E adesso? Quale posizione prenderà il Partito democratico sul referendum sul taglio dei parlamentari? E come si comporterà Stefano Caldoro che contende la poltrona di presidente della Campania a Vincenzo De Luca? A “stanare” i dem e il leader del centrodestra locale è stato proprio il governatore uscente con una delle sue dichiarazioni tranchant. «Il referendum sul taglio dei parlamentari? È solo demagogia. Se l’obiettivo è risparmiare, non paghiamo deputati e senatori e riduciamo la politica al censo», ha detto De Luca alla Fonazione Einaudi: una presa di posizione netta che pone almeno tre ordini di problemi.

Al governatore campano uscente va riconosciuto il merito di aver chiarito la propria posizione in ordine al taglio dei parlamentari sul quale gli elettori dovranno pronunciarsi il 20 e il 21 settembre. Alla trasparenza di De Luca fa da contraltare l’ambiguità di un Pd che, a meno di un mese dal voto, naviga ancora a vista. Lo dimostrano le parole del segretario napoletano Marco Sarracino che ha lasciato libertà di coscienza agli iscritti in attesa che dalla direzione nazionale emergano indicazioni più precise.

Ecco perché le parole di De Luca accrescono il disagio di un partito senza bussola, che sul taglio dei parlamentari ha votato tre volte contro e una volta a favore, pronto a piegarsi ai diktat del Movimento 5 Stelle pur di evitare che il centrodestra torni governo. Sarebbe ora, dunque, che il Pd facesse capire agli italiani da che parte sta. Le esternazioni di De Luca, però, mettono all’angolo anche il suo principale competitor per la guida della Campania.

Stefano Caldoro, infatti, non ha ancora preso posizione sul taglio dei parlamentari. La sensazione è che il leader del centrodestra regionale abbia silenziosamente sposato le tesi dei partiti che lo sostengono. Forza Italia, Fratelli d’Italia e Lega sono favorevoli al taglio dei parlamentari e dichiarazioni di segno diverso, da parte di Caldoro, rappresenterebbero un’anomalia. Eppure l’ex ministro dovrebbe pronunciarsi, anche perché è uno degli esponenti politici più sensibili alla revisione della “impalcatura istituzionale” del nostro Paese. È lui il principale sostenitore del progetto di macroregione meridionale della quale la Campania dovrebbe essere parte integrante. Ragion per cui Caldoro chiarisca: propende per il no, accettando il pericolo di mettersi a ruota di De Luca, o per il sì, finendo per sostenere le tesi del M5S pur di non incrinare i delicati equilibri interni alla sua coalizione? E, in un caso o nell’altro, per quale motivo? La questione più importante, tuttavia, è di carattere istituzionale.

Perché, mentre De Luca si spende per il no, il suo collega emiliano e compagno di partito Stefano Bonaccini sostiene le tesi del sì: «Sono trent’anni che aspettiamo la riduzione del numero dei parlamentari, l’antipolitica cresce quando la politica promette cose che non mantiene», ha detto a Repubblica. De Luca e Bonaccini, dunque, coltivano una diversa idea delle istituzioni. A questo punto, quale concezione dello Stato emerge? Quella di De Luca, secondo il quale il taglio dei parlamentari altera il rapporto tra eletto ed elettori ed è inutile se non seguito da una revisione dei regolamenti che renda più efficace l’azione delle Camere, oppure quella di Bonaccini, secondo il quale una sforbiciata a deputati e senatori è renderà «il Parlamento meno pletorico e le Camere più funzionali nel loro lavoro» ferma restando la necessità di una successiva modifica della legge elettorale? La speranza è che il dibattito sul futuro del Paese non venga sacrificato sull’altare del tatticismo dei partiti.

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Classe 1987, giornalista professionista, ha cominciato a collaborare con diverse testate giornalistiche quando ancora era iscritto alla facoltà di Giurisprudenza dell'università Federico II di Napoli dove si è successivamente laureato. Per undici anni corrispondente del Mattino dalla penisola sorrentina, ha lavorato anche come addetto stampa e social media manager prima di cominciare, nel 2019, la sua esperienza al Riformista.