Il filosofo del diritto Tommaso Greco dell’Università di Pisa ci propone, nel suo più recente libro, La legge della fiducia. Alle radici del diritto, la forza di un binomio, quello tra fiducia e diritto, con conseguenze piuttosto importanti, specie per chi opera nelle istituzioni, ma non solo. Bisogna infatti reagire, come chiarisce Greco già nell’Introduzione (pp. VIII e XIII), a un approccio radicalmente pessimistico sugli esseri umani che porta a sovraccaricare in modo eccessivo il ruolo repressivo del diritto, ad utilizzare in modo eccessivo, ad esempio, un sistema di regole puntuali, soprattutto penali, munite di sanzioni iper-dettagliate, invece di affidarsi maggiormente a principi più generali, i quali suppongono una maggiore valorizzazione della fiducia.

Non possiamo quindi fare del diritto penale “l’essenza più vera del diritto”, ci dice l’Autore a pagina 15, e già qui il nostro pensiero va fatalmente a quelle forme di populismo penale che ad ogni evento negativo che si produce nella società propongono di reagire subito, in modo immediato e univoco, creando nuove fattispecie di reato o solo rafforzando le pene, anziché pensare se in alternative ad esse o comunque in modo complementare ad esse, non siano altrettanto più efficaci norme che puntano su prevenzione, educazione, sensibilizzazione. Alle spalle di questo cortocircuito c’è una lettura iper-conflittuale delle relazioni umane, che sono invece anche segnate da “integrazione” e compatibilità” (p. 59) e del resto nei codici, almeno in parte, c’è traccia di questa comprensione più equilibrata, ad esempio con “clausole generali come quelle della buona fede che implicano un riferimento fiduciario” (p. 68). Una comprensione che non andrebbe pertanto sacrificata sulla base di spinte immediate e non adeguatamente razionalizzate. Più in generale, nota Greco, bisognerebbe evitare di affidarsi solo a due principi su tre del tradizionale trittico rivoluzionario, ossia libertà ed eguaglianza, sacrificando la fratellanza, la quale ci ricorda il legame costitutivo con gli altri (p. 74). Qui Greco si muove in grande sintonia con un altro filosofo del diritto, Gregorio Peces Barba, allievo sia di Maritain sia di Norberto Bobbio, ma che su questo punto specifico era vicino più al personalismo di Maritain perché criticava Bobbio di svalutare eccessivamente la fratellanza, ovvero la solidarietà, le possibilità offerte da forme di cooperazione che il diritto deve valorizzare.

In sintesi, secondo Greco, “è difficile negare insomma che nel ‘gioco’ del diritto cooperazione e conflitto siano entrambi compresenti e necessari” (p. 113). Questo non significa cadere nella semplificazione opposta, in una visione idilliaca dei legami comunitari e sociali, ma adottare un approccio pragmatico di lettura storica e concreta dei contesti in cui si agisce, valutando “di volta in volta se sia il caso di imporre regole stringenti oppure se non sia talora più efficace in termini di risultati agire normativamente in maniera differente al fine di poter beneficiare” di quella risorsa che è la “fiducia” (p. 142), ossia di “una dimensione fondata sul riconoscimento dell’altro” che non è meno reale di un’impostazione verticale di natura esclusivamente coattivistica” (p. 153).

Se si ragiona così, in termini empirici, valutando laicamente i risultati , si potranno certo trovare dei casi in cui norme più flessibili hanno dovuto lasciare spazio ad altre più stringenti (basti pensare ad esempio alla legislazione elettorale regionale su cui si intervenne nel 1995 solo con l’innesto di un premio di maggioranza e di una clausola anti-ribaltone biennale, ma dopo l’aggiramento di quest’ultima ci si allineò su regole necessariamente rigide come quelle dei comuni), ma almeno altrettanti saranno i casi in cui invece divieti troppo stringenti possono risultare disumani, sproporzionati o comunque inefficaci. Basti pensare al dibattito in corso sulla morte assistita o sulla depenalizzazione della cannabis. Greco parla del diritto degli ordinamenti statali, ma interrogativi del genere si pongono anche in altri ordinamenti come quello canonico della Chiesa cattolica. Sotto l’attuale pontificato, si pensi all’Amoris Laetitia, riprende forza l’idea di norme meno rigide nell’ambito familiare e riproduttivo, strettamente legate alla fiducia reciproca che si esprime in concetti quali quelli di comunione e sinodalità, che con accenti analoghi a quelli di Greco erano stati proposti da vescovi come Martini e Matagrin e da teologi come Calvez. Anche lì criticati come ingenui, eccessivamente ottimisti, come alcuni degli Autori con cui Greco è sintonia, in nome di quell’antropologia pessimista eccessiva che Greco tenta e, credo, riesca a ridimensionare. C’è quindi da ragionare per molti e in molti ambiti nella lettura attenta di questo testo.

La conferenza stampa di presentazione del volume La legge della fiducia. Alle radici del diritto, che avrà luogo oggi dalle ore 18, presso la Sala Stampa della Camera dei Deputati. Si potrà seguire collegandosi al seguente indirizzo: https://webtv.camera.it/conferenze_stampa. Nel corso della conferenza stampa interverranno oltre a Tommaso Greco, autore del volume e professore ordinario di Filosofia del Diritto presso il Dipartimento di giurisprudenza dell’Università di Pisa, la Professoressa Antonella Sciarrone Alibrandi, Prorettrice vicaria e Professoressa ordinaria di Diritto dell’Economia presso l’Università Cattolica di Milano, il Professor Giuseppe Conte, presidente del MoVimento 5 Stelle, e l’Onorevole Enrico Letta, Segretario del Partito Democratico e il direttore de l’Espresso Marco Damilano.