Per il semipresidenzialismo alla francese presentai, insieme ai deputati dell’allora Federazione Laburista, due proposte di legge concatenate: una costituzionale sulla riforma della presidenza della repubblica e l’altra ordinaria sulla riforma elettorale, rispettivamente n.3400 e 3401 del 15/XI/1995. Alla successiva bicamerale D’Alema fu assegnata, per competenza, solo quella costituzionale, rimanendo comunque presente nel dibattito a livello orientativo anche il tema elettorale. Coerentemente, quando in bicamerale il 4 giugno 1987, si arrivò al voto sulla forma di governo, tra premierato e semipresidenzialismo, votai per il semipresidenzialismo.

Questa premessa per spiegare come il presidenzialismo non è un tema di proprietà esclusiva della destra, come testimoniano le posizioni prese da Piero Calamandrei alla Costituente, da Giuliano Amato nel Psi, per non parlare della “Grande Riforma” lanciata da Bettino Craxi nel 1979. Oggi il tema si ripresenta, come iniziativa della nuova maggioranza di centro-destra e in particolare del Presidente del Consiglio Giorgia Meloni. È una proposta di riforma istituzionale che si muove in un contesto economico e sociale molto difficile e complicato, che costituisce a mio parere il vero terreno di confronto e di scontro politico oggi.

Un punto va subito chiarito. Il semipresidenzialismo non può essere confuso con l’elezione diretta del Presidente del Consiglio. L’elezione diretta del premier non esiste da nessuna parte. Ce l’aveva solo Israele, ma ci ha ripensato e l’ha abolita. In Italia, ogni forma di premierato che riduca il presidente della Repubblica ad un’istituzione meramente decorativa è assolutamente da respingere: lo dimostra proprio la funzione generalmente positiva che il presidente della Repubblica italiana ha avuto in questi anni come rappresentante dell’unità nazionale e come riferimento per tutti i cittadini. Quindi, un no deciso all’elezione diretta del presidente del Consiglio.

Ma sul semipresidenzialismo cosiddetto alla francese, cioè con la figura distinta del primo ministro, credo che si possa e si debba discutere, naturalmente in rapporto al significato che può assumere a seconda del contesto di riforme istituzionali cui verrebbe a collocarsi. Qui il riferimento è in particolare ai pericoli dell’autonomia differenziata. Peraltro, l’elezione diretta del presidente della Repubblica può diventare per le forze di centro-sinistra anche un elemento di necessaria aggregazione su di un’alternativa di schieramento e di programma. Pensiamo alla vicenda di François Mitterrand, che dopo avere scritto contro De Gaulle, Le coup d’état permanent, fu il beneficiario di quel sistema che aveva duramente contrastato e che gli ha consentito invece di scrivere una pagina importante nella storia della sinistra francese.