Antigiustizialismo e politica
Renzi garantista con i genitori, ora lo sia anche con Berlusconi
Chissà se Matteo Renzi, quando alla notizia dell’assoluzione dei genitori ha detto “non auguro a nessuno di vivere ciò che hanno dovuto vivere i miei, non meritavano tanto odio”, ha parlato solo con i sentimenti del figlio o anche con la consapevolezza del politico esperto, quale lui è. Perché la sua affermazione “ha vinto la giustizia, ha perso il giustizialismo” è un programma politico. E indubbiamente il partito di cui oggi l’ex Presidente del consiglio è leader, Italia Viva, è forse l’unico, insieme a Forza Italia, ad avere le idee chiare sui principi che regolano il processo penale e sulla loro applicazione, troppe volte disattesa.
Che cosa fa la differenza tra il grido di un figlio che lamenta le sofferenze ingiuste inferte ai propri genitori e un programma politico sulla giustizia che prenda spunto dal fatto di cronaca che ti tocca da vicino, che incide sulla carne viva dei tuoi familiari, ma poi si allarga al mondo intero? La capacità di fare tue quelle ferite anche quando riguardano altri. Se sei un leader politico, la generosità di mettere il proprio corpo nel cilicio del circo mediatico-giudiziario quando questo colpisce l’avversario. O comunque l’altro da sé. Silvio Berlusconi, per esempio. A questo, Renzi non è ancora arrivato. Ma ha scritto un bellissimo libro, che si chiama Il Mostro, il che, per quelli meno giovani di lui, fa persino venire in mente Pietro Valpreda, accusato ingiustamente di essere l’autore della strage di Piazza Fontana.
Anche Berlusconi, insieme a Marcello Dell’Utri, è indagato per strage, per stragi mafiose addirittura, proprio dalla stessa Procura di Firenze che tanta attenzione sta continuando a dedicare al leader di Italia Viva. E il procuratore aggiunto Luca Turco, citato e stra-citato nel libro, è lo stesso che cerca di stringere il cappio dell’accusa per strage intorno al collo del presidente di Forza Italia. Matteo Renzi sa bene che ci sono almeno due modi di fare una cronaca. Facciamo un esempio. Una persona sta male, viene chiamata un’ambulanza, che arriva dopo venti minuti. Prima cronaca: l’ambulanza ha impiegato “ben” 20 minuti ad arrivare. La seconda: nonostante il traffico, in soli venti minuti la persona che stava male ha avuto assistenza. Le cronache sono state impietose nei confronti di Tiziano Renzi e Laura Bovoli, due perfetti sconosciuti finché quel bambino che avevano messo al mondo, diventato adulto, non arrivò, giovanissimo, a occupare lo scranno di Palazzo Chigi. E lo hanno pagato caro.
Come prima di loro tanti altri, dalle capriole di Mani Pulite in avanti. Capriole in costante violazione delle regole e delle procedure. Capriole del circo mediatico con i suoi saltimbanchi. Le cronache hanno presentato i genitori di Renzi al mondo dell’informazione e della politica come due truffatori che emettevano fatture false. È la vicenda giudiziaria per cui due giorni fa sono stati assolti dalla Corte d’appello di Firenze perché “il fatto non costituisce reato”. Ma sono passati sette anni da quel 2015 in cui la bomba giudiziaria fu fatta esplodere mentre Matteo Renzi era Presidente del consiglio. E benché ieri la notizia sia stata data su molte prime pagine, si capisce bene che, con tutto il rispetto possibile per il peso del leader di un piccolo partito, qualunque notizia giudiziaria, positiva o negativa, che riguardi la sua persona o la sua famiglia, oggi non può somigliare in nessun modo a una bomba, semmai a un piccolo petardo.
Matteo Renzi ha fatto benissimo a scrivere quel libro. Perché ha spiegato ai suoi sostenitori e anche, si spera, agli altri, il secondo modo in cui si può scrivere una storia. Prendiamo a esempio il ruolo del numero due della Procura di Firenze e leggiamo insieme un brano del libero. “Luca Turco inizia a occuparsi della famiglia Renzi solo dopo esser stato nominato procuratore aggiunto di Firenze dal Csm, in quota Magistratura democratica, sulla base di una votazione unitaria il cui regista è, ovviamente, Luca Palamara. Tutte le nomine di quei mesi si fanno solo con il consenso di Palamara”. Stiamo parlando di quello che era al momento il magistrato più potente d’Italia, quello cui telefonavano tutti coloro che ambivano a una promozione di carriera.
Poi seguivano incontri, cene e complotti di quelli che negli ambienti politici finiscono spesso con informazioni di garanzia. Tra magistrati non succede, perché raramente vengono perseguiti dai colleghi, a meno che non si tratti di Palamara, estratto dal cesto come unica mela marcia. Secondo la teoria di Renzi, il dottor Turco avrebbe aspettato di diventare procuratore aggiunto prima di muoversi nei confronti della sua famiglia. Così come il procuratore capo di Firenze Giuseppe Creazzo non si sarebbe scatenato se non dopo aver capito dall’atteggiamento di Palamara, ma anche degli uomini politici di sinistra legati a Renzi, cioè Luca Lotti e Cosimo Ferri, che non sarebbe diventato il numero uno degli inquirenti di Roma.
È da quel momento, si racconta nel libro, che colui che si era sempre mostrato “molto rispettoso, quasi ossequioso” nei confronti del presidente del consiglio, rompe gli indugi e chiede l’arresto di Tiziano Renzi e Laura Bovoli. Certo, il pm chiede e un giudice concede. Ma subito dopo il tribunale del riesame ha scarcerato i genitori dai domiciliari non ravvisando nessuna esigenza cautelare nell’inchiesta. Piccola vendetta, quindi?
Matteo Renzi, ovvero due modi di raccontare le storie. Con meriti e omissioni. Dimenticando nella memoria quel “game over” lanciato a cacciare Berlusconi dal Senato nel 2013, così come l’offerta al procuratore Nicola Gratteri del ruolo di ministro di giustizia. Senza la capacità di immedesimazione in quei cittadini calabresi, come per esempio l’avvocato Giancarlo Pittelli, da lui trattati proprio come altri pubblici ministeri hanno trattato i suoi genitori. Magari nel prossimo libro?
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