La radicalizzazione del conflitto politico annulla le posizioni intermedie
Quegli estremi opposti che soffocano il centro e trasformano la democrazia in tribalismo

Se c’è un elemento che denota in modo inequivocabile ed inconfutabile l’assenza di un centro politico forte e significativo nel nostro paese è quando prevale la strategia, o la deriva, degli “opposti estremismi”.
Certo, la dizione opposti estremismi ricorda una fase cupa e triste della democrazia italiana. Ma, purtroppo, questa deriva ha caratterizzato molte stagioni della storia democratica del nostro paese. Anche, ma in misura meno marcata anche se altrettanto grave, quando governava la Democrazia Cristiana.
Di norma si tratta di fasi in cui prevale la volontà di criminalizzare politicamente l’avversario che nel frattempo diventa solo un nemico da annientare. Prima da delegittimare sotto il versate morale ed etico e poi da distruggere sul versante politico. Una deriva che, come ovvio e persin evidente, indebolisce la qualità della nostra democrazia e, al contempo incrina anche la credibilità e la mission delle stesse istituzioni democratiche. E questo perché la radicalizzazione del conflitto politico oggettivamente annulla le posizioni intermedie e lo trasforma in una perenne rissa. Anche da bar. Come puntualmente sta capitando nei dibattiti – dibattiti si fa per dire, come ovvio – in Parlamento. E, per fermarsi agli ultimi due confronti parlamentari sulla politica estera e sul ruolo dell’Europa, chiunque si è reso platealmente conto di come questa deriva degli opposti estremismi abbia nuovamente preso il sopravvento.
Di fronte ad una sinistra che, come al solito e come da copione, rivendica il monopolio esclusivo di una sempre più misteriosa e singolare superiorità morale ed etica nei confronti di un nemico giurato ed irriducibile, fa da contraltare una destra che stenta a contrapporsi cercando di dettare l’agenda sul terreno culturale e valoriale. Pur sempre nel pieno rispetto del pluralismo politico, culturale e sociale. Ecco perché la cultura della radicalizzazione che non può che generare gli opposti estremismi si può ostacolare, e quindi battere, solo se al contempo riesce a farsi spazio quella che un tempo si chiamava politica di centro. Una politica di centro che non può che essere promossa, declinata e praticata da partiti che sono centristi non solo per declamazione ma anche perché hanno la capacità di saper dispiegare un progetto politico riconducibile a quella cifra. Tutto ciò non significa banale equidistanza dagli estremismi verbali e politici ma, soprattutto, la capacità di mettere in campo una proposta che sappia condizionare il progetto politico complessivo dei rispettivi schieramenti. Tanto nell’alleanza di centro destra quanto in quella della sinistra.
Fuorché, e non è affatto da escludere, da oggi a quando si voterà, non decolli un progetto centrista, riformista e di governo che ha la capacità di scardinare l’attuale assetto e dar vita, al contempo, a nuovi equilibri.
Ma, al di là dell’evoluzione della politica italiana, non possiamo non evidenziare che senza la riscoperta di una vera e credibile politica di centro dovremmo ancora assistere a lungo a quel triste spettacolo che abbiamo registrato in questi ultimi giorni in Parlamento.
Dove ad averla vinta sono solo gli insulti, le contumelie, gli attacchi personali e la voglia di distruggere con tutti i mezzi a disposizione l’avversario/nemico politico. Questa non è democrazia ma tribalismo.
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