Il ritratto
Pietro Ioia, dalla cella zero ai diritti degli ultimi: la seconda vita dell’ex narcos
Nato al rione Sanità e cresciuto a Forcella, Pietro Ioia si è sempre raccontato come chi non dà tutte le colpe al destino. «Ho sbagliato tanto e ho scontato la mia condanna», ha sempre ammesso parlando del suo passato di narcotrafficante internazionale di hashish e cocaina e della condanna a ventidue anni espiata fra le carceri italiane e quelle spagnole.
A Poggioreale ci rimase rinchiuso sette anni e una volta fuori raccontò quell’inferno, arrivando a denunciare i pestaggi che alcuni agenti avrebbero commesso nella cosiddetta “cella zero” per stabilire rapporti di forza con i detenuti. Da quella denuncia è nato un processo, che a distanza di dieci anni dai fatti ancora si trascina lentamente nella fase del primo grado di giudizio, ed è nato un libro, «La cella zero», scritto dallo stesso Ioia e pubblicato da Marotta & Cafiero editore.
Il libro è diventato poi uno spettacolo teatrale e più in generale la storia raccontata da Ioia è diventata la molla per spostare l’attenzione di tutti, politici e opinione pubblica, sui diritti di chi sconta la pena in cella. Per Ioia fu l’occasione per aprire e aprirsi una nuova strada che lo ha portato, negli anni, a impegnarsi nel sociale e approdare persino al cinema e in teatro. Ha avuto una parte nel film “La paranza dei bambini” di Claudio Giovannesi, premiato al Festival di Berlino per la sceneggiatura e ispirato al libro di Saviano e a un’inchiesta della Procura sui traffici di droga e la guerra tra giovani emergenti nei quartieri del centro storico, e ha collaborato al documentario “Camorriste 2” nel 2017.
Ma a segnare la sua seconda vita sono stati soprattutto l’impegno da presidente dell’associazione Ex detenuti organizzati napoletani e, nel 2019, l’incarico, ottenuto dall’allora sindaco di Napoli Luigi de Magistris, di garante cittadino delle persone private della libertà personale. Ci furono moltissime polemiche per la scelta di Ioia come garante dei detenuti di Napoli, e oggi, alla notizia del suo arresto per droga e telefoni cellulari introdotti nel carcere di Poggioreale sfruttando le prerogative del suo ruolo di garante, quelle polemiche sono tornate a galla come a dire «Ve lo avevamo detto…» e anticipare una sentenza di condanna che mortifica e ignora un sacrosanto principio, quello della presunzione di innocenza.
Non sappiamo come evolverà l’inchiesta, non sappiamo se le accuse ipotizzate nell’ordinanza di custodia cautelare notificata a Ioia e ad altre sette persone saranno confermate o meno. È presto per emettere sentenze. Quel che è certo è che in questa sua “seconda vita” Pietro Ioia ha comunque affrontato tante battaglie accanto ai garanti, ai Radicali, a rappresentanti delle istituzioni in difesa dei diritti degli ultimi. Ora la notizia del suo arresto, la nuova inchiesta della Procura, le accuse contenute in intercettazioni telefoniche e ambientali sembrano inaugurare per lui una terza stagione di vita.
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