Nel Sì&No del giorno, spazio al dibattito sulla giusta attribuzione – o meno – degli incarichi di direzione dei musei italiani a personale straniero: mentre Vittorio Sgarbi, Sottosegretario alla Cultura del governo Meloni, considera finita la stagione degli stranieri a capo dei musei del Belpaese, Maria Elena Boschi, parlamentare Iv, ritiene, al contrario, che sia una scelta giusta e opportuna.

Qui di seguito, il parere di Vittorio Sgarbi.

Sono arrivato a Viareggio come un bandito, il brigante ciociaro Chiavone, e continuerò a farlo. Sotto l’abito del brigante c’era il sottosegretario, che ha detto semplicemente, con tono perentorio, come se fosse una polemica: “I direttori stranieri dei grandi musei adesso se ne vanno. Siamo arrivati noi e se ne vanno loro. Perché devo mettere un direttore straniero agli Uffizi? Si è mai visto uno straniero al Louvre? i simboli sono i simboli. È una stagione finita. A Brera sicuramente quello che c’è non ci sarà più; a Firenze quello che c’è non ci sarà più, a Napoli quello che c’è non ci sarà più. Non lasceranno traccia”.

Non era un’opinione, e nemmeno l’ annuncio di un decreto del governo. Era un dato di fatto,una constatazione: i tre direttori dei principali musei italiani non possono essere riconfermati perché lo ha voluto Franceschini, e non certo perché sono stranieri, ma semplicemente perché, come nelle prescrizioni di Grillo per i deputati dei Cinque stelle, e come in tutta Italia, i sindaci non possono superare i due mandati. La mia posizione, come quella del ministro, non è, e non può essere contro direttori e studiosi stranieri. Sangiuliano ha detto puntualmente: “Gli stranieri non devono essere discriminati. Se sono bravi devono poter lavorare. Stimo molto per esempio i direttori degli Uffizi e Pompei, e mi auguro che possano continuare a lavorare in italia”.

Tutto vero, tutto giusto. Per il direttore di Pompei Gabriel Zuchtriegel non c’è problema, non è in scadenza. E Eike Schmidt dagli Uffizi passerà a un altro grande museo italiano. La polemica non esiste se non al contrario, come spesso accade. Non dobbiamo infatti discriminare studiosi e funzionari italiani con la mitologia dello straniero. La preparazione e la capacità di chi ha studiato in Italia, e ha fatto concorsi per Soprintendenze e Musei, non possono essere mortificate, come se essere stranieri fosse un requisito di maggiore qualità. Nei musei stranieri ci sono italiani; nei musei italiani ci sono, e ci potranno essere, ovviamente, stranieri.

Il brigante ha parlato, ma non ha voluto punire o infamare nessuno. Nicola Spinoza era un direttore di Capodimonte formidabile e non ha fatto certo meno bene di Bellanger; Antonio Natali è stato un direttore colto e prezioso per gli Uffizi, non meno di Schmidt, più attento, e non so se sia sempre un vantaggio, all’incremento dei visitatori e alla modernizzazione del museo. Egli sa che, per esempio, io lo stimo, ma non ho condiviso alcuni suoi allestimenti. Per quello che riguarda il principio inesistente (i musei italiani agli italiani, così i teatri e altre istituzioni), la presenza di stranieri è servita in realtà a indicare una minorità manageriale degli italiani. E non è vero; è vero però che, come afferma sempre Sangiuliano “era singolare la situazione che ho trovato quando siamo arrivati al governo. Le principali dodici istituzioni culturali del paese erano guidate da direttori stranieri. Mi è parso un rapporto squilibrato e valeva la pea cercare un rapporto più equo”.

E riscontrava, oggettivamente, una discriminazione a danno degli italiani, per i limiti temporali del pensionamento che, nonostante un contratto in essere di quattro anni, hanno portato alle dimissioni anticipate di due formidabili direttori: Paola Marini alle Gallerie dell’Accademia di Venezia e Mauro Felicori (oggi in grado di essere assessore alla cultura per il Pd della Regione Emila Romagna) alla Reggia di Caserta. Ingiusto, ad evidenza, che quei limiti non valessero per due stranieri, entrambi a Napoli, ultra settantenni (quando per gli italiani l’età è sessantasette): Stephane Lissner al teatro San Carlo e Silvayn Bellanger a Capodimonte.

La legge che ha restituito l’eguaglianza tra italiani e stranieri non è stata per penalizzare ma per restituire pari dignità ai direttori italiani. E il successore più gettonato di Lissner era (ed è ora) un italiano compatibile per età: Carlo Fuertes, nominato non perché italiano ma perché bravo, come ha convenuto e deciso anche il sindaco Pd di Napoli, Gaetano Manfredi.

È evidente che i migliori studiosi di artisti e musicisti possono essere stranieri, ed è evidente che essi possano essere responsabili di musei e teatri, come è stato, come è, e come sarà. Ma lo stupore del Ministro per le dodici principali istituzioni governate da stranieri è condivisibile. Io vorrei limitarmi a preservare per gli italiani, come simboli della Nazione, soltanto due istituti, che sono per l’Italia quello che è il Louvre per la Francia: gli Uffizi e il teatro La Scala. Per tutto il resto, confidando nella responsabilità, prima curatoriale e poi manageriale, della commissione che deve proporci i candidati selezionati, vinca il migliore, da qualunque parte venga. Parola di brigante.

Vittorio Sgarbi

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