Intervista a Franco Cotana, amministratore delegato di Ricerca sul Sistema Energetico S.p.A.

Professore Cotana, come valuta l’andamento del percorso di transizione e perché l’Italia ha bisogno di più energia elettrica?
«L’elettricità è un vettore energetico formidabile. L’elettrone ha sostituito e sostituirà sempre più altri vettori energetici molecolari (gas, carbone, petrolio e derivati) per due ragioni principali: ⁠le energie rinnovabili che hanno grandi potenzialità di crescita, eolico e fotovoltaico, immettono nella rete elettrica grandi quantità di elettricità contribuendo in modo decisivo alla transizione energetica ambientale; ⁠le utenze elettriche sono in continuo aumento in tutti i campi (mobilità, abitazioni, climatizzazione, AI e data center). Ma ci sono anche criticità. L’elettricità non si accumula facilmente per lunghi periodi in molti settori e in alcuni processi industriali hard to abate (acciaio, cemento, ceramica, vetrerie etc.) è difficile se non impossibile sostituire le molecole energetiche ovvero ove teoricamente e tecnicamente possibile non si può usare l’elettricità in modo economico. Infine, al crescere della quota elettrica occorrono grandi investimenti nelle reti elettriche di trasporto e distribuzione».

Perché allora in Italia il costo dell’energia è tra i più alti in Europa e quanto incide sulla competitività del sistema?

«⁠I costi dell’elettricità sono legati agli oneri di sistema, al mancato disaccoppiamento con i costi del gas naturale, all’assenza di sistemi di generazione in grado di stabilizzare la rete elettrica con un perfetto equilibrio istante per istante tra domanda e offerta. I paesi che hanno un mix energetico che include il nucleare come Spagna e Francia hanno costi dell’energia elettrica notevolmente più contenuti».

Quali sono le misure che RSE ha adottato perché gli investimenti sui territori non siano percepiti come ostili alle comunità?
«RSE è impegnata in un dialogo con i territori e i cittadini che ultimamente si è fatto sempre più intenso. Le CER e le CACER sono nuovi strumenti che coinvolgono i cittadini e li rendono attori del processo di sviluppo degli investimenti in fonti rinnovabili. Come si risolve il problema della stabilità dei flussi e della resilienza delle reti? La stabilità della Rete da un lato si può migliorare con le Smart Grid che usano anche l’AI e con l’implementazione del digital twin della rete pan europea. D’altro lato non servono solo accumuli energetici (batterie, pompaggi, sistemi meccanici gravitazionali e termici) ma anche un mix generativo energetico che includa le energie programmabili (biomasse, geotermia, nucleare…)».

Il DM Aree idonee lascia ampia discrezionalità alle Regioni nell’identificare le aree dove poter installare rinnovabili, con effetti – come nel caso della Sardegna – che definiscono il 99% del territorio inadatto. Se non possiamo contare sul nucleare, le importazioni hanno un costo maggiore, e – a giusta ragione – abbiamo l’obiettivo di abbandonare le fonti fossili, quali sono le soluzioni? E che tempi richiedono?
«Intanto i biocarburanti, i SAV, l’HVO, il bioetanolo, possono contare su sistemi di import dei feedstock (olio vegetale, idrogeno rinnovabile etc.). Tuttavia, si stanno delineando soluzioni come l’eolico offshore o il già consolidato sistema dell’import di energia elettrica da nucleare. Purtroppo questa situazione aumenta la dipendenza dall’estero e i costi lievitano! RSE è al servizio dei cittadini e ci stiamo organizzando per fornire una corretta e rigorosa informazione scientifica. Crediamo che la consapevolezza dei risvolti di alcune scelte radicali debba essere resa nota a tutti affinché l’autodeterminazione della popolazione di un territorio possa scegliere le forme energetiche idonee e appropriate alle proprie esigenze».