Riceviamo e pubblichiamo

Torna di estrema attualità l’opera “Elogio dei giudici” scritta dai Piero Calamandrei nel 1936, perché il vero pericolo che incombe oggi – come ieri – è quello di trovare un magistrato che scambia il suo scranno con un palco da comizio. Eppure la direttiva UE 343 del 2016 del Parlamento europeo e del Consiglio sul rafforzamento di alcuni aspetti della presunzione di innocenza e del diritto di presenziare al processo nei procedimenti penali è molto chiara: «la presunzione di innocenza e il diritto a un equo processo sono sanciti negli articoli 47 e 48 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea («Carta»), nell’articolo 6 della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali («CEDU»), nell’articolo 14 del Patto internazionale sui diritti civili e politici («ICCPR») e nell’articolo 11 della Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo». Inoltre, la direttiva europea stabilisce che la presunzione d’innocenza sarebbe violata se dichiarazioni pubbliche rilasciate da autorità pubbliche o decisioni giudiziarie diverse da quelle sulla colpevolezza presentassero l’indagato o imputato come colpevole fino a quando la sua colpevolezza non sia stata legalmente provata.

E l’evidente retorica colpevolista dei tempi moderni sottesa ad alcune prassi comunicative degli organi inquirenti richiederebbe una doverosa riflessione, ma soprattutto un giusto ed opportuno intervento da parte del Legislatore che tarda ad intervenire, visto che – per quanto riguarda il recepimento – l’Italia avrebbe dovuto conformarsi alla presente direttiva entro il 1 aprile 2018. In ogni caso, le modalità e il contesto di divulgazione delle informazioni non dovrebbero dare l’impressione della colpevolezza dell’interessato prima che questa sia stata legalmente provata, ed in attesa che il Bel Paese recepisca la direttiva europea esiste il Codice Etico dei Magistrati. Più in particolare il Codice Etico all’articolo 1 (Art. 1 – Valori e principi fondamentali) stabilisce che «nella vita sociale il magistrato si comporta con dignità, correttezza, sensibilità all’interesse pubblico. Nello svolgimento delle sue funzioni, nell’esercizio di attività di autogoverno ed in ogni comportamento professionale il magistrato si ispira a valori di disinteresse personale, di indipendenza, anche interna, e di imparzialità. Il magistrato opera con spirito di servizio per garantire la piena effettività dei diritti delle persone; considera le garanzie e le prerogative del magistrato come funzionali al servizio da rendere alla collettività; presta ascolto ai soggetti che in diverse forme concorrono all’esercizio della giurisdizione e ne valorizza il contributo».

L’articolo 2 (Art. 2 – Rapporti con le istituzioni, con i cittadini e con gli utenti della giustizia) recita che «nei rapporti con i cittadini e con gli utenti della giustizia il magistrato tiene un comportamento disponibile e rispettoso della personalità e della dignità altrui e respinge ogni pressione, segnalazione o sollecitazione comunque diretta ad influire indebitamente sui tempi e sui modi di amministrazione della giustizia. Nelle relazioni sociali ed istituzionali il magistrato non utilizza la sua qualifica al fine di trarne vantaggi personali di procurare vantaggi a sé o ad altre persone. Si astiene da ogni forma di intervento che possa indebitamente incidere sull’amministrazione della giustizia ovvero sulla posizione professionale propria o altrui».

Ma più è di più. L’articolo 6 (Art. 6 – Rapporti con la stampa e con gli altri mezzi di comunicazione di massa) sancisce che «nei contatti con la stampa e con gli altri mezzi di comunicazione il magistrato non sollecita la pubblicità di notizie attinenti alla propria attività di ufficio. Quando non è tenuto al segreto o alla riservatezza su informazioni per ragioni del suo ufficio concernenti l’attività del suo ufficio o conosciute per ragioni di esso e ritiene di dover fornire notizie sull’attività giudiziaria, al fine di garantire la corretta informazione dei cittadini e l’esercizio del diritto di cronaca, ovvero di tutelare l’onore e la reputazione dei cittadini, evita la costituzione o l’utilizzazione di canali informativi personali riservati o privilegiati. Fermo il principio di piena libertà di manifestazione del pensiero, il magistrato si ispira a criteri di equilibrio, dignità e misura nel rilasciare dichiarazioni ed interviste ai giornali e agli altri mezzi di comunicazione di massa, così come in ogni scritto e in ogni dichiarazione destinati alla diffusione. Evita di partecipare a trasmissioni nelle quali sappia che le vicende di procedimenti giudiziari in corso saranno oggetto di rappresentazione in forma scenica».

Ed infine, l’articolo 13 (Art. 13 – La condotta del pubblico ministero) «Il pubblico ministero si comporta con imparzialità nello svolgimento del suo ruolo. Indirizza la sua indagine alla ricerca della verità acquisendo anche gli elementi di prova a favore dell’indagato e non tace al giudice l’esistenza di fatti a vantaggio dell’indagato o dell’imputato. Evita di esprimere valutazioni sulle persone delle parti, dei testimoni e dei terzi, che non sia conferenti rispetto alla decisione del giudice, e si astiene da critiche o apprezzamenti sulla professionalità del giudice e dei difensori. Partecipa attivamente alle iniziative di coordinamento e ne cura opportunamente la promozione. Non chiede al giudice anticipazioni sulle sue decisioni, né gli comunica in via informale conoscenze sul processo in corso».

Ma veniamo all’Italia, dove solo il 1 dicembre del 2020 i deputati Annibali, Vitiello, Ferri, Marco Di Maio, Fregolent, Giachetti, Migliore, Moretto, Nobili, Noja, Paita, Occhionero, Ungaro hanno presentato una proposta di legge (n. 2811) di Delega al Governo per il recepimento della direttiva (UE) 2016/343 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 9 marzo 2016, sul rafforzamento di alcuni aspetti della presunzione di innocenza e del diritto di presenziare al processo nei procedimenti penali.

I deputati di Italia Viva sottolineano che «la presente proposta di legge è diretta a conferire una delega al Governo per recepire la direttiva (UE) 2016/343 sul rafforzamento di alcuni aspetti della presunzione di innocenza e del diritto di presenziare al processo nei procedimenti penali».

Secondi gli esponenti politici «Appare del tutto stigmatizzabile, infatti, il ritardo che il nostro Paese continua ad accumulare rispetto all’attuazione della direttiva, il cui termine di recepimento era fissato per il 1° aprile 2018. Dopo più di due anni e mezzo l’Italia continua ad accumulare ritardo nel recepimento, non solo esponendosi all’ennesima procedura di infrazione, ma anche continuando a compromettere la salvaguardia di un principio di tutela che trova ampio riscontro e cristallizzazione anche nella nostra Carta costituzionale».

L’ordine giudiziario non è un ramo della burocrazia ma è un ordine religioso dove i giudici sono come gli appartenenti ad un ordine religioso tanto è che lo stesso Calamandrei dedica un intero capitolo nell’Elogio dei Giudici.

Ma questa è un’altra storia. Cicerone avrebbe detto O tempora o mores….

Luigi Camilloni

Autore

Direttore Agenparl