Da uno studio OCSE del 2017 è emerso come il nostro sistema sanitario nazionale sia tra i migliori al mondo in termini di efficacia ed aspettativa di vita, sottolineando, tuttavia, la necessità di un maggiore monitoraggio ed una maggiore omogeneità delle performance sanitarie in tutto il territorio nazionale. Dalla riforma del titolo V della Costituzione le differenze inter-regionali sono diventate strutturali con la nascita di 21 sistemi sanitari differenti. Che queste esistano non è oggetto di discussione. Il Piano Nazionale degli Esiti (PNE), istituito al fine di fornire, mediante alcuni indicatori, valutazioni comparative su scala nazionale circa gli outcome delle cure prodotte, infatti, ne testimonia le discrepanze con una forbice sempre più ampia tra le varie regioni. Gli stessi esiti possono poi essere confrontati con le soglie stabilite dal Decreto Ministeriale n.70 del 2015, ossia l’auspicato dal legislatore. Basta considerarne alcuni, tra i tanti proposti, per renderci conto come tanto ci sia ancora da fare in termine di uguaglianza sulla qualità delle cure erogate.

Consideriamo, ad esempio, alcuni indicatori di processo come “percentuale di pazienti con frattura del collo del femore operati entro 2 giorni dall’accesso in struttura” e di esito come “ictus acuto: mortalità a 30 giorni” in due regioni geograficamente attigue, onde evitare inutili strumentalizzazioni campanilistiche. In Lazio ed Abruzzo, ad esempio, considerando che la soglia auspicata è per il primo indicatore del 60%, le due medie regionali differiscono di circa 16 punti percentuali pur attestandosi entrambe sopra la soglia. Considerando, invece, che la soglia auspicata per il secondo indicatore è del 4% le due differiscono di 5 punti percentuali ed entrambe si attestano profondamente distanti dalla soglia.

Riguardo il primo indicatore, rendendosi evidente una correlazione temporale determinante ai fini del processo, le differenze potrebbero essere spiegate con le possibili differenti dotazioni tecnologiche che le strutture delle due diverse regioni in esame potrebbero avere o non avere o, ancora, con la differente conformazione orografica ed infrastrutturale del territorio in esame che potrebbe influire negativamente in regioni di queste meno dotate. Perfino i differenti volumi di affluenza potrebbero essere significativi: reiterare una procedura tende gli operatori più veloci ad eseguirla. Nel secondo indicatore in esame, fermo restando le probabili differenze regionali esistenti, la sostanziale distanza dalla soglia potrebbe essere spiegata con una terza variabile spesso trascurata: la consapevolezza dei sintomi da parte del paziente. Una campagna informativa circa il riconoscimento precoce dei sintomi eseguita nel 2013 in regione Lombardia ha, infatti, prodotto un miglioramento degli outcome riducendo la mortalità. Nella sola Lombardia si intende.

Dati alla mano, non è più sostenibile che possano esistere pazienti di serie A e di serie B considerando che non tutti hanno la possibilità economica di spostarsi per curarsi. Laddove possibile bisogna colmare le differenze agendo sulle variabili terze che prescindono dalla cura stessa: infrastrutture tecnologiche e non. Riguardo la cura in sé, invece, la creazione di protocolli comuni standardizzati per tutte le strutture consente di ridurre al minimo la variabile dipendente dagli operatori sanitari e non. Sensibilizzare i pazienti circa il riconoscimento dei sintomi con campagne uniformi, soprattutto per quelle patologie tempo dipendenti, risulta indispensabile per intervenire tempestivamente. D’altronde, a seguito della aziendalizzazione del Sistema Sanitario Nazionale, il pensiero snello o “Lean thinking”, nato negli anni 80 per far fronte alla crescente domanda industriale, è applicabile alle strutture sanitarie stesse. Calo demografico, aumento dell’aspettativa di vita, emigrazione dei giovani porteranno, secondo l’Istituto Superiore di Sanità la percentuale di anziani nel nostro Paese dal 11 al 22%. Sarà forse lecito parlare di produzione di massa anche per le aziende sanitarie? Appurato che il vero problema dell’erogazione delle cure sarà nel futuro a breve termine la penuria delle risorse umane la sensibilizzazione del paziente e standardizzazione dei protocolli sono la soluzione affinché un cittadino ad Aosta ed uno a Ragusa abbiano la stessa probabilità di ottenere un simile outcome.

Federico Bennardo

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