Due carabinieri rischiano il processo dopo che la procura di Roma ha chiuso le indagini sul filone d’inchiesta relativo alla foto di Christian Gabriel Natale Hjorth, il giovane americano accusato di concorso nell’omicidio del vicebrigadiere dei carabinieri Mario Cerciello Rega, bendato nella caserma dei carabinieri di via in Selci poco dopo il fermo. Il militare di Somma Vesuviana (Napoli) venne ucciso con undici coltellate nella serata del 26 luglio scorso nel quartiere Prati.

LE ACCUSE AI DUE CARABINIERI – L’inchiesta condotta dai carabinieri del Nucleo Investigativo, coordinati dal procuratore facente funzioni Michele Prestipino e del procuratore aggiunto Nunzia D’Elia, ha individuato nel carabiniere Fabio Manganaro l’autore del bendaggio di Hjort: il militare è accusato di misura di rigore non consentita dalla legge. Nel registro degli indagati è stato poi iscritto un secondo carabiniere, Silvio Pellegrini, per abuso di ufficio e per pubblicazione di immagini di persona privata della libertà per aver scattato la foto del giovane californiano e averla diffusa.

L’IMMAGINE DIFFUSA SU WHATSAPP – L’immagine di Gabriel Natale Hjorth bendato, si legge nell’avviso di conclusione indagine della procura di Roma su Pellegrini, è stata diffusa “su almeno due chat Whatsapp, delle quali una dal titolo ‘Reduci ex Secondigliano’ con 18 partecipanti, dalla quale veniva poi ulteriormente diffusa da terzi ad altri soggetti e chat”. Il militare avrebbe quindi fornito “specifiche indicazioni sui primi risultati investigativi ottenuti (circa ad esempio il fatto che i ragazzi erano in cerca di cocaina) violando quindi i doveri inerenti alle funzioni o al servizio o comunque abusando delle sua qualità, rivelava a terzi notizie che dovevano rimanere segrete e comunque agevolava la conoscenza”.

I GUAI DELL’EX COMANDANTE DELLA STAZIONE CARABINIERI – Rischia il processo anche l’ex comandante della stazione dei carabinieri di piazza Farnese, Sandro Ottaviani. La notte dell’omicidio del vicebrigadiere Cerciello Rega, aveva affermato di aver ricevuto la pistola d’ordinanza da Andrea Varriale, collega della vittima. La procura di Roma gli contesta il reato di falso perché, come accertato successivamente, anche Varriale come Cerciello Rega era disarmato.

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