Il fallito attentato a Trump porta tutto alle estreme conseguenze, ma serve comunque a dare il senso dell’estrema radicalizzazione a cui è arrivata la lotta politica negli USA e non solo lì.
L’attentato a Trump è deprecabile da tutti i punti di vista, ma è l’espressione di una situazione da tempo insostenibile. Infatti, quando perse le elezioni nel 2020, Trump non riconobbe i risultati e tentò un colpo di Stato fallito solo perché il vicepresidente Pence – a rischio della sua vita – si rifiutò di seguirlo in quell’avventura. Se lo avesse seguito, gli USA si sarebbero trovati già allora in piena guerra civile. Ciò non è bastato. Trump ha a tal punto violentato il Partito repubblicano che non solo viene ricandidato, ma ha anche commesso una serie di crimini e parte di essi viene coperta addirittura dall’Alta Corte di Giustizia. Sempre Trump, facendo leva sulla sua impunità, ha già proclamato che se vincerà le elezioni farà le sue vendette e cambierà il regime politico degli USA nel senso di renderlo una democratura. Quindi l’attentato a Trump avviene in questo contesto ma le cose non si fermano qui, perché c’è un retroterra internazionale ancor più pericoloso e che viene esibito in modo addirittura provocatorio. È emersa una catena composta da Orbán, da Erdoğan, da “mezza Le Pen”, dai patrioti fino a Salvini che anzi esibisce i suoi rapporti ripromettendosi di farli valere in pieno dopo le elezioni americane.

L’altro versante

Sull’altro versante c’è’ un arco assai vasto ed eterogeneo di forze che però ritiene che la quintessenza della difesa dell’Occidente oggi consiste nella tutela della Ucraina, che è il punto fondamentale per evitare che nel futuro la Russia dilaghi in Europa avendo il sostegno della Cina e dell’Iran. Questa alternativa attraversa in Italia i tradizionali schieramenti di centrodestra e di centrosinistra. Anzi, stiamo diventando uno degli epicentri di questa divisione. Finora Giorgia Meloni con Fratelli d’Italia e Antonio Tajani con Forza Italia hanno collocato il nostro paese nello schieramento europeista e atlantista anche al di là di memorie storiche che una parte della sinistra ha pensato di poter ossessivamente evocare, anche perché così evita di pagare dazio su altri temi. Vista la posizione assai chiara assunta da Salvini, che non a caso ha fatto eleggere Vannacci, è evidente che su questo nodo decisivo della politica estera allo stato Meloni e il leader della Lega sono su posizioni opposte: se in questa cosiddetta Terza Repubblica si procedesse come ai tempi della Prima, il governo sarebbe già in crisi. Ma le cose sono ancora più complicate.

Le recriminazioni sono finite

Sull’altro versante Conte, il M5S e il Fatto – con un linguaggio diverso – sono sulle stesse posizioni filoputiniste di Salvini, mentre un’area di ambiguità (per non dire peggio) riguarda Fratoianni, Bonelli e un pezzo del Pd, compresa la sua segretaria che non a caso ha portato in Parlamento Cecilia Strada (una neutralista di fatto a favore di Hamas e contro l’Ucraina) e quel Tarquinio che – in una situazione dominata dall’aggressività militare di Putin, dell’Iran, di Hamas, e degli Hezbollah – per non farsi mancare nulla sostiene lo scioglimento della Nato. Allora in una situazione di questo tipo è decisiva l’esistenza di forze che, essendo autenticamente riformiste, sono anche europeiste, atlantiste, schierate a sostegno dell’Ucraina e contro Hamas.
Fino a oggi Giorgia Meloni e il suo partito, Tajani e Forza Italia hanno tenuto fermo il punto. Nel Pd Bonaccini se esiste batta un colpo. Ma nel contempo esiste un’area riformista i cui esponenti hanno dimostrato la loro forza elettorale anche nelle recenti amministrative. In un contesto di questo tipo purtroppo possiamo misurare la follia commessa da chi ha buttato dalla finestra l’8% dei voti del Terzo Polo.

Ma, arrivati a questo punto, le recriminazioni sono finite e le varie componenti del Terzo Polo si trovano di fronte a questa alternativa: o si riaggregano come un’autonoma forza riformista o decidono di fare i centrini rispetto a un campo largo che sul terreno decisivo della politica estera sarebbe la quintessenza della ambiguità e dell’opportunismo, ovviamente utilizzando il pacifismo come copertura. Finora alcuni hanno fatto di tutto per credere o far credere che in Italia si potesse vivere in una perenne condizione di Scherzi A Parte. Purtroppo, come diceva un noto personaggio, i fatti hanno la testa dura. E i pagliacci rischiano di rompersi la testa contro di essi.