Seneca diceva che non esiste vento favorevole per il marinaio che non sa dove andare. Di quegli stessi naviganti, incapaci di tracciare una rotta che li conduca in un porto sicuro, sono piene la politica nazionale e quella regionale. Prova lampante è il dibattito sull’avvio dell’anno scolastico che, soprattutto nelle ultime settimane, ha assunto un carattere surreale. Che gli studenti dovessero tornare tra i banchi, una volta conclusa la fase acuta dell’emergenza Coronavirus, era risaputo. Così com’era prevedibile la confusione sulle modalità che avrebbero dovuto consentire la riapertura degli istituti in sicurezza. I mesi, però, sono trascorsi senza che dal governo nazionale e da quello regionale arrivassero indicazioni precise sul monitoraggio delle condizioni di salute degli alunni e del personale, sul distanziamento in classe e sulle altre misure indispensabili per evitare la diffusione del Coronavirus.

La ministra dell’Istruzione, Lucia Azzolina, si è potuta avvalere della consulenza del fior fiore degli esperti. Eppure non sa che pesci prendere. Prima ha sottolineato la necessità del distanziamento, poi ha fatto dietrofront affermando che a studenti e personale scolastico basterà indossare la mascherina per scongiurare il rischio di ammalarsi di Covid. E poi c’è la questione del termoscanner: secondo il Ministero dovrebbero essere i genitori degli allievi a misurare la temperatura corporea di questi ultimi prima dell’ingresso a scuola. Volendo scomodare Dante e rimanendo in tema di mare, mai come ora, nel nostro Paese, l’istruzione appare come una «nave senza nocchiero in gran tempesta». Si sa che il ministro vorrebbe riaprire gli istituti il 14 settembre, ma non si capisce ancora come. Eppure mancano meno di venti giorni. Non va meglio nelle regioni, a cominciare dalla Campania.

Anche il governatore Vincenzo De Luca sembra aver perso la bussola. In un primo momento, aveva fatto riferimento al 24 settembre come possibile data di riapertura delle scuole. Poi aveva ripiegato sul 14 settembre nel timore che la Campania rimanesse esclusa dalla distribuzione dei banchi monoposto acquistati dal Ministero. Alla fine è tornato sui suoi passi: la Campania non riaprirà le scuole fino a quando non saranno stati sciolti i nodi relativi a screening sul personale, misurazione della temperatura corporea, aule disponibili e trasporto. Non va meglio tra i sindaci, dove pure regna il disaccordo. L’Anci Campania ha chiesto lo slittamento della data di inizio dell’anno scolastico al 24 settembre. Il primo cittadino di Benevento, Clemente Mastella, ha però proposto il primo ottobre, il suo collega avellinese Festa si è detto pronto a bloccare la riapertura delle scuole firmando un’apposita ordinanza.

La ciliegina sulla torta l’ha messa Luigi de Magistris, sindaco di Napoli e numero due dell’Anci nazionale, che si è detto contrario al rinvio dell’apertura dell’anno scolastico per poi prendersela con governo nazionale e regionale: «Le elezioni potevano essere fissate in altra data e non in concomitanza con la riapertura delle scuole, ora se ne assumessero la responsabilità». Quasi a dire: avete combinato un pasticcio, adesso sbrigatevela voi. Che cosa induce a pensare tutto ciò? Che a Italia e Campania manca una classe dirigente capace di assumersi le responsabilità, cioè di tracciare e di seguire una rotta chiara, sicura, definitiva. Tutti navigano a vista, spesso dimenticando quale sia la meta, e all’occorrenza non fanno altro che scaricare la responsabilità di certi naufragi. Così non si va molto lontano. E si corre il rischio che, con l’istruzione e l’economia, affondi l’intero sistema-Paese.

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Classe 1987, giornalista professionista, ha cominciato a collaborare con diverse testate giornalistiche quando ancora era iscritto alla facoltà di Giurisprudenza dell'università Federico II di Napoli dove si è successivamente laureato. Per undici anni corrispondente del Mattino dalla penisola sorrentina, ha lavorato anche come addetto stampa e social media manager prima di cominciare, nel 2019, la sua esperienza al Riformista.