Dietro all’omicidio di Pier Paolo Pasolini, avvenuto quel 2 novembre del 1975, potrebbe esserci il furto di alcune pellicole. Secondo la relazione finale della Commissione parlamentare Antimafia della scorsa legislatura sarebbero state sottratti 70 originali del suo film ‘Salò e le 120 giornate di Sodoma’, allora ancora in produzione e rubate a Ferragosto del ‘75 da un capannone di Cinecittà. Lo scrittore-regista sarebbe andato all’idroscalo di Ostia, dove poi è stato ucciso, proprio per riuscire a recuperarle. In questa ipotesi, aggiunge la Commissione, sarebbero coinvolti nel delitto “gruppi malavitosi di rilievo”.

Nella relazione depositata dalla Commissione viene anche precisato che appaiono ormai del tutto improbabili soluzioni di carattere giudiziario, ma resta utile, in prospettiva storica, che le ricerche sul movente e sulle modalità dell’aggressione che causarono la morte di Pasolini, entrambe mai chiarite, siano eventualmente riprese alla luce dei pur embrionali rilievi emersi dalla attività della Commissione di inchiesta”.

La Commissione sottolinea che ci sono state inchieste di giornalismo investigativo che hanno “definitivamente sgretolata l’iniziale ipotesi, purtroppo allora sostenuta dai mezzi di comunicazione e da alcune pronunce giurisdizionali, secondo cui l’assassinio dello scrittore sarebbe stato solo il tragico esito di un incontro sessuale sfociato estemporaneamente in una aggressione da parte di un unico individuo e cioè Pino Pelosi”, detto ‘La Rana’, che fu condannato in Cassazione a 9 anni e 7 mesi di carcere nel 1979.

L’antimafia ricorda “omissioni particolarmente gravi” rispetto agli “accertamenti immediati che si sarebbero dovuti svolgere” come “la mancata audizione dei testimoni che abitavano nelle baracche della zona e che avevano udito quanto avvenuto quella notte e che avrebbero sin dal principio dato conto dell’evidenza che l’aggressione fu condotta da numerose persone” o “la mancanza, dopo l’omesso confinamento della zona ove il delitto era avvenuto, di approfondite perizie sulle gravi ferite riportate da Pasolini e sui mezzi con i quali queste erano state inferte”.

La Commissione ha ritenuto di affrontare questo tema “anche per i suoi evidenti collegamenti con il mondo della criminalità organizzata romana dell’epoca, ma fondamentalmente in ragione di alcune dichiarazioni rese da Maurizio Abbatino (uno dei capi della Banda della Magliana, poi collaboratore di giustizia ndr)” che è stato sentito dalla Commissione di inchiesta in “due distinte occasioni”. Ascoltata durante i lavori anche la ricercatrice e giornalista Simona Zecchi, che ha riferito “di aver svolto un colloquio con Nicola Longo“, ex poliziotto, che “avrebbe raccontato alla giornalista di aver avuto un ruolo importante nel recupero del materiale sottratto. Peraltro, tale rinvenimento sarebbe stato possibile solo alcuni mesi dopo la morte dello scrittore”. Longo “era entrato in contatto con un grosso personaggio della malavita prossimo al contesto criminale della banda della Magliana” e “si era reso disponibile a far recuperare gli originali del girato portando, come prova dell’effettivo possesso delle pellicole, un frammento del film”. Operazione andata a buon fine perché l’operazione di recupero aveva poi avuto successo in quanto allo le ‘pizze’ furono ritrovate sotto un tombino.

Il legale di Pelosi commenta così la relazione dell’Antimafia: “Ci sono tantissimi punti di contatto che scagionano Pino Pelosi: avevamo già segnalato in passato il furto delle pellicole e il fatto che Pelosi si fosse proposto a Pasolini come mediatore, visto che conosceva gli autori del furto, ovvero i due fratelli Franco e Giuseppe Borsellino che abitavano nel suo quartiere (entrambi poi defunti). Pelosi aveva detto che dietro il furto c’era un regista, conoscente lo stesso Pasolini. Tutte queste dichiarazioni lui le aveva rese al magistrato, ma non sappiamo se siano mai state prese in considerazione. Ora si sta andando verso la verità, che comincia a convergere verso quelle dichiarazioni fatte da Pelosi. Invito chi sa a parlare per porre alla vicenda“.

Redazione

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