È una persecuzione silenziosa, quella che colpisce i cristiani nel mondo. Una persecuzione che non fa notizia, un po’ perché avviene lontana dagli occhi dell’Europa, un po’ per una sorta di tabù. Nell’Occidente che scambia la laicità con il laicismo, il cristianesimo è diventato infatti troppo spesso la religione della vergogna, della colpa o del sarcasmo.

Della vergogna, e allora si parla di Chiesa per gli scandali, talvolta dolorosamente veri ma troppo spesso frutto di una retorica populista e anticristiana che foraggia commentatori e serie televisive. Si è arrivati perfino al tentativo di infangare Papa Giovanni Paolo II, colui che contribuì al crollo del comunismo, attraverso una serie Netflix sulla vicenda di Emanuela Orlandi che, lungi dal condurre una seria inchiesta sulla scomparsa di quella giovane donna, è risultato essere un prodotto profondamente intriso di cristianofobia.

Della colpa, perché il cristianesimo è associato alla religione dei bianchi colonizzatori, alla religione della maggioranza, in un periodo in cui si rasenta quella che sembra essere anziché una sacrosanta tutela, una dittatura delle minoranze. Il tutto usando lo sguardo miope occidentale, perché i cristiani perseguitati sono essi stessi spesso delle minoranze nel resto del mondo.

Infine, del sarcasmo: il cristianesimo viene associato alla superstizione, in una società che ha preso dal marxismo la concezione di religione come oppio dei popoli e dal capitalismo un materialismo sfrenato.

Eppure, il pensiero cristiano è alla base della nostra società europea. È la nostra identità, indipendentemente dal fatto di essere o meno credenti. Si può essere atei, musulmani o buddisti ma in quanto europei, le nostre radici affondano nella cultura giudaico-cristiana, senza alcun dubbio.

Da atei, si potrebbe dire che si dovrebbe essere in fondo tutti atei-devoti, non nell’accezione negativa di fede come scudo politico che dava al termine Beniamino Andreatta, ma in quella positiva della tutela di quelle radici, ferma restando la libertà religiosa e il dialogo interreligioso come valori assoluti.

Ebbene, sono forse tutte queste ragioni che rendono il dramma delle persecuzioni contro i Cristiani una tragedia silenziosa. Eppure i numeri sono impressionanti: l’ultimo report annuale realizzato dalla Ong Porte aperte/Open Doors, osservando 100 Paesi, parla di “360 milioni nel mondo i cristiani che sperimentano almeno un livello alto di persecuzione e discriminazione a causa della propria fede (1 cristiano ogni 7)”. Dal 1 ottobre 2021 al 30 settembre 2022, ci sono stati 5.621 cristiani uccisi, 2110 Chiese ed edifici connessi attaccati o chiusi, 4.542 cristiani arrestati senza processo, 5.259 cristiani rapiti. Questi i numeri delle persecuzioni.

Persecuzioni che raccontano di violenti omicidi e terrorismo, come in Nigeria. A Karin Koro Padre Isaac Achi è stato bruciato vivo nella sua casa parrocchiale da un gruppo di criminali. Imperversa però in quel Paese anche e soprattutto il movimento islamista Boko Haram, che due anni fa provocó un Natale di sangue, prendendo di mira scuole e chiese, uccidendo e rapendo cristiani. Le donne sono spesso vittime di rapimenti: stuprate, costrette a conversioni e matrimoni forzati. Terribile e celebre il rapimento delle studentesse, molte delle quali cristiane, nel 2014 a Chibok.

Le portarono via e bruciarono la loro scuola. Quella scuola, secondo gli islamisti, doveva sparire: in essa le donne trovavano istruzione, ma non solo, era popolata da cristiane e musulmane che studiavano pacificamente l’una accanto all’altra. Ma la violenza contro i cristiani non ha solo una matrice islamista. Particolare il caso del Mozambico, dove padre Filippo Macchi si trova in missione: “questo è un popolo pacifico, dove regnava armonia fra cristiani e musulmani” ci dice.

Il brutale assassinio di suor Maria De Coppi è stato rivendicato dall’Isis, ma padre Macchi ci racconta una storia più complessa: ”da anni qui agisce un gruppo terroristico che prende di mira non solo le missioni cattoliche, ma anche il governo e gli edifici pubblici. È un movimento di rivolta che mischia l’aspetto religioso dell’ Islam radicale con la forte insoddisfazione per le condizioni di vita”. L’aspetto che colpisce è che i terroristi sono giovanissimi, hanno meno di 35 anni. E infatti “la metà della popolazione del Mozambico ha meno di 18 anni, sono giovani senza futuro, senza la speranza di un lavoro o anche solo di uscire dai villaggi dove si vive solo di agricoltura di sussistenza, mentre vedono lo sfruttamento di risorse minerarie i cui proventi però non arriveranno mai alla popolazione locale. Facile quindi essere indottrinati e in cambio di qualche soldo essere trasformati in uno strumento di odio”. Ci spiega.

La violenza contro i Cristiani assume però anche altre forme più subdole. Accade in Cina, dove la persecuzione avviene sotto le insegne governative. Padre Bernardo Cervellara, da Hong Kong, ci spiega che “In Cina il problema è la libertà religiosa, che viene concessa solo a comunità che svolgono “normali” attività religiose”. Ma cosa sono queste normali attività religiose? La legge non lo spiega. “In sostanza, sono quelle in cui tutte le attività, i luoghi di culto e il personale religioso che accettano di essere registrati in un database e quindi di obbedire a dei regolamenti. Nelle chiese vengono installate telecamere, per controllare”. Ci racconta. Normali, sono quindi in Cina quelle attività controllate dall’inizio alla fine dal Partito comunista cinese.

“Tutte queste comunità devono sottomettersi al partito comunista e sostenerne il leader, Xi Jinping. Tutto questo significa firmare una cambiale in bianco verso la politica del partito. Tanti cristiani non lo accettano”. E per chi non si sottomette, la pena sono multe, arresti e “rieducazioni”. “I cristiani spariscono e tornano dopo mesi, dopo essere stati rieducati. Sono i Vescovi della chiesa non ufficiale, quelli che si ribellano. Campagne che avvengono spesso durante le feste principali per i cristiani, il Natale, la Pasqua, la Pentecoste”. Ci spiega Don Cervellara. Anche l’arredamento delle chiese deve seguire indicazioni precise: vengono rimosse statue e vengono distrutti gli edifici più appariscenti. Una persecuzione non più sanguinaria – l’ultimo prete è stato ucciso nel 2015 – ma con i guanti bianchi.

Benedetta Frucci

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