Lascia la sala operatoria durante un delicato intervento chirurgico per l’asportazione di un tumore, getta via camice, cuffie e mascherina e si precipita all’esterno del padiglione 5 per andare a recuperare le sacche di sangue trasportate in un’auto bloccata nel traffico del Policlinico Federico II di Napoli. Lui si chiama Dante Dino Di Domenico, giovane urologo napoletano nato nel quartiere Pianura, e la sua impresa è stata raccontata oggi, giovedì 21 novembre, sulle pagine del Corriere del Mezzogiorno.

La corsa disperata verso le sacche di sangue presenti nell’auto guidata da un operatore sanitario (bloccato nel traffico a causa del maltempo che da settimane flagella la città), il ritorno verso il padiglione 5 del Policlinico dove ad attenderlo all’ingresso c’erano i colleghi, pronti a ricevere le sacche e a ritornare in sala operatoria per non compromettere l’intervento. Azioni che hanno ottenuto il risultato sperato dopo circa 9 ore.  “L’altro ieri – racconta Dante Dino Di Domenico al Cormezz – abbiamo asportato un grosso tumore alla vescica ad un uomo di circa 60 anni, cirrotico e con epatite, affetto anche da un grosso laparocele e da bronchite cronica. Altrove avevano preferito non operarlo, essendoci forti rischi di complicanze durante l’intervento. Con quel tumore, però, aveva un’ aspettativa di vita di pochi mesi”.

Tre le équipe in campo, una di urologi capitanata dal professore Prezioso, una di chirurghi generali con la regia del professore Sodo ed una di anestesisti coordinata da Ornella De Santis. “Siamo entrati in camera operatoria alle 7.30 del mattino – racconta Di Domenico – e siamo usciti alle 16.30. Nel primo pomeriggio, ad operazione in corso, aspettavamo il sangue per una trasfusione, ma le sacche non arrivavano e non capivamo perché. Mi sono spogliato ed ho detto che sarei andato a prenderle a piedi. Quando sono uscito sul viale del Policlinico ho visto una scena apocalittica. Un unico tappeto di auto ferme. Non si avanzava di un metro. Era come un grande parcheggio. Ho camminato sotto il diluvio in cerca dell’auto con il sangue. Era ovviamente bloccata anch’essa, impossibilitata a percorrere il tragitto dall’edificio della banca del sangue a quello dove era in corso l’operazione chirurgica. Ho preso le sacche e sono tornato bagnato fradicio in sala operatoria». Terminato l’intervento c’è stato un secondo problema provocato dal maxi ingorgo.

“Bisognava caricare il paziente in ambulanza – riferisce Di Domenico – per trasferirlo dall’ edificio 5 all’edificio 7, dove c’è la terapia intensiva. Una precauzione necessaria per un uomo in condizioni generali critiche. L’ambulanza non arrivava, era anch’essa paralizzata nel traffico. Abbiamo caricato il paziente appena operato in barella e a piedi lo abbiamo portato all’edificio 7. Siamo passati attraverso i sotterranei, dove sono i locali delle caldaie”.

“Spiace – conclude – dover parlare di tutto ciò piuttosto che del successo di un intervento difficilissimo che si spera possa allungare l’aspettativa e la qualità di vita di un signore di poco più di 60 anni. Non parlarne, però, sarebbe una omissione. Probabilmente servirebbe un controllo più attento per verificare che davvero tutte le auto che entrano al Policlinico ogni giorno siano titolate a farlo. O, forse, bisognerebbe migliorare il piano di viabilità interna”.

IL PREMIO AD OTTOBRE – A inizio ottobre nel corso della quinta Edizione del Congresso Europeo sulla Calcolosi Urinaria (Eulis), quattro giovani urologi campani della scuola di Urologia della Federico II di Napoli (diretta dal professore Vincenzo Mirone) riuscirono ad emergere tra i big italiani ed europei. Tra questi c’era anche Di Domenico, insignito insieme a De Luca, De Pascale e Evangelista del premio “CLU Best Poster Award” dopo un brillante studio sull’associazione tra Osteoporosi e Calcolosi urinaria condotto un consistente numero di pazienti: ben 10mila.

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