L’Europa che amo e per la quale sento ancora il dovere di battermi è quella che ho letto oggi su Repubblica, nella lettera di scuse all’Italia della Presidente della Commissione Europea, Ursula von der Leyen. Ma soprattutto su Bild, il quotidiano più letto in Germania. Un giornale soprattutto di cronaca rosa e cronaca nera, scandali, sesso, politica banalizzata e sport. A tendenza centro-destra che, con 2,1 milioni di copie al giorno, parla più alla pancia che alla testa dei tedeschi. Comprese, e soprattutto, quelle dei sovranisti che, analogamente ai nostri, urlano nelle piazze e sui social: “prima i tedeschi!”. Quei sovranisti che stanno ponendo ostacoli ad Angela Merkel, e ad altri schieramenti politici, nel dibattito interno finalizzato a trovare un consenso alle richieste dei paesi del Sud Europa, capeggiati dall’Italia, di aiuti economici e finanziari per fare fronte ad una crisi epocale.
Oggi Bild ha dedicato una pagina intera, tradotta persino in italiano, con la quale esprime senza riserve la solidarietà tedesca all’Italia, afflitta dal Covid-19.
Il titolo dell’articolo, con la foto di un’infermiera in prima linea nella guerra al Coronavirus, avvolta dalle bandiere italiana e tedesca è significativo: “Siamo con voi!”.
Quest’articolo, che non si rivolge al mondo finanziario o accademico tedesco, ma al popolo, comprese le frange più populiste, assieme alla lettera della Presidente della Commissione Europea, ed al suo annuncio di promuovere il più grande piano di aiuti economici-finanziari della storia dell’Unione Europea, sembra dare qualche segnale di speranza a chi vorrebbe evitare uno strappo, che potrebbe diventare insanabile, tra l’Italia e l’Unione Europea. Strappo che avrebbe conclusioni inimmaginabili e certamente disastrose. Sicuramente per l’Italia. Destinata a diventare, nella migliore delle ipotesi, una insignificante colonia cinese, russa o chissà di chi altro. Ma anche per l’Europa intera che, senza l’Italia (che non è né il Regno Unito, che era fuori eurozona, né la Grecia) imploderebbe certamente. Rischiando il ripetersi delle tragedie fratricide dei secoli scorsi. Con drammatiche conseguenze per la stessa grande Germania. Troppo piccola, da sola, per competere con i giganti geografici, economici, demografici e militari del mondo, quali Cina, Russia, Brasile, India e Stati Uniti. E destinata quindi all’irrilevanza mondiale.
Per trovare un accordo, nel quale i politici nazionali – che inseguono il consenso di breve periodo – devono avere l’appoggio dell’opinione pubblica, serve tuttavia molto buonsenso. E soprattutto comprensione per la percezione delle rispettive opinioni pubbliche. Che porti a trovare un punto di equilibrio – su basi di win-win, come dicono gli inglesi – soddisfacente per tutti.
Ma le opinioni pubbliche nazionali restano agitate da sovranisti locali. Che non hanno esitazione neppure ad utilizzare il dramma epocale che i cittadini stanno vivendo sulla propria pelle. Anche se soprattutto, per ora, gli italiani e gli spagnoli. Nonostante l’aumento dei decessi da virus in tutti i paesi.
E così i sovranisti tedeschi aizzano le loro folle citando la favola della cicala e della formica. Rimproverando all’Italia la responsabilità del suo deficit stratosferico, e a volte persino del funzionamento del proprio servizio sanitario che, sinora (e sottolineo sinora) in Germania è riuscito a contenere la pandemia. Legandolo soprattutto alla spaventosa corruzione, evasione fiscale, criminalità ed al malcostume pubblico, del quale apprendono giornalmente dai nostri media e dai nostri politici nazionali. In dibattiti pubblici durante i quali volano gli stracci. Assieme ai consueti insulti ed alle accuse reciproche più gravi.
Mentre alcuni sovranisti italiani, dal canto loro, non esitano a rispolverare i più odiosi stereotipi sui tedeschi nazisti e sulla Seconda Guerra Mondiale. Spesso dimenticando persino che quella stessa guerra, dopo averla dichiarata, l’Italia l’ha persa assieme ai tedeschi. E che dopo essere stata distrutta, anch’essa ha ricevuto lo stesso aiuto ottenuto dalla Germania per risollevarsi. E assieme alla quale ha cominciato a creare l’unità Europea e l’Alleanza Atlantica. Assieme agli stereotipi, che offendono sempre, come i tanti che vi sono sull’Italia, viene diffusa una valanga di fake news. Attraverso sofisticate macchine della propaganda che non è difficile immaginare essere, seppur inconsapevolmente, aiutate – quando non pilotate – da intelligence di potenze straniere che hanno tutto l’interesse a fare implodere l’UE.
“Stiamo giocando col fuoco”, scrive giustamente Fabio Colasanti in un articolo dal titolo “Le bugie sulla Germania non aiutano”, pubblicato da Uomini & Business. “Dobbiamo tutti fare attenzione a quello che diciamo e scriviamo”, ammonisce. “Soprattutto chi ha una forte visibilità.   Un aggravamento ulteriore delle ferite, evidentemente mai rimarginate, tra i paesi europei sarebbe molto più negativo per la costruzione europea dell’assenza di eurobond.

