Negli ultimi quindici giorni è stata significativa la presenza delle nostre massime cariche dello Stato al Parlamento di Bruxelles; il capo dello Stato Mattarella e il presidente del consiglio Mario Draghi hanno tenuto due discorsi importanti ed impegnativi sui compiti e gli impegni europei di fronte agli sconvolgimenti in atto, conseguenze della guerra che si sta combattendo ai confini del nostro continente. Perentoria la condanna di Mattarella nei confronti della Russia che a suo dire avrebbe scelto di “mettersi fuori dalle regole”.

Altrettanto perentorio Draghi nel sostenere la necessità di convocare una Conferenza della Ue sulla spesa militare e il progetto di un esercito comune: «Noi spendiamo tre volte più della Russia, ma abbiamo 146 sistemi di difesa diversi, gli Stati Uniti ne hanno 34, è una distribuzione altamente inefficiente, una Conferenza avrebbe il compito in primo luogo di razionalizzare e ottimizzare gli investimenti». Ribadendo altresì che: «In una guerra di aggressione non può esistere un’equivalenza fra chi invade e chi resiste, proteggere gli ucraini significa proteggere noi stessi e il progetto di sicurezza e democrazia costruito negli ultimi 70 anni». C’é una comune sensibilità nel voler difendere lo Stato del Diritto Internazionale, le conquiste di libertà e le esigenze di cooperazione continentale in uno sforzo di adeguamento degli strumenti politici ed anche militari dell’Unione.

Ma perché questi sforzi possano essere compiuti al di là dei solenni pronunciamenti, Mario Draghi, che ben conosce i farraginosi meccanismi della burocrazia europea, spinge affinché “l’Europa sia capace di decidere in modo tempestivo e in forme  più credibili di fronte ai suoi cittadini e di fronte al mondo”. Per questa ragione la costruzione di una difesa comune deve accompagnarsi a una politica estera unitaria e a meccanismi decisionali efficaci: «Dobbiamo superare il principio dell’unanimità, da cui origina una logica intergovernativa fatta di veti incrociati, e muoverci verso decisioni prese a maggioranza qualificata”. Si tratta a questo punto di arrivare ad una condizione, sollecitata da anni e da più settori della politica europea, che è quella di una Revisione dei Trattati tale da poter consentire all’Unione di poter decidere a  “maggioranza qualificata” superando la logica intergovernativa e soprattutto rimuovendo la tagliola dei veti incrociati che è quella che ha reso l’Europa, come spesso si è detto, una sorta di gigante dai piedi di argilla.

Una svolta. D’altronde la fuoriuscita dai processi di globalizzazione accelerata dall’offensiva che la Russia da una parte e la Cina dall’altra hanno portato all’Unione Europea, costringono la stessa a correre ai ripari con una risposta politica di alto profilo, con un’accelerazione che sia possibile e compatibile con le volontà espresse in questo frangente dai governi membri guidati, tranne che nel caso ungherese e polacco, da esecutivi che credono nell’Europa ma ne colgono tutti i limiti ed i ritardi.
Nello stesso rapporto con gli Stati Uniti si sottolinea come un’Unione Europea più forte ed autonoma rilancia le ragioni dell’Alleanza e non mettono in condizione la stessa NATO di assumere la guida militare e quindi politica dell’Unione. Per questo la guerra in Ucraina riorienta, senza cancellare i principi di fondo che sorreggono l’Unione Europea, la politica degli Stati verso assunzioni di responsabilità consapevoli.

È una grande sfida che oppone lo spirito costituente europeo del dopoguerra al perseguimento di un nuovo disordine fondato sull’isolazionismo sovranista del neo nazionalismo che porta allo scontro, prima economico e poi inevitabilmente militare. É la lezione che sembra abbiano appreso gli uomini come Draghi e Mattarella che rivendicano la cultura  dei cristiano democratici europei (non a caso Mattarella e Draghi citano Shumann e Angela Merkel) che hanno tenuto, come gli stessi socialisti, fede ai valori di fondo che hanno costruito l’Unità Europea, al fine di prevenire i conflitti e di accrescere la capacità economica per fronteggiare le sfide del futuro.