Non è chiaro quando la delega per la riforma fiscale approderà nel Consiglio dei Ministri, dopo che il Premier Mario Draghi ha escluso che ciò possa avvenire nella settimana prossima e forse anche nella successiva. Già, però, si prospetta una gradualità dell’entrata in vigore del progetto di revisione, stando a ciò che si è capito e se ne è dedotto dalle parole del Ministro dell’economia Daniele Franco.

Si tratta di verificare se la delega manterrà l’organicità, molto strombazzata, della rivisitazione (anche se, per la verità si tratta di una limitata organicità), prevedendosi una delega comprensiva di tutte le misure che si intendono adottare, anche se scaglionate nel tempo oppure se si opterà per deleghe a “tranches”, in quest’ultimo caso, però, correndo il rischio di mettere in ombra il quadro d’insieme. Quanto ai contenuti, Franco ha dichiarato che non sarà possibile una riforma in deficit, donde l’accennata limitazione delle misure da varare, anche se, finora, non esiste una stima ufficiale del “costo” della revisione, dopo lo sbandieramento di una non motivata cifra di 50 miliardi, mentre stime più equilibrate e realistiche si aggirano sui 20 miliardi ( ma occorre capire a fronte di quali misure).

Gli interventi riguarderebbero il superamento dell’Irap, la razionalizzazione del numero delle aliquote dell’Iva, lo snellimento, la semplificazione e la codificazione delle normative tributarie. Si prevedrebbe anche un intervento, per aumentare il tasso di occupazione, sul cuneo fiscale e, in generale, sulla tassazione del lavoro per ridurne il peso. Quanto ciò sia legato alla revisione complessiva dell’Irpef (finora si è parlato solo dell’aliquota relativa ai redditi da 28 mila a 55 mila) è da vedere ancora. Misure sarebbero adottate contro l’evasione e l’elusione. Si includerebbe negli interventi, come se si trattasse di abrogare una norma già vigente, l’esclusione della patrimoniale (anche se imposte patrimoniali già esistono nel nostro ordinamento). Va ricordato che nel Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr) si scrive che la riforma fiscale è parte integrante della ripresa che si intende innescare: un’espressione, quest’ultima, bilanciata dall’affermazione del Ministro dell’economia secondo il quale, per abbassare la pressione fiscale in maniera strutturale occorre contemporaneamente agire per ridurre il peso della spesa pubblica sul Pil. Ecco, dunque, il cuore del problema, innanzitutto politico, riguardante chi da questo contestuale agire sull’entrata e sulla spesa trae vantaggio e chi no, come si realizza la redistribuzione, come si corrisponde alle finalità più volte dichiarate di attuare concretamente una corretta visione della progressività, ma anche dell’equità. A poco a poco, in effetti, ci stiamo allontanando, nella progettazione della revisione, dai grandi interventi del passato, dalla riforma Vanoni degli anni cinquanta del secolo scorso, alla riforma Visentini-Cosciani degli iniziali anni settanta, soprattutto quest’ultima un esempio di organicità.

Il contesto dell’oggi è enormemente diverso e l’Unione in materia ha un ruolo (si pensi all’Iva) inesistente all’epoca di quelle riforme. Sarebbe comunque inaccettabile se, per arrivare comunque al varo della riforma, questa, a poco a poco, venisse ridimensionata e approdasse a una “riformina”, come nel caso del sarto che da un vestito che doveva cucire arrivò, a colpi di tagli, a sfornare una “coppola di notte”. E ciò anche se si volesse operare espunzioni bilanciate dalle proposte, per una parte e per l’altra, della maggioranza: per esempio, riguardanti, da un lato, l’imposta di successione e, dall’altro, i riferimenti alla tassa piatta. In ogni caso, sui tempi e sul confezionamento della delega occorrono chiarimenti: non si può rimanere nell’indeterminatezza per una delle fondamentali riforme del Pnrr, anche con riferimento ai principi e criteri direttivi che la legge deve indicare. Saranno dettagliate le misure da assumere o si indicheranno solo in generale, scaturendone una certa flessibilità nell’esercizio della stessa delega con i decreti delegati? Insomma, la riforma del fisco ha finalità fondamentali che devono essere evidenziate proponendo coerenti soluzioni concrete. Non si può aspirare ai raccordi, tra politica economica e di finanza pubblica con l’azione di politica monetaria e, poi, proporre una revisione solo parziale, se così sarà alla fine.