Nella storia dell’Unione europea abbiamo assistito a tanti scontri tra governi.   Alcuni sono stati molto aspri e sono durati molto.   Ne vedremo sicuramente tanti altri ancora.
Ma è sbagliato e pericoloso trasformare gli scontri tra governi in scontri tra i paesi.   È sbagliato perché in ogni paese ci sono persone con punti di vista molto diversi.   È pericoloso perché va contro il motivo principale per il quale il processo di integrazione europea è stato lanciato negli anni cinquanta: riconciliare i paesi europei dopo quasi un secolo di guerre tra di loro.»

Molti si dichiarano in questo momento Patrioti. Molti a parole, non tutti con i fatti.
I politici italiani che vogliono essere veri leaders patriottici, dovrebbero ricordare ai propri simpatizzanti che “Il Patriottismo” – come diceva Charles De Gaulle, che era un grande patriota – “è quando l’amore per la tua gente viene per primo; nazionalismo quando l’odio per quelli non della tua gente viene per primo».
Personalmente non vedo davvero nessun amore per la nostra gente in quei cittadini che istigano a mettere continuamente le dita negli occhi di coloro cui si chiede solidarietà, comprensione per i nostri limiti e sostegno economico.
“L’amore per la nostra gente che viene per primo” dovrebbe invece tifare per il raggiungimento a qualunque prezzo – compreso quello del consenso elettorale di breve periodo – di un risultato che permetta, grazie al sostegno dell’UE, e con essa della Germania e dell’Olanda, ad uscire dal dramma del Coronavirus. Senza dare l’idea ai sovranisti tedeschi e olandesi di volerne approfittare per europeizzare tutto il nostro debito pubblico, senza neppure un minimo impegno di maggiore virtù nella gestione delle nostre finanze. Virtù che i tedeschi, e gli altri calvinisti nordici, per i quali la parola debito è letteralmente sinonimo di peccato, non ritrovano mai sui nostri giornali né nelle accuse reciproche del dibattito politico italiano.
In questo quadro, al di là dei possibili reati che possono rischiare di commettere, mi chiedo quale sia la logica dichiaratamente patriottica, e cioè basata sull’amore vero per la propria gente che viene per primo, nell’iniziativa di spingere i cittadini addirittura a bruciare pubblicamente la bandiera europea. Dopo averla provocatoriamente ammainata e tolta da alcuni edifici pubblici, e persino dall’ufficio di un Vicepresidente della Camera dei Deputati. Con l’abituale diffusione virale del video.

Avatar photo

Da sempre Patriota italiano ed europeo. Padre di quattro giovani e nonno di quattro giovanissimi europei. Continuo a battermi perché possano vivere nell’Europa unita dei padri fondatori. Giornalista in età giovanile, poi Ufficiale della Guardia di Finanza e dirigente della Commissione Europea, alternando periodicamente la comunicazione istituzionale all’attività operativa, mi trovo ora nel terzo tempo della mia vita. E voglio viverlo facendo tesoro del pensiero di Mário De Andrade in “Il tempo prezioso delle persone mature”. Soprattutto facendo, dicendo e scrivendo quello che mi piace e quando mi piace. In tutta indipendenza. Giornalismo, attività associative e volontariato sono le mie uniche attività. Almeno per il momento.