Non solo scorte di gas, la minaccia della guerra totale scatena la corsa anche alle pasticche di iodio. E in Finlandia, Paese della penisola scandinava che condivide tutto il confine orientale con la Russia, gli scaffali sono già vuoti. Come in un film post apocalittico le scorte delle farmacie sono finite perché il ministero della salute ha invitato la popolazione a comprarle in maniera preventiva considerando possibile il rischio di un attacco nucleare. E i finlandesi si sono precipitati anche se in molti sono rimasti a mani vuote.

“Se in casa ci sono persone di età inferiore ai 40 anni – ha dichiarato Elina Asola del Ministero degli Affari Sociali e della Salute –  è bene essere preparati e portarsi lo iodio a casa. Se c’è un rischio di radiazioni, una compressa per persona è una dose sufficiente”. L’associazione nazionale dei farmacisti finlandesi ha però tranquillizzato la cittadinanza: le compresse di iodio saranno nuovamente disponibili a livello nazionale a breve termine.

La Finalndia condivide con la Russia ben 1300 chilometri di frontiera, vista la vicinanza i timori che il conflitto si inasprisca fino al fallout nucleare, la popolazione si sta preparando ad ogni evenienza già dalla scorsa primavera. Ma a cosa serve lo ioduro di potassio? Conosciuto anche come iodio stabile, protegge la tiroide in caso di presenza di radiazioni nucleari impedendo l’assorbimento di iodio radioattivo.

Considerate un  vero e proprio antidoto preventivo in caso di esposizione a radiazioni, sono state utilizzate nell’ambito di incidenti che hanno coinvolto centrali di energia nucleare come le esplosioni negli impianti di Chernobyl nel 1986 e di Fukushima nel 2011. La minaccia russa di attacco nucleare e il pericolo dell’innalzamento della radioattività, soprattutto dopo i combattimenti vicino alla centrale di Zaporizhzhia, ha innescato, in alcuni Paesi europei, la corsa in farmacia per l’approvvigionamento.

Lo ioduro di potassio, e quindi le pillole allo iodio KI, è un sale di iodio stabile non radioattivo che può aiutare a bloccare l’assorbimento di iodio radioattivo da parte della tiroide. In Italia, queste pastiglie non sono vendute in farmacia: solo in caso di necessità, al verificarsi di un incidente nucleare, saranno Protezione Civile, Ministeri interessati e Servizio Sanitario Nazionale ad attivare la distribuzione della iodoprofilassi nelle modalità più consone ed a fornire le pillole allo iodio nei giusti dosaggi a seconda dell’età.Si sta parlando, infatti, di una procedura medica specifica che si basa sull’assunzione di compresse con un contenuto di una dose di iodio circa un migliaio di volte più elevata di quella giornaliera raccomandata nella dieta o contenuta in un integratore. Fare una iodoprofilassi a questi livelli è sconsigliato, oltre che rischioso per la salute, per la sola paura di un possibile attacco o incidente nucleare. Per questo motivo, è inutile correre per accaparrarsele, né vale la pena assumere, senza indicazione esplicita, del medico integratori di iodio, quali sostituti, in grandi quantità. Solo nel caso di un’esposizione a radiazioni che aumenta il rischio di tumore della tiroide, l’assunzione di dosi elevate di iodio è giustificata e funzionale ad evitare un accumulo di iodio radioattivo nella ghiandola.

In condizioni normali, la tiroide è in grado di tollerare fino a 1 mg di iodio al giorno senza che si verifichino effetti avversi, in quanto l’eccesso di iodio viene espulso con le urine. L’apporto giornaliero di iodio raccomandato per l’adulto è di 150 µg. Gli integratori alimentari autorizzati in Italia ne contengono, per legge, un massimo di 225 µg.

Gli effetti sulla salute delle radiazioni nucleari dipendono dalla quantità di radiazioni assorbite e dalla vicinanza all’esplosione nucleare. Paradossalmente, l’esplosione di una bomba comporterebbe effetti minori rispetto a quella di una centrale nucleare, poiché le dosi di radiazioni che si disperderebbero nell’ambiente circostante sarebbero minori. Le dosi di radiazioni più rilevanti raggiungono le persone che inalano, toccano o ingeriscono il materiale radioattivo dopo l’esplosione. In seguito il rischio è costituito dalle radiazioni ricadute sul terreno e da acqua o cibi provenienti dai terreni contaminati e poi ingeriti.Anche il tempo di esposizione e vicinanza alla sorgente radioattiva è un fattore dirimente: le conseguenze per la salute di una bomba nucleare sono tanto più drammatiche quanto più si è vicini all’esplosione. Le possibili conseguenze si misurano nel breve periodo (da poche ore a qualche settimana nel caso di sindrome acuta da radiazioni), nel medio (alcune settimane o mesi nel caso dei tumori del sangue) e nel lungo periodo (anche diversi anni per carcinoma della tiroide e diversi altri tipi di cancro). I più vulnerabili sono soprattutto bambini, adolescenti e donne in gravidanza.

