Le Ragioni di Israele
“Sei ebreo? Ti uccido per colpa di Bibi”. Hitler e Goebbels sarebbero orgogliosi

Nel 1942, quando la macchina nazista dello sterminio procedeva a gran ritmo, Joseph Goebbels annotava che il popolo ebraico stava assistendo a una distruzione – la propria – che aveva determinato e meritato. Era in atto, spiegava Goebbels, l’avveramento della profezia che Adolf Hitler aveva fatto qualche anno prima, quando dichiarava che la razza ebraica sarebbe stata annientata se gli ebrei si fossero resi responsabili della colpa di un’altra guerra. Ottant’anni dopo è ancora la guerra a contrassegnare di colpa il popolo ebraico; e le violenze che si compiono contro gli ebrei, ancora una volta, sono attribuite più o meno direttamente alla responsabilità di chi le subisce anziché a quelli che le compiono.
Chi condanna le presunte responsabilità israeliane nella guerra di Gaza affettando preoccupazione perché essa, oltretutto, determinerebbe la rimonta antisemita cui stiamo assistendo, non fa altro che riproporre e aggiornare quella rappresentazione hitlerian-goebbelsiana, e cioè la rappresentazione della natura retributiva della violenza antiebraica. Conosciamo l’obiezione. Dice: “Se indico la causa di una violenza non giustifico la violenza”. È un’obiezione stracca. Adoperata da chi non capisce, o mostra di non capire, che se davvero la violenza antisemita potesse essere attribuita a quella causa, e cioè alle responsabilità del governo israeliano, ebbene dovrebbe essere giudicata e punita anche più severamente.
Se due ragazzi ebrei sono ammazzati a Washington perché Bibi fa crimini di guerra (diamo per ammesso che ne faccia), o se un bambino ebreo è preso a sassate perché a Gaza c’è la carestia (facciamo finta che ci sia), le presunte motivazioni di queste violenze dovrebbero costituire altrettanti aggravanti. Invece finiscono nel discorso contestualizzante, nella chiacchiera che pure deplora quelle violenze ma per attribuirne la colpa all’ebreo cattivo. Responsabile, quest’ultimo, non solo dei crimini che commette contro gli altri – nel nostro caso i palestinesi – ma anche dell’inevitabile reazione che si scarica sugli altri ebrei. Di qui (è la minestra di un identico calderone antisemita) la pretesa che, se non vogliono essere esposti a quella violenza auto-prodotta, gli ebrei “buoni” si liberino dell’osceno contrassegno sionista denunciando lo Stato genocida e partecipando alle adunate per l’isolamento e il boicottaggio di Israele.
Mascherato da fremito solidale, l’atteggiamento di chi imputa alle colpe israeliane la violenza antisemita non è nient’altro e niente di meglio che il solito, sfrontato pregiudizio razzista.
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