Paolo Gentiloni ce l’ha fatta e da poche ore è il sommo commissario europeo alle finanze, cosa che ci onora ed esalta. Congrats! Nobile, rivoluzionario, già maoista e del gruppo di Mario Capanna, già dei Rutelli boys, fin da piccolo ha il kit umano completo con tutte le figurine: sorridente, riflessivo, paziente, competente, benevolo, tenace, contraddittorio sì, ma per innocenza. Di low profile ma di high expectations, buono caldo e buono freddo con o senza panna, ora anche nella comoda confezione spray europea. È un uomo di straordinario successo. Ha zigzagato? Oh, yes: ha zigzagato q.b. ma con juicio come il Pedro adelante del Manzoni. Infatti si può dire di lui che è giudizioso.

Lo beccarono dopo aver ceduto alla Francia un pezzo di mare italiano e l’aveva fatto tutto da solo, al massimo con la ministra Pinotti stratega: zitto zitto, piano piano, senza fare confusione sicché poi un nostro peschereccio pensando (il suo capitano) di pescare in mare nostrum, si trovò invece arrestato dalla guardia costiera francese e dovette, l’equipaggio, mangiare la bouillabaisse a Nizza. Gentiloni è di nobili origini, ha un Palazzo tutto suo,  una strada tutta sua come lo stilista fiorentino conte Pucci in palazzo Pucci in via de’ Pucci e una ascendenza, anche se il Gentiloni del patto Gentiloni, il vecchio Vittorio Ottorino, era un lontano parente non padre o zio, però un bel nome. Il patto Gentiloni rimetteva in circolo in Italia nel 1913 i cattolici tagliati fuori dal “non possumus” di Pio IX, prima che Mussolini firmasse i Patti Lateranensi e prima che Togliatti firmasse l’articolo 7 della Costituzione che li inglobava, e prima che Bettino Craxi li rifirmasse.

I Gentiloni Silveri (a cognome intero e vele spiegate) erano già là, nobili laziali di multiplo ingegno: chi musicista come il trisavolo Domenico, chi archeologo, ingegnere, collezionista, tutto per linea rigorosamente maschile, nessuna notizia delle Gentil-donne dell’albero ginecologico in damnatio memoriae. Lì per lì lo scambieresti per un esemplare di uomo per tutte le stagioni, specialmente le mezze. Visto da vicino, è proprio così. Io che l’ho avuto spesso accanto alla Camera, ho di lui un ottimo e simpatico ricordo di persona gioviale e alla mano, duttile, molto duttile. Non è poi da molti navigare senza GPS dal Presidente Mao a Matteo Renzi, ma bisogna dire che c’era una volta il mainstream e che l’unica regola era stare in mezzo e pagaiare quel che basta per evitare le lentissime rapide e che il divenire ti portasse con sé, con grazia. Mai un gesto di arroganza, mai una esplosione di arguzia o collera, nulla di eccessivo: papisti se si va a papi, ma quanto al resto, vive la République. Compulsando Wikipedia si certifica che fu ministro delle Telecomunicazioni con Prodi e che poi, quando la Mogherini renziana fu improvvisamente assunta nell’empireo celeste dell’Europa disunita, egli, Paolo conte Gentiloni Silveri, da un giorno all’altro si ritrovò a sua insaputa ministro degli Esteri voluto da Renzi che lo preferì a uno che se ne intendeva e che quasi ne morì. Ministro  – io? – degli Esteri? e che sarà mai, si disse Gentiloni. Si vada dunque alla Farnesina in feluca e marsina.

Un po’ di training se l’era fatto dirigendo La Nuova Ecologia vicina a Chicco Testa e poteva contare sui vecchi amici dell’era rutelliana come Roberto Giachetti, Michele Anzaldi e Filippo Sensi. Aveva fatto il portavoce di Rutelli sindaco e studiato decine di ospiti stranieri, per non dire del Giubileo del 2000. E poi il servizio militare contro Berlusconi varando (ma restò a secco) l’allora famosa “riforma Gentiloni” sulla “posizione dominante” in pubblicità televisiva che avrebbe dovuto fare da cetriolo contro il Cavaliere. In compenso il Conte Rosso (è banale, ma lo è) ha tentato di gettare sul tavolo una legge alla cinese per controllare Internet finita in una gaffe colossale. Il conte, di suo, è molto filorusso: se l’intende bene col ministro degli esteri di Putin, Sergei Lavrov ed è stato sempre riluttante a castigare la Russia per aver occupato la Crimea e per la guerra del Donbass. Pesce in barile par excellence, approva le sardine come ultima scatoletta della sinistra e quanto alle posizioni sui migranti, variano con le condizioni metereologiche. Sulla Siria la sua posizione è notoriamente “sfumata”, mentre per quella libica è possibilista stando talvolta un po’ con al-Sarraj e talaltra con Haftar, molto dipende da come butta. Quando si è trattato di pagare i terroristi per liberare gli ostaggi, ha messo con discrezione mano al portafoglio e sul caso Regeni, come su quello precedente dei due marò incriminati in India, ha fatto del pescimbarilismo una dottrina, subito applicata ai casi della nuova Cuba uguale alla vecchia e all’accordo sul nucleare con l’Iran.

Cristiano, ha superato in competizione il Messia quanto a produzione miracolosa: Gesù andava a pani e pesci, mentre Gentiloni ha triplicato le licenze di vendita di armamenti con un incremento da 2,9 a 8,2 miliardi alla faccia di chi ci vuol male. Abbiamo già detto del trattato di Caen con la Francia per la cessione a Marianna di 340 mila chilometri quadrati e bagnati di mare italiano, ora cintato dalla Gendarmerie Maritime, benché con Beatrice Lorenzin ministra della Salute abbia garantito con mano ferma il vaccino obbligatorio, almeno una giusta l’ha fatta con cipiglio. È molto filocinese, ma non meno che filorusso e la vicenda non sembra del tutto conclusa (si attende la Tienammen di Hong-Kong: si farà o no?) ma in compenso il conte ha parlato all’Onu del cambiamento climatico battendo su tempo e perizia la pischella Greta Treccelunghe che gioca ancora nella serie dilettanti. Passando come conte da un governo Conte Uno a un Conte Due si trova teletrasmesso con parrucca, polpe, spadino e cipria nell’Unione Europea come Commissario agli Affari Economici e Monetari, sempre tenuto a vista da alcuni bodyguards tedeschi con pillole di cianuro nella merendina. Ha fatto il tifo e sbirciato le gambe di Ursula con der Leyen che lo mette sia in squadra che in guardia contro eventuali colpi di testa e di sole. Prudente e multiplo come una divinità indiana, ha già arrotolato le cravatte, piegato i boxer, ripassato il colletto delle camicie col ferro a vapore, incerto però sulla colonia. Gli hanno sconsigliato eaux de toilette inglesi per via della Brexit ma si è riservato di vedere come andrà a finire. Mai avventato e con i vestitini in ordine, il conte è servito.

Paolo Guzzanti

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