Ieri pomeriggio il plenum del Consiglio Superiore della Magistratura ha approvato due pareri concernenti la riforma della giustizia penale, frutto della mediazione della Ministra Cartabia con i partiti di maggioranza. Dunque sono arrivati in tempo utile per l’imminente approdo in Aula del testo governativo. Bocciata l’improcedibilità, fulcro della riforma per raggiungere l’obiettivo europeo della ragionevole durata dei processi, ma anche i criteri di priorità dell’azione penale affidati al Parlamento sono stati fortemente stigmatizzati all’interno di un documento redatto in 200 pagine che analizza tutti gli emendamenti governativi.

La prima parte è dedicata appunto all’improcedibilità che determinerebbe «l’irrazionalità complessiva del sistema». E «rilevanti e drammatiche potrebbero essere le ricadute pratiche» delle nuove norme «in ragione della situazione di criticità di molte delle Corti D’Appello italiane». Questo primo parere, elaborato dalla sesta commissione del Csm, è stato approvato ieri dal Plenum a maggioranza, con 16 voti a favore, 3 voti contrari (quelli dei laici della Lega Emanuele Basile e di Fi Alessio Lanzi e della togata di Mi Maria Tiziana Balduini), e 4 astensioni (il laico della Lega Emanuele Cavanna e i togati di Mi Loredana Micciché, Paola Braggion e Antonio D’Amato).

La maggiore criticità del nuovo istituto riguarda la dubbia compatibilità del rimedio con il principio di obbligatorietà dell’azione penale: «La dichiarazione di improcedibilità implica una ingiustificata e irrazionale rinuncia dello Stato al dovere di accertamento dei fatti e delle eventuali responsabilità sul piano penale, rispetto ad un reato certamente non estinto». Illustrando il parere, il presidente della sesta commissione, il laico M5S Fulvio Gigliotti, ha segnalato «l’insostenibilità pratica» della riforma che comporterebbe, «in numerosi distretti giudiziari, l’impossibilità di portare a conclusione un gran numero di processi».

«Nessuno pensa che un processo debba durare 10/15 anni. E tutti siamo consapevoli del fatto che l’Europa ci chiede di ridurre i tempi di durata dei giudizi. Ma la soluzione non può certo essere quella proposta dal governo», ha aggiunto il togato di Area Giuseppe Cascini. L’improcedibilità «rischia di determinare la morte di migliaia di processi in appello e in Cassazione, e dunque una rinuncia dello Stato a perseguire i reati». Un argomento quest’ultimo portato avanti anche da molti magistrati fuori dal Csm, ma senza mai fornire dati precisi su quanti e quali processi potrebbero finire sotto la tagliola dell’improcedibilità. A metà pomeriggio con 17 voti a favore, uno contrario e tre astensioni il plenum ha approvato anche il secondo parere concernente tutto il resto della riforma. Le maggiori critiche riguardano la norma che affida al Parlamento i criteri generali di priorità dell’esercizio dell’azione penale atti ad orientare l’azione delle Procure. Secondo i consiglieri è in «possibile contrasto con l’attuale assetto dei rapporti tra i poteri dello Stato». E l’individuazione dei reati da perseguire «rispecchierà, inevitabilmente e fisiologicamente, le maggioranze politiche del momento».