Cosa provocano le radiazioni nucleari. Sono cancerogene per gli esseri umani: ne sono la prova l’aumento del numero di tumori fra i sopravvissuti alle bombe atomiche di Hiroshima e Nagasaki, così come fra quanti sono stati esposti alle radiazioni seguite agli incidenti nucleari di Chernobyl (1986) e Fukushima (2011). Si va dal decesso entro poche ore per chi tocca accidentalmente il materiale radioattivo o, nel luogo del disastro, ne rimane direttamente esposto. Alla sindrome acuta da radiazioni caratterizzata da sintomi che compaiono da pochi minuti ad alcuni giorni dopo e possono durare poche ore o diversi mesi, e che si manifesta inizialmente con nausea e vomito, mal di testa e diarrea. Questi sintomi spesso sembrano migliorare solo per riacutizzarsi dopo poco. Può seguire perdita di appetito, affaticamento, febbre e infezioni provocate dalla riduzione dei globuli bianchi per via del danneggiamento permanente del midollo osseo che porta a emorragie interne. Inoltre anche i tumori del sangue sono uno dei rischi maggiori nell’arco di qualche settimana o mese, come linfomi e leucemie. Ciò si deve alla particolare predisposizione del midollo osseo ad assorbire le radiazioni che può tradursi in gravi danni. Infine il carcinoma della tiroide può presentarsi anche a distanza di 20-25 anni dalla contaminazione.

Lo iodio è un oligoelemento essenziale per la funzione della tiroide, poiché contenuto in entrambi gli ormoni tiroidei; questi ormoni influenzano l’attività di molti organi e tessuti, ed hanno un ampio spettro d’azione sul metabolismo di carboidrati, grassi e proteine e anche sui processi di crescita. Senza il giusto apporto di iodio, la tiroide non è in grado di funzionare. Purtroppo, lo iodio radioattivo per la tiroide è come lo iodio normale, ciò significa che la ghiandola non riesce a distinguere tra iodio stabile e radioattivo, e, nel caso di un incidente nucleare, tenderebbe ad accumularlo, cosa che favorirebbe lo sviluppo di un tumore. Tuttavia, se una persona assume le pastiglie di ioduro di potassio poco prima o subito dopo l’incidente nucleare, lo iodio stabile (farmaco) viene assorbito dalla tiroide e va a saturare la tiroide che non potrà più assorbire più iodio, stabile o radioattivo, per le successive 24-48 ore. L’efficienza massima si ottiene somministrando le pillole allo iodio qualche ora prima dell’esposizione alla nube radioattiva o, al massimo, entro le prime 6-8 ore dall’inizio dell’esposizione.Per gli adulti sotto i 40 anni d’età e donne che allattano, servono 130 mg di ioduro di potassio (che fornirà circa 100 mg di iodio stabile al nostro organismo). Per i bambini dai 3 anni fino ai ragazzi di 18, bastano 65 mg di ioduro di potassio (quindi metà della dose degli adulti). Per i bambini da 1 a 3 anni, sono sufficienti 32 mg di ioduro di potassio (un quarto della dose degli adulti). Per i neonati, sono previsti 16 mg di ioduro di potassio. Ma la protezione aumenterà in base a tre fattori: Tempo dopo la contaminazione, prima una persona assume le compresse di ioduro di potassio, più tempo la tiroide dovrà “riempirsi” di iodio stabile. Assorbimento: la quantità di iodio stabile che arriva alla tiroide dipende dalla velocità con cui lo ioduro di potassio viene assorbito nel sangue e dose di iodio radioattivo: la riduzione al minimo della quantità totale di iodio radioattivo a cui una persona è esposta ridurrà la quantità di iodio radioattivo nocivo che la tiroide può assorbire.

Esiste un piano di emergenza nazionale che prevede le linee guida d’adottare a protezione delle radiazioni, il monitoraggio delle nubi tossiche e un coordinamento fra i vari Paesi europei. In funzione della distanza dal luogo dell’esplosione nucleare sulla base delle previsioni di diffusione della nube radioattiva sul territorio nazionale, le autorità competenti decidono se attuare il protocollo stabilito che dovrebbe consistere nel rimanere in casa, evitare d’inalare le sostanze tossiche, eliminare alimenti potenzialmente contaminati. L’utilizzo delle mascherine può essere utile in caso di alcune sostanze tossiche.

Le pillole allo iodio servono solo in caso di esplosioni in impianti nucleari molto vicini (50-100 chilometri), vanno assunte ogni giorno, prima o subito dopo l’arrivo della nube tossica: una singola dose di ioduro di potassio protegge la ghiandola tiroidea per 24 ore e si devono assumere per un tempo limitato, cioè finché non dura la nube tossica. Va assolutamente evitata una somministrazione ripetuta di ioduro di potassio per donne in gravidanza, allattamento e neonati.

Secondo l’Istituto Superiore di Sanità la terapia a base di pillole allo iodio ha senso solo per persone vicine e periodi molto limitati, tenendo ben presente che anche queste pillole possono avere effetti collaterali come disfunzioni della tiroide, effetti gastroenterici e reazioni allergiche.

Riccardo Annibali

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