Guerre, aggressione della barbarie islamista alla nostra civiltà, riacutizzarsi dello scontro tra parte della magistratura e politica, recrudescenze pauperistiche. Non è tempo per idee deboli o cerchiobottismi.

Per questo Il Riformista aderisce convintamente alla manifestazione di martedì prossimo, 5 dicembre, a Roma, indetta dalla Comunità Ebraica, per gridare con tanti – si spera – di voi, che il tentativo di spacciare per resistenza quel che è tragicamente terrorismo venato di antisemitismo (lo stesso da cui scappò Henry Kissinger, nato nella Germania nazista e morto ieri in America, sua libertaria, salvifica patria), è penoso e criminale.

Per questo, pur ospitando oggi nel paginone centrale un confronto tra idee opposte, credo che Delmastro faccia bene a non dimettersi. Perché essere indagati, o anche rinviati a giudizio, non significa niente, se non che si aprirà un processo in cui accusa e difesa caleranno le loro carte e un giudice, si spera davvero terzo, deciderà se ci siano elementi di colpevolezza o meno. Bisogna avere il rispetto, costituzionale, di attendere.

Qualche cattivo maestro, sempre giudice di comportamenti altrui ma avvocato dei propri, ha costruito una morale per cui un avviso di garanzia è una condanna anticipata con annessa gogna pubblica, e un’indagine certezza di opacità anziché dubbio da dipanare.

Il tutto, con grande comodità e piacere di giornali e televisioni che lavorando assai poco, agitano un potere incredibile su consensi e reputazioni altrui. A costoro non basta nemmeno la fallacità di una magistratura che ogni giorno, tre volte al giorno, dunque ogni 8 ore, arresta ingiustamente uno di noi, uno di voi, che poi verrà assolto, dopo esser stato sputtanato, trattato come un appestato, aver visto in pericolo la propria famiglia, il proprio lavoro, quello dei suoi dipendenti, se ne ha.

Quando un cittadino incontra un magistrato che sbaglia, quel cittadino rischia di essere un uomo morto. In questa logica, tornando a Delmastro, le dimissioni hanno il sapore di una ammissione di responsabilità. Un ottimo carburante per i forcaioli di questa nazione, resi ottusi dal pregiudizio più forte della ragione evidente per cui ogni inchiesta roboante degli ultimi anni è finita in niente, travolgendo vite e carriere (Berlusconi, Renzi, Mori e tanti altri).

Per questi motivi, che è anche il nome dell’inserto a firma di Gian Domenico Caiazza che da sabato 9 ospiteremo come allegato, domani ci ritroviamo a Napoli. Per confrontarci tra persone diverse su quanto sia fondamentale recuperare il nostro comune dna di garantisti (o aderirvi, visto che in Italia grande tradizione al riguardo non c’è) e di riformisti, cioè di italiani che credono che la politica si debba confrontare su come cambiare l’Italia per migliorarla tramite riforme decise e profonde, che annullino o quasi il vero spread di cui soffre l’Italia: quello tra le sue enormi potenzialità, e un ben più scarso atto in cui le traduce. Con pena di tutti e privilegio di troppo pochi.