Ieri Matteo Salvini è andato a Lampedusa per visitare l’hotspot e per continuare la sua campagna elettorale contro i migranti e contro Lamorgese. Il giorno dopo la caduta del governo Draghi ha ricominciato con questa tiritera, un disco rotto che non ha altre idee se non prendersela con chi fugge da guerra e povertà. Mentre la sua avversaria Giorgia Meloni si presenta all’elettorato con un’idea di Paese, Salvini sempre più all’angolo non sa fare altro che riproporre l’avversione nei confronti di quei popoli che sbarcano nelle nostre coste con l’intento, quasi sempre, di volere andare via e approdare in altri Paesi, più accoglienti e con maggiori opportunità.

Eppure, lo sa bene anche Salvini, l’Istat ci racconta un Paese che non cresce, a rischio spopolamento e questo ha delle ricadute sul lavoro, sull’economia, sulla società. Basta chiederlo agli amministratori di destra che infatti lasciano solo Salvini con la propria ossessione, sapendo quanti imprenditori oggi fanno i conti con la mancanza di manodopera. Ma al leader della Lega non interessa neanche questo discorso proprio di una destra realista.

Preferisce infierire sugli ultimi, su coloro che sfidano il destino rischiando di morire in mare piuttosto che aspettare la morte nel proprio Paese di origine. Sono persone che si giocano tutto attraversando quel Mediterraneo che è un cimitero pieno di croci senza nome. Richiederebbero rispetto, richiederebbero politiche serie di accoglienza, richiederebbero di chiudere i lager libici – come li ha chiamati il Papa – dove vengono imprigionati. Invece vengono usati per tentare di prendere qualche voto in più e puntare al Viminale.

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Vicedirettrice del Riformista, femminista, critica cinematografica