Quindi ora l’attenzione passa dalle merci ai servizi? Secondo quanto riferito da Handelsblatt, prestigioso quotidiano economico tedesco, Bruxelles starebbe valutando l’imposizione di dazi sui prodotti venduti da Apple e l’adozione di misure punitive nei confronti dei fornitori di servizi digitali statunitensi. Il sentimento prevalente a Bruxelles è che Trump rispetterà solo una contromisura aggressiva. Annalena Baerbock, in uscita dal ministero degli Esteri tedesco, ha dichiarato che l’Ue potrebbe attivare lo Strumento anti-coercizione (Aci) applicando, per esempio, una tariffa di 10 centesimi per ogni download su un iPhone.

L’Aci è un regolamento comunitario che consente all’Ue di imporre tariffe, limitare il commercio nei servizi, interferire con i diritti di proprietà intellettuale e limitare gli investimenti diretti esteri e gli appalti pubblici. Rappresenta l’equivalente europeo della sezione 232 del Trade Expansion Act del 1962, che conferisce al presidente americano il diritto di imporre dazi sulle importazioni con il pretesto della sicurezza nazionale. Il cambio di focus dai beni ai servizi avrebbe una sua logica, almeno in teoria. Se infatti la Ue registra un avanzo commerciale di 230 miliardi di dollari nei beni scambiati con gli Stati Uniti, nel comparto dei servizi riporta un disavanzo di 115 miliardi di dollari nei servizi, per lo più digitali. Qui l’Ue trova una certa leva.

Rischiamo il KO

Ci sono, però, vari motivi per cui non è consigliabile imbarcarsi in un conflitto con Washington. Il primo riguarda l’unità tra i vari Paesi che l’Unione riuscirà a mantenere, in un conflitto che potrebbe protrarsi almeno per un anno (circa sei mesi prima delle elezioni di midterm). Se da un lato l’incidenza dell’export sul Pil europeo si attesta al 51%, quella statunitense è al 28%. È insomma un luogo comune che in una guerra commerciale nessuno vince: adottando una metafora pugilistica, se Trump si ferisce, noi rischiamo il ko. In secondo luogo, non esistono alternative non statunitensi, non solo agli iPhone, ma anche a iOS e ad Android, sistemi operativi a stelle e strisce. Per quanto riguarda i social, le alternative non americane a X, Facebook, WhatsApp e Instagram si limitano a TikTok e a Telegram – quindi, per la maggior parte degli utenti, non c’è una vera concorrenza. I consumatori americani, ad esempio, possono evitare i dazi sulle auto acquistando modelli nazionali, mentre gli acquirenti di servizi nell’Ue non hanno questa possibilità. Siamo pronti a fare a meno dei servizi americani?

Le contromisure su Twitter X

Come già scritto in precedenza su questo giornale, i colossi americani potrebbero sfuggire ai dazi ubicandosi fuori dalla giurisdizione europea. Se una società come X chiudesse i suoi uffi ci in Europa, trasferendo la sede fi scale negli Usa, cosa potrebbe fare l’Ue? Potrebbe, com’è solita fare Pechino, bloccare fisicamente l’accesso al servizio, ma ciò risulterebbe estremamente impopolare oltre che facilmente aggirabile. X potrebbe subire un calo delle vendite pubblicitarie in Europa, ma la capacità di bloccare i fl ussi globali d’informazioni risulterebbe limitata, poiché gli utenti potranno utilizzare Vpn per aggirare tali restrizioni. Allora cosa dovrebbe fare l’Unione? Innanzitutto bisogna sforzarsi di ragionare con la testa dell’inquilino della Casa Bianca.

Allinearsi, non contrastare

A Trump oggi di trattare – come sostengono alcuni – non importa nulla. Il tycoon aspetta semplicemente di vedere gesti concreti dall’Ue sul riequilibrio della bilancia commerciale, sul riarmo e nei rapporti con Pechino. In sostanza, aspetta che siano gli europei a dirgli: “In che cosa possiamo essere utili?”. Andare adesso a Washington non serve a nulla. Zero. O ci allineiamo agli interessi strategici Usa o li avremo come nemici e subiremo i dazi e varie restrizioni anche nel mercato dei capitali (la giostra è appena iniziata e sarà ancora più dolorosa). Non esistono vie di mezzo per questa amministrazione. È un boccone amaro da digerire, ma non ci sono alternative. Peggio, se l’Ue si mette invece a fare muro contro muro, seguendo la linea francese, aprendo addirittura alla Cina, come anelano anche alcuni rappresentanti politici nostrani, dobbiamo essere pronti a subirne le conseguenze.