Il Vaffa di Alessandro Di Battista a Beppe Grillo segna, nel suo piccolo, la fine di un’epoca. La ribellione dell’ultimo dei figli di Cronòs, che il padre voleva inghiottire e far sparire come gli altri, scuote il torpore di una campagna elettorale sotto naftalina, per i Cinque Stelle. Perché nessuno fino a oggi si era rivoltato contro Grillo chiamandolo con quei due epiteti, Padre-padrone, con cui Gavino Ledda aveva descritto le bastonate ricevute da un genitore oppressivo. Alessandro Di Battista ha chiuso le porte ai 5 stelle. Anzi, l’ha sbattuta. La distanza con i vertici del Movimento sembra incolmabile e ieri ha ripreso la parola per dire perché anche stavolta, come nel 2018, ha deciso di non candidarsi in Parlamento. Prendendo così le distanze anche da De Magistris che, a capo di Unione Popolare, lo aveva chiamato impropriamente in causa. Dibba è un bello che non balla. Certamente, non più con i vecchi amici. Dopo l’appoggio all’esecutivo guidato da Mario Draghi, (“il governo dell’assembramento”, lo chiamava) il “Ragazzo meraviglioso” dice di non fidarsi più “politicamente” di Beppe Grillo che “ancora, in parte, fa da padre padrone”.

Scandisce la voce: “Io sotto Grillo non ci sto”. Come Bruto con Cesare, ecco la coltellata digitale filmata in un lungo video pubblicato sui social, rivolto alla sua platea di ex grillini oggi apolidi. Il “Che” di Vigna Clara racconta perché ha scelto di non correre alle parlamentarie. Una “decisione sofferta”, sospira, prima della quale ha sentito anche Giuseppe Conte: “È stato molto sincero”, “è un galantuomo” e “anche parlando con lui ho compreso che ci sono tante componenti dell’attuale M5s che non mi vogliono”. È in particolare con il garante del Movimento, con il presidente della Camera Roberto Fico e con Luigi Di Maio (che ha a sua volta lasciato i 5stelle) che l’ex 5 stelle se la prende. “Da Grillo passando per Fico non mi vogliono per una serie di ragioni – lo sfogo -, forse perché temono il fatto che io sia poco imbrigliabile, che io possa (giustamente) ricordare gli errori politici commessi soprattutto negli ultimi due anni”. Punta il dito contro le interviste rilasciate da esponenti del Movimento sul suo conto: lo dipingevano come “un distruttore tipo Attila”, “quando forse i disboscatori di consensi sono stati altri…”. Di Battista sostiene di essere stato esortato a candidarsi da “decine di migliaia” di persone ma di aver scelto diversamente per mancanza di sintonia con il resto dell’attuale M5s. Ed ora è pronto a fondare un’associazione per fare politica dall’esterno: “Vedremo dove porterà questo percorso”. La rabbia nei confronti degli ex compagni di viaggio, è ancora palpabile. C’è chi è pronto ad “infilarsi nella sede del Pd per elemosinare un seggio, dopo aver detto peste e corna”, l’affondo, “io non sono come queste persone, grazie a dio”.

Anche prima dell’addio al Movimento, riferisce di aver “avuto momenti difficili”, ad esempio, “quando mi hanno impedito di fare il capo politico del M5s evitando di votare. Non hanno neppure voluto pubblicare i voti degli Stati Generali perché io avevo preso il triplo dei voti di Di Maio”, che allora “faceva ancora il ducetto”. Dopo il post, che incassa a cinque ore dalla pubblicazione, oltre 4mila commenti e quasi mille condivisioni, la base è in fermento. Chi semina vento, raccoglie tempesta: il malcontento finisce sulla pagina Facebook di Beppe Grillo: “Hai fatto un errore gravissimo a tenere fuori Di Battista. Vedi di rimediare”, gli intima un attivista. “Grillo la nostra storia inizia con loro, Alessandro e Virginia”, rimarca un secondo, riferendosi ad un’altra grande esclusa dalle candidature, a causa del limite dei due mandati: Virginia Raggi. L’ex sindaca di Roma, che di recente era intervenuta in maniera critica sulle “pseudo alleanze di comodo” del M5s e sulle decisioni prese “nelle stanze del ‘palazzo’”, per ora tace. C’è chi è pronto a scommettere che tra lei e Di Battista vi sarebbe tutta l’intenzione di menare le mani, di dare l’assalto a quel fortino di Campo Marzio in cui Conte vive asserragliato. All’ex premier basterà tirare fuori dal cilindro l’ex procuratore antimafia Cafiero De Raho, da candidare a Napoli? Arriveranno altri magistrati a dare manforte? È ancora presto per dirlo. Fioccano invece copiosi gli abbandoni. Se il primo cittadino pentastellato d’Italia, Federico Pizzarotti, ha scelto di correre con Italia Viva, scommettendo sul Terzo Polo, ieri è stata l’onorevole Federica Dieni ad uscire dal M5S per unirsi al gruppo Italia Viva – Italia c’è alla Camera. Un finale di stagione di vera nemesi per i grillini della prima ora, tra chi maledice Grillo e chi abbraccia Matteo Renzi.

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Ph.D. in Dottrine politiche, ha iniziato a scrivere per il Riformista nel 2003. Scrive di attualità e politica con interviste e inchieste.