Paolo Guzzanti, nostro preziosissimo collaboratore, uomo geniale, colto e dolcissimo, ha messo allo scoperto una sua difficile e insostenibile condizione finanziaria, chiedendo aiuto e sostegno ad amici e conoscenti, poi addirittura parlandone ai giornali. E la cosa, nel mondo ipocrita e bacchettone in cui viviamo, ha destato scandalo. Intanto perché Paolo ha messo esplicitamente al centro del discorso il denaro, quel mezzo di scambio universale che la nostra subcultura (cattolica, si può dire?) continua a considerare sterco del demonio.

Del denaro non bisogna parlare. Va anche bene accumularlo, ma in silenzio. Ancora oggi è ineducato farne oggetto di qualsivoglia discorso pubblico: per molti i soldi sono una questione privata, quasi intima, mettere in piazza quanto si guadagna o si possiede appare vanitoso, indelicato o poco rispettoso verso chi ha meno; e c’è finanche chi i soldi non li menziona mai per non accendere l’invidia altrui.

Figuriamoci poi come è considerata la sola idea di confessare pubblicamente che non si possiedono denari, che si vive in una condizione di sofferenza economica, e che per farvi fronte si chiede aiuto al prossimo. A quel punto la gogna è pronta. A maggior ragione se si è una persona nota, scattano subito le indagini pruriginose di un’opinione pubblica guardona e incattivita, del reprobo vengono scandagliate abitudini e costumi, ci si chiede che vita privata ha condotto o conduce, gli si fanno letteralmente e indecentemente i conti in tasca.

Limitandosi a dire la verità sulla sua attuale, temporanea condizione, e con il suo meraviglioso candore, Paolo ha invece rovesciato i tavoli dei perbenisti e dei moralisti, e ha dato una lezione di limpidezza e di coraggio a tutti, compresi noi del Riformista, che pure ne sosteniamo economicamente il lavoro, costantemente e con puntualità. È tutta qui la bellezza, la dignità e la forza interiore del suo messaggio.