Ma se guardate dall’interno, spesso si vede anche altro, la denuncia delle ingiustizie, delle diseguaglianze e la nascita di forme di autorganizzazione, di autogoverno popolare. Chiamale se puoi, elementi primordiali e spuri di socialismo. Essi contengono una critica e una domanda radicale. Ma anche nella politica istituzionale si affaccia imprevista qua e là la parola fin qui negata: socialismo. Lo ha fatto Corbin in Gran Bretagna, lo fa, ancor più significativamente, Sanders negli Usa. Ancor più significativamente perché lì era, e non da ora, bandita. Perché dopo la sconfitta storica e una damnatio memoriae che l’ha colpita, la parola socialismo riemerge, dentro e coperta dai materiali critici di un’altra fase della storia sociale e culturale, come nella rivolta o come definizione di sé in un nuovo modo di fare politica, come accade negli Stati Uniti?

Io credo perché comincia a vedersi l’incompatibilità del capitalismo finanziario globale non solo con la democrazia e i bisogni delle popolazioni, a partire dal nuovo assetto del lavoro, ma più in profondità col destino dell’umanità. E qui che può riaffiorare il bisogno di liberazione e con esso di quell’antica speranza che si è chiamata socialismo. Non nella politica in Europa, dove le sinistre sono scomparse come tali, cioè hanno smesso di esserlo quando quello è uscito di scena. E se per tornare a vivere, per rinascere, le sinistre dovrebbero proprio tornare all’origine, al socialismo?

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Politico e sindacalista italiano è stato Presidente della Camera dei Deputati dal 2006 al 2008. Segretario del Partito della Rifondazione Comunista è stato deputato della Repubblica Italiana per quattro legislature ed eurodeputato per due.