"Per educare serve un villaggio intero"
Scholas Occurrentes, l’intuizione 22 anni fa di Papa Francesco per dare più senso ed ascolto a un mondo frammentario

“Per educare serve un villaggio intero”. Era il 10 maggio 2014 e Papa Francesco incontra il mondo della scuola. In quella frase che ricorda un proverbio africano c’è tutta l’essenza e il significato del fatto che i più giovani hanno bisogno non solo di nozioni, formule e valutazioni ma di adulti che li accompagnino alla scoperta di significato, di senso della vita. E in quella frase c’è anche il richiamo a tutti noi che questo non è soltanto un compito della scuola e degli insegnanti, ma di tutti. La storia che raccontiamo oggi penso sia il racconto di ciò che ha portato a quella frase e ciò che tutt’ora accade.
“Scholas Occurrentes” è un’organizzazione di Diritto pontificio dal 2015, ma è nata a Buenos Aires nel 2001 per volontà dell’allora cardinale Jorge Mario Bergoglio. Oggi coinvolge 450mila realtà educative in 190 Paesi, con lo scopo di promuovere un’educazione all’apertura, all’ascolto, per mettere insieme realtà frammentate di un mondo sempre più privo di “senso”. Tutto questo cerca di farlo attraverso percorsi educativi per “iniziare a creare una nuova cultura dell’incontro”, come scrive e racconta in tante occasioni José Maria Del Corral, fondatore – con Enrique Palmeyro – Scholas Occurrentes, di cui è anche Presidente. Educare attraverso l’incontro con altre persone è sempre stata una grande preoccupazione di Papa Francesco.
Buenos Aires, 2001, era epicentro di una grande crisi economica e sociale. In questo contesto Francesco chiese a Josè Maria e a pochi altri: “Cosa puoi fare tu?”. Da quella domanda diretta e personale nasce l’idea di un incontro con studenti delle scuole, rispondono in una sessantina di varie religioni, scuole pubbliche e private, vari quartieri di Buenos Aires e classi sociali diverse. Lavorano insieme, facendo ricerche e studiando la situazione. Dall’ascolto poco dopo uscì che come più grande problema i ragazzi sentivano l’esigenza di un sistema educativo che potesse essere veramente di aiuto. È stato un percorso che è arrivato al punto di presentare un progetto di legge per dare spazio all’educazione, all’incontro e al dialogo. La città di Buenos Aires vota così la legge 2169, “Buenos Aires città educativa” e lo fa all’unanimità.
Poi Francesco arriva a Roma, improvvisamente. Nella prima Messa da Papa, nei posti riservati solitamente ai membri della famiglia, si siedono una persona vestita di bianco e un “cartonero”. Una scelta precisa e un segnale chiaro. La veste bianca con un grembiule è la divisa degli insegnanti in Argentina e il posto viene occupato da José María de Corral, l’altro era un cartonero (chi raccoglie il cartone per venderlo) una figura emblematica della crisi economica. Cambia il luogo, la geografia, ma non il senso e l’esigenza di aiutare i ragazzi a scoprire il senso (il sentido) della vita. Così Papa Francesco lancia l’idea globale di Scholas e lo fa il 15 agosto 2013 con una partita di calcio, Italia-Argentina. Due anni dopo, il 15 agosto 2015, Papa Francesco firma il primo chirografo lanciando Scholas Occurrentes come Fondazione Pontificia e nel maggio del 2022 come associazione privata di fedeli a carattere internazionale.
Ci racconta Maria Paz Jurado, coordinatrice internazionale della Fondazione Scholas Occurrentes: “Sono rimasta colpita una volta ad un incontro e da allora non mi sono più staccata da questa esperienza”. In Paraguay, in un quartiere disagiato, “bagnado norde” e il nome esprime bene le difficoltà ambientale ogni volta che piove, nasce un dialogo che prosegue con gli educatori di Scholas. “Ricordo – racconta Maria Paz – l’esperienza di un uomo con tutta da lavoro che ha ascoltato tutta l’assemblea per cinque ore per poi chiedere di parlare. Si è alzato e ha detto: ho preso ferie – perdendo quindi una giornata di stipendio – perché voglio ringraziarvi del lavoro che state facendo, perché mio figlio è un altro”. Ad Haiti, paese flagellato dove in tanti vanno via, rinunciano, anche ad aiutare, Scholas c’è. In Messico e Mozambico hanno creato delle scuole di “surf e filosofia, si parte da una passione fortissima dei giovani per poi sfidarli sulle loro domande, se non ci sono le onde – che è la loro passione – non c’è più senso nella vita? E poi ancora Giappone, Iraq, Israele e Palestina.
