nuova Prima ministra in Gran Bretagna. Macron vince perché ha contro Marine Le Pen. Vince il meno peggio.

Ma su questo è difficile costruire una identità forte…
Certamente. Essere il meno peggio non mi sembra essere un grande slogan politico. Così come l’ “antismo”. Per restare sull’Italia, l’antiberlusconismo, ora l’antimelonismo…Non è così che la sinistra ricostruisce se stessa.

Spesso si dice, guardando all’Italia ma anche alla Gran Bretagna, che la classe politica non rispecchia se non in peggio la società civile. Professor Sassoon, ma questa non finisce per essere una lettura un po’ consolatoria?
La società civile è un modo di dire. Nella realtà delle cose, noi abbiamo elezioni appunto perché non c’è una società civile che la pensa allo stesso modo. Non è unita, e allora si fanno elezioni per vedere dove è la maggioranza. Quelli che hanno votato per la Brexit in Gran Bretagna, che erano il 52%, si accorgeranno del disastro colossale verso il quale stiamo andando incontro. Questo vuol dire che la società civile era per la Brexit o contro? No, era divisa, il 52% contro il 48%.

Lei per la presentazione di molti dei suoi libri che sono stati tradotti e pubblicati qui da noi, ha girato e conosciuto l’Italia. Sulla base della sua conoscenza, le chiedo: il degradare della classe politica non è anche il prodotto del declino del mondo culturale, di quella che un tempo si definiva l’intellighenzia?
È presto per dirlo. Io faccio lo storico e mi serve almeno una cinquantina d’anni per fare questo tipo di previsione. Sembra che ci sia un declino del mondo culturale, intellettuale, non solo in Italia, ma in tutto il resto dell’Occidente. Se pensiamo ai grandi scrittori, e anche alla stampa…Mi sembra che sia in declino un po’ dappertutto. Dovrebbe essere il contrario. Perché l’Italia di oggi è di gran lunga più “istruita” dell’Italia degli anni ’50, in cui era diffuso l’analfabetismo, pochi andavano all’università e ancor meno erano quelli che la finivano. Sono i misteri della vita.

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Esperto di Medio Oriente e Islam segue da un quarto di secolo la politica estera italiana e in particolare tutte le vicende riguardanti il Medio Oriente.