Un cold case scuote la politica e le istituzioni. A partire da una di quelle che gli italiani hanno maggiormente a cuore: i carabinieri. Dopo 14 anni arriva la tanto attesa svolta nelle indagini sull’omicidio di Angelo Vassallo, il ‘sindaco pescatore’ di Pollica (Salerno) ucciso in un agguato il 5 settembre 2010 nel piccolo comune del Cilento. I carabinieri del Ros di Roma hanno eseguito ieri mattina un’ordinanza di custodia cautelare in carcere nei confronti di quattro persone indagate per concorso in omicidio con l’aggravante mafiosa.

In manette finiscono il colonnello dei carabinieri Fabio Cagnazzo, 54 anni, l’ex brigadiere dell’Arma, Lazzaro Cioffi, 62 anni, l’imprenditore Giuseppe Cipriano, 56 anni, e Romolo Ridosso, 63 anni, esponente del clan camorristico Ridosso-Loreto di Scafati. Secondo la ricostruzione della Dda di Salerno, Vassallo è stato ucciso perché aveva scoperto un traffico di stupefacenti nel porto di Acciaroli, frazione marittima del comune di Pollica, e aveva mostrato l’intenzione di denunciare il tutto alle forze dell’ordine. Compresi i nomi di chi riteneva stesse gestendo il giro di droga che nell’estate 2010 aveva invaso il bellissimo borgo cilentano, uomini “insospettabili” e con contatti con la criminalità organizzata. Il “sindaco pescatore” era un esponente della Margherita ed era molto amico dell’allora governatore campano Antonio Bassolino, il quale confida al Riformista alcuni frammenti di memoria di particolare interesse. Forse anche per la riapertura delle indagini.

Bassolino e il pranzo col sindaco saltato per maltempo

«È una giornata importante. Dopo 14 anni dall’assassinio di Angelo Vassallo finalmente una prima svolta nelle indagini. Vogliamo piena verità e giustizia per il sindaco pescatore». Sulla parola verità insiste molto. La ripete tre volte. «Ho avuto un rapporto molto affettuoso con il sindaco Vassallo. La vita è singolare». E ci rende partecipi di un racconto che lo addolora e lo avvilisce oggi più che mai. Vassallo fu ucciso il 5 settembre del 2010, pochi giorni prima di compiere 57 anni. «La domenica in cui è stato ucciso dovevo vederlo a pranzo, con altri amici, nel Cilento. Io stavo a San Marco di Castellabate, lui stava a Pollica. Dovevamo andare a pranzo assieme», rievoca Bassolino. Poi i piani cambiarono. «Sarei dovuto andare in montagna, sulle mie amate Dolomiti, subito dopo pranzo. Guardando il meteo, mi resi conto che il tempo sarebbe peggiorato, che dovevo anticipare la partenza e raggiungere le Dolomiti di Brenta ancora prima, il sabato», dettaglia Bassolino.

Bassolino e il carabinieri che non aveva sentito “nulla”

«Lo ricordo ancora come se fosse ieri». E anche se le parole sono commosse, la memoria ripercorre il nastro con dovizia. «Quella domenica non partecipai al pranzo, quindi. Ero in alta montagna quando avvenne l’omicidio. Mia moglie cercò di avvertirmi, ma il mio cellulare non prendeva. Lo venni a sapere con qualche ora di ritardo». Cosa fece, a quel punto, va da sé: «Scesi immediatamente e corsi a Verona, presi il primo aereo, mi misi in macchina subito per andare a Pollica. Andai a casa di Angelina e poi corsi sul luogo del delitto. Che era avvenuto a pochissima distanza dalla casa di Vassallo. E mi colpì una cosa in particolare che voglio raccontarvi», dice Bassolino. A questo punto si ferma. Sospira. «Un carabiniere che si trovava lì in vacanza – e che non rientra nel fascicolo di indagine – in una casa a pochi metri di distanza, sentito nei primi accertamenti di quelle ore, disse di non aver sentito nulla. Una cosa singolare: nove colpi di pistola, in un luogo non frequentato, fuori dal centro abitato… poi sono arrivate ambulanze, volanti. E lui non ha sentito niente». Episodio inquietante, finora rimasto fuori dalla ricostruzione di quella giornata. Chi era? Non è più comparso tra i testimoni sentiti in Procura? Gli interrogativi fremono. Le risposte non le abbiamo. Da parte di Bassolino, un impegno costante a cercare di capire.

La prossimità con la famiglia Vassallo non si è mai interrotta. «Sono rimasto sempre in contatto con i famigliari e per quanto ho potuto fare, insieme con loro, abbiamo sempre chiesto di andare avanti con le indagini, di accertare la verità. E chiedo ancora oggi, prendendo atto che un fatto significativo c’è stato, che si faccia piena luce su tutta la vicenda. Bisogna che le indagini vadano avanti, il mio augurio è che si faccia piena luce su chi lo ha ucciso, sui mandanti e su chi ha coperto e depistato le indagini». Bassolino segue la vicenda con il dolore dell’amico e la rabbia di chi chiede giustizia. Quattordici anni non sono pochi, ma la riapertura di un cold case come questo indica che qualche laccio è stato strappato, qualche sigillo è saltato. Prima di salutarci, Bassolino aggiunge un messaggio diretto al “sindaco pescatore”: «Un bacio Angelo, e sempre grazie per tutto quello che hai fatto per la tua terra».

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Ph.D. in Dottrine politiche, ha iniziato a scrivere per il Riformista nel 2003. Scrive di attualità e politica con interviste e inchieste.