Il ministro vuole incontrare i magistrati per discutere della riforma della giustizia? Ripassi a fine marzo, dopo le elezioni per il rinnovo dell’Anm. Sembra uno scherzo ma è tutto vero.

I vertici dell’Anm hanno fatto saltare questa settimana il tavolo programmato a via Arenula sul ddl penale. Il motivo? All’ordine del giorno era prevista anche la discussione sulle sanzioni per le toghe “lumaca” che, con la riforma a regime, non rispetteranno i tempi di fase del dibattimento, fissati da Bonafede in quattro anni per un processo completo.

L’incontro, in programma il prossimo 26 febbraio, avrebbe visto la partecipazione, oltre all’Anm, anche dei rappresentati dell’Avvocatura.

Bonafede, però, nel fissare la data non aveva tenuto conto di un “piccolo” particolare. E cioè che i magistrati sono impegnati in queste settimane in una durissima campagna elettorale, quella per il rinnovo del Comitato direttivo centrale dell’Anm, comunemente detto il “parlamentino” delle toghe. Le elezioni si terranno fra un mese esatto, dal 22 al 24 marzo.

Sono elezioni importantissime, essendo le prime dopo lo scandalo “Palamara” che ha travolto il Csm lo scorso maggio.

La tornata elettorale di marzo, oltre a ridisegnare gli organigrammi della magistratura associata, precederà di qualche settimana quella per il rinnovo dei Consigli giudiziari, le propaggini del Csm nei distretti. L’anno prossimo, poi, si terranno le elezioni per il rinnovo delle giunte locali dell’Anm e, nel 2022,  il botto finale con quelle per il Csm.

Una campagna elettorale permanente, considerando che le circa diecimila toghe italiane escono da un doppio voto, il primo ad ottobre e il secondo a dicembre del 2019, per le elezioni suppletive dei consiglieri dimissionari del Csm coinvolti nell’affaire Palamara.

Queste le correnti al voto.

Magistratura indipendente 

Il fuoco di sbarramento contro le sanzioni è stato aperto dal gruppo di destra che fra gli aderenti illustri ha avuto Paolo Borsellino. Ma è uscita a pezzi dalla scandalo Palamara: tre consiglieri commisero l’errore della vita partecipando al dopo cena con Cosimo Ferri, ex leader del gruppo e all’epoca parlamentare Pd, il dem Luca Lotti e, appunto, Luca Palamara. Il telefono di quest’ultimo, infettato dal trojan, svelò le loro discussioni sulla nomina del procuratore di Roma. Dopo la mazzata – venne costretto alle dimissioni anche l’allora presidente dell’Anm in quota Mi, Pasquale Grasso – la destra giudiziaria punta tutto  sul suo cavallo di battaglia, la tutela del lavoro dei magistrati.

Unicost

Orfani di Palamara, per anni ras indiscusso e ora sospeso “a divinis” in attesa che la Procura di Perugia si decida a chiudere le indagini nei suoi confronti, le toghe di Unicost sono i “democristiani” della magistratura: a seconda del momento scelgono l’alleato migliore per mantenere il potere. Dopo aver perso due consiglieri, anche loro coinvolti nel dopo cena di maggio con Palamara, ora sono ad un bivio. O a destra o sinistra. Alcuni hanno già scelto, creando “Movimento per la Costituzione”, una lista che affiancherà Mi alle elezioni di marzo. 

Area

È il cartello di sinistra, anzi, usando un termine glamour, progressista. Al suo interno ci sono vari gruppi. Il più importante è certamente Magistratura democratica, la corrente ideologizzata, attivissima nel dibattito politico intervenendo quasi su tutto. Favorevole allo ius soli e contraria ai decreti sicurezza, Md ha ora nel mirino la proposta del ministro Lamorgese di inasprire le pene per lo spaccio di spinelli. In simbiosi con il mondo della sinistra, dopo aver candidato con il Pci, Pds, Ds, Pd, decine di iscritti, ebbe una trauma quando Matteo Renzi portò in Parlamento l’arci nemico Cosimo Ferri. Sul tema sanzioni sono arrivati dopo Mi.

Autonomia e indipendenza

Il gruppo fondato da Piercamillo Davigo nel 2015 inizialmente era composto solo da fuoriusciti di Mi in disaccordo con Ferri. Poi ha imbarcato gli “antisistema” della magistratura, tipo il pm antimafia Nino Di Matteo, già in Unicost.

Aei è la corrente del momento ed ha due grandi “sponsor”: il ministro Alfonso Bonafede ed il Fatto Quotidiano. È favorevole a tutto l’attuale armamentario giustizialista, dallo stop alla prescrizione, all’agente sotto copertura per i reati contro la Pa, al carcere duro. Nata per opporsi al correntismo e alla vicinanza con la politica, si è perfettamente calata, un po’ come il M5s, nel sistema che voleva combattere.

Vedasi Giuseppe Marra, davighiano di punta. Direttore generale degli affari giuridici e legislativi del Dipartimento Affari di Giustizia, l’ufficio chiave di via Arenula che mette in pratica l’atto d’indirizzo politico del Guardasigilli, il giorno dopo è divenuto consigliere del Csm, l’organo che dovrebbe garantire l’autonomia e l’indipendenza della magistratura dalla politica. Chi metterà dunque il cappello sulla cancellazione delle sanzioni ai pm “pigri” avrà vinto le elezioni.