Pierluigi Battista, a lungo tra le firme di punta del Corriere della Sera e liberale irriducibile, ha raccontato con “Mio padre era fascista”, uscito con Mondadori, un’autobiografia della nazione davanti al bivio della storia. In quelle pagina sviscera quel dissidio storicistico che se per alcuni è un nodo irrisolto e irrisolvibile, per altri è un ricordo buono per gli annali.

Battista, c’è ancora bisogno del 25 aprile? «È una data importante da ricordare ma che non può essere eternizzata. Non possiamo vivere nei secoli in nome di una cosa che si chiama 25 aprile. Perché per fortuna la democrazia ha vinto. E da quando ha vinto, siamo tutti democratici. Non dobbiamo dirci antifascisti tutti i giorni, dobbiamo essere democratici tutti i giorni. Perché quella data ha posto fine a una guerra civile. Con l’aiuto degli alleati, gli americani e gli altri, si è messo fine a un regime antidemocratico».

La storia è maestra di vita, ricordare fa sempre bene. «Certo. Anche il Risorgimento è stato importante, no? Il momento fondativo del nostro paese. Ma non è che tutti gli anni ricordiamo Garibaldi, ci dividiamo tra mazziniani e non mazziniani. Siamo ricchi di storia a cui dobbiamo saper dare un senso compiuto».

La sinistra del 2024 è antisovranista. «E allora deve essere contro il sovranismo storiografico».

Che cos’è il sovranismo storiografico? «La riduzione di tutta la questione della democrazia alla piccola vicenda italiana. Perché nelle democrazie del mondo non c’è stato un 25 aprile e noi non viviamo in una dialettica permanente fascismo-antifascismo. Ci si divide sulle scelte politiche di una destra e una sinistra matura, perché siamo una democrazia matura».

Poi bisognerebbe fare la storia del 25 aprile. «Per molti anni, tranne i primissimi anni della Repubblica, ci sono state celebrazioni solo marginali. Per un decennio il 25 aprile è stato ricordato in sordina. Poi c’è stato il governo Tambroni, nel 1960, ed è saltato di nuovo fuori il 25 aprile. Si è rianimato solo a tratti. Nel 1994 rinasce per contestare Berlusconi: con l’idea malata che con la vittoria del centrodestra di Berlusconi la democrazia sarebbe stata di nuovo a rischio. E poi ogni volta che il centrodestra vince le elezioni, riecco il 25 aprile militante. Ma questa baldanzosità del ricordo a comando tradisce una natura strumentale, una lettura non solo parziale ma distorta anche verso il rispetto della storia stessa».

Anche perché a forza di ricordare il passato ci si distrae dal presente… «Sì. C’è chi vede il pericolo fascista ovunque e non dice una parola sul fatto che gli studenti ebrei si devono nascondere oggi nelle università italiane, questa sì è una cosa grave. Non si guardano le persecuzioni di oggi, si dimentica l’Olocausto, si tralascia la minaccia di Hamas e si parla di fascisti? Altro che 25 aprile. Il 27 gennaio, giorno della Memoria, hanno insultato Liliana Segre e non c’è stato nessuno di questi paladini della retorica antifascista che abbia detto una parola. Chi parla di genocidio di Israele ce l’ha con gli ebrei. Impediscono a un giornalista ebreo di parlare all’università, e poi manifestano per il 25 aprile? È paradossale. E allarmante».

I totalitarismi non li condanniamo tutti, infatti. «La lettura distorta è questa. Non tutti quelli che manifestano per il 25 aprile hanno il coraggio di dirsi anti-totalitari. Dicono che bisogna dirsi antifascisti? Benissimo, io mi dico antifascista. E sono antifascista perché sono anti-totalitario: quindi contro Putin, e con l’Ucraina. Contro Hamas e con Israele. Non si può guardare a un solo totalitarismo, quello fascista, senza guardare a tutti i totalitarismi. Così si fa una cosa grave».

Si sente rispondere che in Italia abbiamo avuto il fascismo, non altri regimi. «Perché si ignora la storia. Bisogna essere contro tutti i sistemi dittatoriali, i regimi sanguinari e liberticidi in Italia e nel mondo. Stalin ha ucciso non solo più esseri umani di quanti ne abbiano uccisi i nazifascisti, ma ha addirittura ucciso più comunisti italiani lui di quanti ne ha uccisi Mussolini».

Umberto Eco parlava di Ur-fascismo, il fascismo eterno… «Tra tanti suoi bei libri e lavori importanti, quello fu una sciocchezza. Il fascismo eterno che vuol dire? Che tutte le nefandezze dell’umanità sono ‘moralmente’ fasciste? Il fascismo è stato un fenomeno storico. Tremendo, perché negava le libertà fondamentali. Ma nella sua storicizzazione è finito. Ha perso. Ha vinto la democrazia, si è affermata. E adesso dobbiamo comportarci come democrazia matura, che non ha bisogno ogni anno di ribadire una sorta di superiorità morale dei vincitori sui vinti di quella fase storica».

Anche perché tra i vinti ci sono spesso le radici intrecciate delle nostre famiglie. Dove c’erano fascisti e antifascisti. «Le storie vanno chiuse, non bisogna tenere sempre la ferita aperta. Bisogna pacificare: raccogliere intorno alla data del 25 aprile tutti gli italiani, non gli uni sugli altri. Nel mio libro racconto la storia di un italiano che a 20 anni ha fatto una scelta pensando di farla per l’onore della Patria, e poi si è ritrovato esule in Patria per decenni. Sentendosi escluso, come italiano minore. Invece la democrazia deve includere tutti, non escludere qualcuno».

Temi per questo 25 aprile in particolare? Ci sarà la Brigata ebraica in piazza? «Sarà un sabba infernale. Si vedono già i manifesti: antifascismo e antisionismo. I partigiani con la divisa di Hamas. Quello che succederà quest’anno è che il mainstream di queste manifestazioni non sopporterà la presenza di bandiere con la stella di Davide».

E Giorgia Meloni, si deve dire antifascista o può anche farne a meno? «Ha dalla sua una parte degli italiani, tra il 25 e il 28%, che le dicono che lei non rappresenta una parte, o una piccola parte. Spesso si comporta da prigioniera, anche lei, di questo vecchio storicismo. Non si senta una minoranza. Ha già fatto la scelta giusta a Fiuggi, ha già detto al discorso di insediamento di essere contro tutti i totalitarismi. La smetta con la narrazione della vittima. Di rinchiudersi da sola nel recinto di Colle Oppio. È una leader giovane di una destra occidentale. Si deve liberare anche lei, come i suoi contestatori, dalla sua prigione mentale. La contrapposizione è finita».

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Ph.D. in Dottrine politiche, ha iniziato a scrivere per il Riformista nel 2003. Scrive di attualità e politica con interviste e inchieste.