È che non si può avere sempre Saturno contro. Una sfilza di eventi avversi da far impallidire anche i meno superstiziosi, e tutti conseguenti a un maledetto pomeriggio estivo trascorso in uno stabilimento balneare: il Papeete, sette agosto del 2019. Una data nefasta che se ne porta dietro altre, non meno dolorose: la perdita del governo, il tracollo elettorale, l’arrivo a Palazzo Chigi della “bestia nera” per eccellenza, quella che aveva lucrato durante la stagione di Super Mario. Ora nell’indifferenza generale, senza l’asfissiante presenza delle telecamere in via Bellerio, quasi per miracolo, (d’altra parte l’astrologia è stravagante per definizione) la congiuntura di Matteo Salvini pare essere completamente cambiata. Almeno dalle europee, dove il leader della Lega è riuscito a smentire le previsioni che lo davano in caduta libera e ad attestarsi a un 8,9% (ovvero senza arretramenti rispetto alle politiche del 2022), che gli ha consentito di portare a Bruxelles 8 eurodeputati, esattamente come Forza Italia.

Il Capitano e il buon vento

Da un mese il Capitano ha sentito di avere buon vento e ha ripreso a fare quello che gli viene meglio (“do you remember” Conte?): far mancare la terra sotto i piedi al suo alleato di governo. Allora lo “sconosciuto” avvocato del popolo, oggi colei che gli sottrasse lo scettro del comando nel momento della caduta libera: Giorgia Meloni. Così in Parlamento è ripresa con maggiore intensità la guerriglia: su ogni provvedimento in commissione e in Aula c’è un emendamento del Carroccio che ha l’esatta funzione di rompere le uova nel paniere. Il metodo è quello di far saltare i nervi ai colonnelli di Fratelli d’Italia, di sottoporli a estenuanti mediazioni in pubblico, davanti ai taccuini affamati di retroscena dei cronisti, summit che puntualmente finiscono con una telefonata a Palazzo Chigi. Giorgia, costretta a fare l’amministratrice di un condominio sempre più rissoso, e a trovare un punto di equilibrio, con quello che in Transatlantico, i suoi, ormai chiamano il “matto”. Insomma, il clima più favorevole per un leader politico che si eccita quando riesce a essere insultato come un arbitro: il pericolo pubblico numero uno per la Presidente del Consiglio. E una strategia che prevede due piazze di esecuzione: Roma, per l’appunto, e Bruxelles, affinché sia davvero una “guerra” totale all’alleata di governo.

Il nuovo varco di Salvini

La partita europea di Matteo, da certi punti di vista, è ancora più esaltante almeno per il suo ego. Il Capitano intravede un varco nella decisione del premier ungherese Viktor Orbán di non affiancarsi ai conservatori, come nella vigilia tutto lasciava credere, e ci si infila alla grande. Nasce così un nuovo gruppo della destra sovranista, che riesce a sottrarre a Fratelli d’Italia un piccolo gioiello, Vox, la formazione spagnola, dove Giorgia compose la sua “hit” più famosa: “Yo soy Giorgia, soy una mujer, soy una madre, soy italiana, soy cristiana”. I Patrioti hanno su scala europea la stessa funzione che hanno in Parlamento i capigruppo Romeo e Molinari: assillare la presidente del Consiglio, inseguirla, braccarla, trasformare ogni suo movimento in un campo di battaglia.

Lui decide, lei insegue

Così, nel giorno in cui prendono forma i destini di Ursula von der Leyen e di Giorgia Meloni, il “matto” pensa di aver vinto in ogni caso. Nel caso in cui Fratelli d’Italia decida di non seguire la presidente tedesca che si ostina a insistere sul Green Deal (e magari a intercettare i voti dei Verdi), il leader della Lega potrà a buon diritto vantare di aver ribaltato i ruoli stabiliti inequivocabilmente nel 2022: stavolta lui decide, lei insegue. Ora in Europa, domani negli Stati Uniti, se a vincere sarà Donald Trump. E chissà cosa potrebbe succedere alla lunga nella Capitale, Fazzolari non potrà rattoppare all’infinito.
Un “win win” valido a maggior ragione se oggi a Strasburgo la presidente del Consiglio dovesse cedere alle lusinghe della “tedesca”, e votare sì al suo secondo mandato. Per Salvini sarebbe la prova provata che l’infida alleata ha scelto il campo degli avversari, quello dell’eurocrazia, lasciandogli la totale libertà di tornare a essere il protagonista assoluto del sovranismo in salsa nazionale, il primo trumpiano d’Italia. Che probabilmente vorrebbe dire anche mesi contati per il governo, con i parlamentari della Lega sempre più incitati a dare battaglia.

Non a caso, il ministro dei Trasporti ieri ha risposto così ai giornalisti: “Nessun appello al voto alla Meloni, ognuno è libero di scegliere in base alla sua sensibilità”. In pratica una carezza in un pugno.
Superate le insidie dell’agenda politica, Matteo Salvini deve comunque fare i conti con il suo vero “nemico”. Un omonimo, stessa età e stesso mestiere, in pratica l’ombra che segue costantemente il leader della Lega, quella che attira da sempre l’avversione di Saturno, il gemello sbruffone, quello che sbaglia tutte le previsioni, che riesce a cadere rovinosamente anche nei percorsi più agevoli. Il vero nemico di Salvini, è sempre dietro l’angolo.

Aldo Rosati

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