La storia giudiziaria si è conclusa alcuni mesi fa ma se ne è avuta notizia solo in questi giorni. È una storia giudiziaria singolare, durata sei anni, che ad una prima lettura strappa un sorriso ma poi ti lascia, tra lo sconcerto, con un interrogativo aperto: possibile? Cominciamo con il raccontare il fatto che è stato, sì, possibile.

È accaduto a Napoli ed è stato al centro di ben cinque processi. Imputati tre minorenni, ragazzini accusati di aver atteso per giorni, ogni giorno, una compagna di classe per pronunciare il suo nome seguito da una fragorosa pernacchia. Un rumore volgare, per dirla con le parole dei migliori dizionari della lingua italiana. Uno sberleffo che, ripetuto nel tempo, sicuramente deve aver generato disagio e sofferenza nella ragazzina che ne era destinataria, ma che appare questione bagattellare se la si pone sul piano dei reati per cui far azionare la macchina della giustizia. Pensare che sulle pernacchie dei compagni di scuola si sono istruiti ben cinque processi, tra primo, secondo e terzo grado, dà la misura di certe stranezze del nostro sistema.

E così, in un tempo in cui i tribunali sono ingolfati e nel distretto di Napoli ci sono uffici in cui si accumulano anche oltre cinquantamila procedimenti arretrati, arriva la notizia che le risorse della giustizia sono state impiegate anche per stabilire se la pernacchia dei compagni di classe fosse o meno una molestia. Sicuramente a Napoli ha un suo valore semantico il pernacchio (al maschile!). Totò lo aveva reso artifizio comico, teatrale e cinematografico. Nel film di Vittorio De Sica, L’oro di Napoli, Eduardo De Filippo lo esaltava ad arte tutta napoletana su cui addirittura impostare una lezione. Tornando alla nostra storia, nel processo celebrato dinanzi alla giustizia minorile di Napoli viene analizzato come reato, come una presunta molestia.

Gli imputati sono tre adolescenti, due dei quali fratelli più una loro compagna di scuola. Sono stati accusati di aver ripetuto con cadenza giornaliera il gesto di derisione nei confronti di un’altra compagna di classe: la attendevano fuori scuola, pronunciavano il suo nome a voce alta e facevano una pernacchia. Un gesto inequivocabilmente sgradevole, che i ragazzini non hanno smesso di ripetere dopo essere stati ripresi e invitati a smetterla, tanto da spingere la mamma della ragazzina a denunciarli. Dalla denuncia si è passati al processo, seguendo un lungo iter giudiziario che si è concluso dopo ben cinque pronunciamenti: prima quello del giudice dell’udienza preliminare del Tribunale per i minorenni che ha disposto il rinvio a giudizio dei tre ragazzini sotto accusa, poi quello del Tribunale per i minorenni che ha deciso per il «perdono giudiziale», riconoscendo comunque nel fatto una penale responsabilità.

Quindi si è arrivati in Appello, con una sentenza che ha confermato il perdono giudiziale deciso dai giudici del primo giudizio. Di qui il ricorso alla Corte di Cassazione che ha annullato con rinvio la sentenza, disponendo un nuovo processo in Corte d’appello e ritenendo che il pernacchio non debba essere considerato come una forma di molestia mancando il requisito dell’offensività. Il nuovo processo si è concluso con una sentenza in linea con le conclusioni della Suprema Corte, ultimo e definitivo verdetto che ha dichiarato l’estinzione del reato per irrilevanza penale del fatto. «La questione – ha raccontato all’Ansa l’avvocato Silvio Auriemma, legale di una delle due parti in causa – da un punto di vista professionale porta a un certo grado di soddisfazione, perché si tratta di una questione “filosofica” insita nella cultura napoletana. D’altro canto resta l’amarezza, però, per avere ingolfato il sistema giustizia con una questione quasi bagattellare, seppure foriera di sorrisi».

Avatar photo

Napoletana, laureata in Economia e con un master in Marketing e Comunicazione, è giornalista professionista dal 2007. Per Il Riformista si occupa di giustizia ed economia. Esperta di cronaca nera e giudiziaria ha lavorato nella redazione del quotidiano Cronache di Napoli per poi collaborare con testate nazionali (Il Mattino, Il Sole 24 Ore) e agenzie di stampa (TMNews, Askanews).