Per la vera integrazione hanno fatto di più, ma molto di più, le scuole per stranieri dei volontari della “Penny Wirton” che decreti o circolari. Sarà esagerato ma c’è chi, spesso nel silenzio, vede la persona, la storia, la volontà di integrarsi e dà una mano, perché per integrarsi serve la buona volontà di chi è immigrato ma servono anche persone che aiutano questa volontà e da questo percorso nasce una vera integrazione. È il caso delle scuole Penny Wirton, inventate quindici anni fa da uno scrittore ed insegnante, Eraldo Affinati, e da sua moglie Anna Luce Lenzi.
Adesso sono più di 60, presenti in tutta Italia, nate in maniera spontanea, spesso senza finanziamenti, e con la volontà di tanti volontari, insegnanti in servizio ma anche quelli in pensione e poi tanti ragazzi.
A vederli e sentirli sembrano usciti da una lezione della scuola di Barbiana di Don Milani. “Fiducia reciproca e qualità della relazione umana” e così Don Milani, nel centesimo dalla nascita, non è celebrato ma vissuto.

Sono tutti volontari, tutto quello che fanno lo fanno gratuitamente e per chi è qui ad imparare l’italiano, questo aumenta il valore e l’impegno. Come possono, cercano di ricambiare: una mela, del riso, ma anche un abbraccio. Anche qui sembra tornare un concetto caro al prete di Barbiana: “I care”, io valgo. Un percorso, una scoperta di sé e degli altri, utile anche per i volontari.
Arrivano anche tanti ragazzi in Pcto (l’alternanza scuola-lavoro), è il caso del liceo scientifico statale Francesco d’Assisi di Roma, alcuni di questi sono egiziani di seconda generazione, nati in Italia, parlano bene l’italiano ma anche l’arabo ed è uno spettacolo per tutti vederli insegnare, magari con l’accento romano. Ed è emozionante pensare la storia sia dei genitori di questi ragazzi, arrivati da migranti che hanno fatto famiglia, si sono integrati, ma anche dei loro figli, che grazie alla scuola italiana che hanno frequentato, adesso insegnano l’italiano. Al Marco Polo a Firenze la scuola Wirton nel pomeriggio è animata da tanti ragazzi che frequentano l’istituto tecnico. La mattina seguono le lezioni ed il pomeriggio insegnano l’italiano. Stessa cosa a Pinerolo. Sono esempi di contaminazione con le scuole statali, che fa bene agli immigrati e fa benissimo ai ragazzi volontari.

Come conferma Eraldo Affinati adesso tantissimi sono gli iscritti, anche alla luce dell’aumentano degli sbarchi, e i volontari non bastano mai.
In un modo, tutto originale, si dimostra che il “percorso educativo” non è semplicemente un insieme di nozioni da trasmettere. Sicuramente c’è la grammatica, la lettura, la scrittura ma quello che colpisce e che è evidente che ci sia molto di più.
Il nome della scuola richiama il titolo di un romanzo per ragazzi di Silvio D’Arzo Penny Wirton e sua madre (Einaudi 1978), che ha come protagonista un bambino che dopo una serie di prove, conquista, nonostante innumerevoli fatiche, la propria dignità, grazie anche all’aiuto del supplente della scuola del villaggio.
Il metodo di approccio è semplice ma decisamente efficace. Stile e spirito, dice Affinati, ci contraddistinguono, più che la parola “metodo” che sembra un percorso preordinato, prestabilito.
Non c’è una regola precisa ma un percorso si: lavorare in piccoli gruppi e quando possibile uno ad uno, e spesso e volentieri funziona, e da queste esperienze sono nati i libri che i volontari in questi anni di esperienza hanno scritto (“Italiani anche noi” Erickson edizioni).
Sabato 17 giugno tutte le scuole hanno risposto alla chiamata del raduno nazionale, come ricorda Riccardo Bonacina sul sito internet scuolapennywirton.it, a Casal Bertone, quartiere periferico di Roma dove ha sede la Penny Wirton di Roma.

Eraldo Affinati, apre così l’incontro: “A noi, più di tanti altri, colpiscono le stragi del mare, ci feriscono. Io la sento come un’ustione sulla pelle. Oggi parleremo e useremo le nostre parole anche per loro” e prosegue “alla Penny Wirton, nel nostro piccolo facciamo azioni concrete. Con piccoli numeri ci contrapponiamo a questo sistema”.
Le Scuole sono piene di storie: c’è Sakib, 28 anni dal Bangladesh che è orgoglioso perché ha la media dell’8 e ringrazia gli insegnanti o Abdullah, afgano che racconta il suo viaggio via terra di 7 mesi per raggiungere l’Italia, un racconto in un italiano perfetto.
Ad Eraldo se gli chiedi se c’è un esempio che lo ha colpito ti risponde schietto. Tutti i giorni. Ieri un bambino di un anno in braccio alla mamma nigeriana che stava imparando i verbi, passava in braccio ai volontari. Come si chiama? Miracle. E la giornata cambia. Oppure – prosegue Affinati – il ragazzo tunisino che mi fa vedere la foto del canotto con cui è arrivato, mi si è stretto il cuore, noi forse ci facciamo giocare i bambini al mare ma non più di dieci metri dalla spiaggia. Poi c’è chi adesso ha una azienda di sushi, un altro che si è laureato in giurisprudenza, e da più di un anno tante famiglie ucraine. Le scuole Penny Wirton sono uno spaccato di quello che accade nel mondo.
Una foresta di umanità che cresce senza rumore e senza le prime pagine dei giornali, ma che dimostra quanto sia utile tutto questo impegno per l’integrazione, per la convivenza, per le singole persone – chi chiede ma anche chi offre aiuto – e quindi per l’umanità intera.