Paesi anche molto diversi ma progetti che hanno lo stesso intento ovvero quello di mettere insieme giovani aiutarli ad esprimersi, accompagnandoli nel loro percorso. In Italia è nato un gemellaggio tra Buenos Aires e Napoli con il “progetto città educativa” insieme a quattro università, si aiutano i ragazzi che studiano per diventare educatori. “Alla fine di un percorso di attività nelle scuole a Napoli – ci racconta Maria – ci accorgiamo di una bambina sulle scale che piangeva, gli ho chiesto il perché e mi ha detto: piango perché mi sono accorta che oggi è l’ultimo giorno”. Ma gli episodi che ci aiutano a capire dell’utilità di questi percorsi in cui tutti siamo coinvolti sono tanti, nella sede a Roma di Scholas hanno avuto la bella idea di incollare alcuni biglietti in cui i ragazzi esprimono ciò che sentono e la parete ben presto non ha più uno spazio libero. E tanti sono i racconti, come quello di Nunzia che ha fatto una testimonianza che rispecchia il pensiero di tanti: sono cambiata, prima era bisognosa di aiuto, adesso dopo questo percorso, voglio aiutare io, voglio diventare io educatrice. Il cambiamento inizia da me ed è “contagioso”. A volte non si ha la risposta pronta e anche gli educatori rimangono spiazzati, è normale, succede. Come il biglietto di un ragazzo, genitori in carcere, e scrive la sua paura: sto con i nonni e ho paura che se muoiono, rimarrò solo. Ma l’esprimersi, il raccontare, aiuta e ci coinvolge tutti. Agosto per Scholas è sempre un mese fondamentale e anche il 2023 porta una novità. Il 15 agosto 2023 il Papa ha creato l’università del “sendido”, del “senso”, università della Città del Vaticano, non cattolica o privata. Università per tutti. In un momento di crisi dell’umanità, tra pandemia, guerre, mancanza di significato, voglio affidare a Scholas l’università del senso dove si promuove la cultura dell’incontro, della pace, dell’inclusione. Tutti si chiedono: cosa sarà?
Il 5 giugno durante un incontro on line con decine di giovani di Scholas è lo stesso Francesco a dire che “un’educazione che non ascolta, non educa, l’educazione ci insegna a celebrare, o non educa… Educare non è semplicemente conoscere le cose. Questo è sapere, ma educare è ascoltare, creare cultura, celebrare”. Scholas è un “movimento in movimento”, ci dice Mario Del Verme professore con una storia particolare. “Mi hanno chiesto di seguire Scholas quando ero al Milan e seguivo i ragazzi più piccoli che seguivano la scuola. Ho visto una umanità in gioco che mi ha appassionato tanto da dedicarmi totalmente”. Lo sport rappresenta uno dei pilastri educativi in tanti progetti, abbatte barriere culturali, sociali, linguistiche è uno strumento di amicizia vera e se i ragazzi sono seguiti, uno strumento educativo. Un ultimo esempio mi colpisce nel dialogo. “Qualche anno fa abbiamo fatto un intervento a San Antonio de Los Cobres, cittadina della provincia di Salta, nel Nord dell’Argentina.
Chiamati da insegnanti e genitori che non sapevano più come affrontare una situazione. Poche migliaia di abitanti, mille studenti, paese di minatori che stavano via per molto tempo e ventotto ragazzi che si erano suicidati buttandosi da quello che chiamavano il ‘ponte delle soluzioni’. Abbiamo iniziato a lavorare coi ragazzi, incontrandoli, ascoltandoli e proponendo un lavoro soprattutto attraverso l’arte, il cinema, gli incontri, piano piano hanno iniziato a raccontare le paure e le preoccupazioni. Alla fine di un percorso non privo di sofferenza e racconti, da loro è arrivata un’idea: dipingere il ponte, dare colori e vita a quella struttura. Sono passati due anni, e nessuno si è più buttato, cinque di quei ragazzi sono andati dal Papa e gli hanno regalato un pennello utilizzato, ringraziandolo per aver loro dato la possibilità di avere uno sguardo sulla vita diverso”. I giovani hanno domande, come tutti i ragazzi di tutte le generazioni hanno avuto e avranno, servono adulti ma adulti veri ovvero persone che non si sostituiscano, ma accompagnino i giovani nella scoperta di senso della vita.
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