Il ministero degli Esteri israeliano ha denunciato che le tre donne rilasciate l’altro giorno da Hamas – Romi Gonen, Emily Damari e Doron Steinbrecher – erano tenute in prigionia in edifici delle Nazioni Unite destinati al rifugio dei civili. La notizia, non smentita, ha ben poco di strepitoso. È infatti risalente, e da sempre impunita, la pratica che adibisce le scuole, gli ospedali e le altre strutture civili gestite dalle Nazioni Unite ad altrettanti depositi di armi e bivacchi dei tagliagole di Hamas.

Unrwa deposito di razzi

Succedeva già durante una precedente crisi a Gaza, nel 2014, quando l’Unrwa – l’agenzia dell’Onu per il sussidio dei rifugiati palestinesi in Medio Oriente – doveva manifestare tutto il proprio scoramento (si fa per dire, ovviamente) nel comunicare di aver trovato una propria scuola imbottita di razzi pronti per il lancio sui civili israeliani. Cosa che si ripeteva per tre volte nel giro di qualche giorno, con le Nazioni Unite ad allargare le braccia perché, accidenti, in effetti non andava mica tanto bene che le proprietà della cooperazione umanitaria diventassero pertinenze dei miliziani, ma insomma loro che cosa potevano farci?

La propaganda che oscura la realtà

Il fatto che si tratti di una pratica tradizionale non dovrebbe essere sufficiente, tuttavia, ad accettarne l’abitualità dopo il 7 ottobre del 2023 e durante la guerra di Gaza. Perché il racconto di questi 15 mesi di conflitto è stato posto sotto il governo della propaganda circa il sistematico e deliberato attacco, da parte di Israele, proprio di quelle strutture civili, cioè le scuole, gli ospedali, i rifugi, eccetera, appunto presi di mira dall’esercito genocidiario impegnato ad ammazzare civili per il gusto di farlo o, comunque, non curandosi di coinvolgere persone inermi in operazioni belliche indiscriminate.

Una pubblicistica montata a proporzioni himalaiane e la solerzia di due Corti internazionali hanno rivolto la propria ossessiva attenzione a questa storia delle strutture civili bombardate: la prima occultando accuratamente e la seconda affidando a qualche nota a piè pagina la circostanza, non proprio di dettaglio, che si trattava molto spesso – se non sempre – di strutture criminalmente occupate e adoperate da miliziani e terroristi. Ci vanno di mezzo dei civili innocenti? Sì, certamente: quelli di cui si deplora il coinvolgimento se sono ammazzati dal fuoco israeliano, non se ad esporli a quel fuoco è chi ne fa uso mischiandovisi e facendosene scudo.

La linea a senso unico di Lazzarini

Quando il capo dell’Unrwa – lo svizzero Philippe Lazzarini – dichiara che “attaccare, prendere di mira o utilizzare edifici delle Nazioni Unite per scopi militari è una palese violazione del diritto internazionale umanitario”, separa con grande accuratezza una pratica dall’altra (attaccare, prendere di mira, utilizzare) e, soprattutto, fa mostra di amministrare con sapiente discriminazione le proprie requisitorie a riguardo. Quando, infatti, si tratta di Israele che “attacca” quegli edifici (evidentemente perché vuole sopprimere studenti, pazienti d’ospedale, puerpere e giornalisti), Lazzarini si esibisce in infiammate conferenze stampa a denuncia dell’orrendo crimine. Idem sul “prendere di mira”, fattispecie che ancora una volta rinvia a Israele perché Hamas, quando prende possesso di quegli edifici trasformandoli in bunker, notoriamente non li prende di mira: li protegge. Se invece si tratta dell’utilizzazione di quei luoghi per scopi militari, allora la denuncia si ferma all’evocazione teorica: perché mai una volta l’Onu ha creduto non si dice di assumere provvedimenti in proposito (figuriamoci), ma neppure di rivolgere le dovute accuse a chi non per ipotesi, ma concretamente e in modo documentato, si rende responsabile di quelle violazioni.

In quest’ultimo caso – relativo alla vicenda delle tre donne liberate l’altro giorno – il fenomeno è, se possibile, anche più increscioso. Strutture delle Nazioni Unite, destinate al rifugio dei civili, sono utilizzate dagli aguzzini per nascondere sé stessi e le persone che tengono in ostaggio. Che cos’altro deve succedere affinché le Nazioni Unite siano ritenute complici di questo andazzo o almeno colpevolmente inerti nell’assistervi senza dire né fare nulla?