Come si fa quando una cosa è potenzialmente pericolosa?  Facciamo conto di aver attaccato il ferro da stiro, ma di non sapere se funziona bene. La piastra potrebbe essere rovente, se ci mettiamo il dito sopra rischiamo di farlo porchettato. Allora, restando a debita distanza, esponiamo il palmo della mano parallelamente al ferro. Avvertiamo un flusso di calore? No. Ok, fase I ultimata con successo. Ora, per sentire se scotta, bisognerà toccarlo ma sempre con la massima precauzione. Un rapido passaggio del polpastrello sulla lingua e sfioriamo per un brevissimo istante la superficie. Sfrigola al contatto e fa una nuvoletta di vapore? No?

Bene, fase II ultimata con successo. Conclusione provvisoria: il ferro non è né rovente e nemmeno caldissimo. Però potrebbe essere caldo… Possiamo provare a poggiare il palmo della mano sulla piastra, ma con ogni cautela. Se sentiremo che è comunque più caldo di quanto possiamo sopportare senza danno, saremo pronti a ritirarla subito. Poggiamo la mano, non pare che scotti. La lasciamo un po’… Ancora niente.

Aspetta, sento qualcosa. Sì, sta arrivando adesso il calore, lentamente. Aumenta, mi pare, anche se non sono sicuro. Forse avevo io la mano calda e sento il calore che si è accumulato al contatto. Va bene, meglio non rischiare. Lasciamo stare per ora… Fase III, provvisoriamente sospesa in attesa di accertamenti. A volte si sente dire che il protocollo scientifico non è altro che la traduzione del buon senso in termini rigorosi e matematici. Forse non sempre è così, ma spesso sì. Se qualcosa è utile, ma potenzialmente dannoso, va sperimentato con calma, un passo alla volta. Solo quando ci accorgiamo che è davvero innocuo, possiamo pensare di usarlo allo scopo desiderato. Vale per il ferro da stiro e vale per i vaccini.

Il vaccino dell’azienda AstraZeneca, su cui riposano le speranze italiane di arrivare primi nella corsa all’immunizzazione globale, è temporaneamente incappato in un blocco nella fase III. La fase I di un vaccino si apre quando il preparato che dovrà essere somministrato ai pazienti per stimolare la loro risposta immunitaria senza che si manifestino effetti collaterali rilevanti, è inoculato a pochi volontari. Solo qualche decina, tanto per verificare se l’azione che il preparato ha manifestato in laboratorio si ripete anche su soggetti umani, senza che insorgano effetti collaterali.

Se l’esito di questi primi test è favorevole, si passa alla fase II, allargando il gruppo di soggetti che si sottopongono alla prova, da decine a centinaia. A questo punto la statistica è sufficiente per avere una prima idea sulle vere capacità del vaccino di indurre una vigorosa reazione immunitaria nell’organismo umano. Se anche la fase II va liscia, ovvero ci sono effetti indesiderati modesti e rari, accompagnati invece dalla produzione massiccia di anticorpi per il patogeno inoculato, si avvia la fase III, estesa a migliaia di volontari. Essendo adesso così numerosi, anche reazioni rare e poco probabili si manifesteranno sicuramente in qualcuno dei soggetti e si potrà valutare la reale sicurezza e innocuità del vaccino. Ed è qui che il vaccino (almeno in parte) italiano si è momentaneamente arenato.

Uno dei volontari ha accusato un’infiammazione al midollo della spina dorsale. Solo uno su cinquantamila, ma anche uno su cinquantamila è comunque troppo. Il decorso dell’infiammazione non appare particolarmente preoccupante, ma non importa. Non deve accadere. Siamo in piena pandemia, un centinaio di gruppi e case farmaceutiche stanno concorrendo alla realizzazione del primo vaccino. È un affare da decine e decine di miliardi di dollari. Eppure, appena si è avuta una sola reazione avversa su cinquantamila, la corsa di AstraZeneca ha subito un pericoloso rallentamento.
Amici Novax, ma dove trovate qualcuno che stia perseguendo i suoi interessi, interessi miliardari, che siccome una prova su cinquantamila è andata storta, si ferma un giro prima di ripartire? Uno su cinquantamila è lo 0,002% … Se qualcuno vi dicesse che avete una probabilità di fallire dello 0,002%, vi buttereste in quell’impresa a capofitto, scommettereste tutti i soldi che avete sul conto corrente, vi ipotechereste casa. Quando andate in macchina, la probabilità di incidente, anche grave, è enormemente più alta di una su cinquantamila.

Cinquantamila giorni è più di un secolo. Quindi, è come vivere gli anni di Pippo, guidando ogni giorno, e avere un solo incidente in tutta la vita. Magari gli incidenti si verificassero una sola volta al secolo, guidando tutti i giorni! Le compagnie di assicurazione farebbero più soldi di Jeff Bezos e andare in macchina sarebbe più sicuro che stare sdraiati sul divano del salotto. Eppure anche solo una sola risposta avversa su cinquantamila è inaccettabile. Bisogna necessariamente fermarsi, capire cosa c’è che non va per poi risolvere il problema. E bisogna fermarsi comunque, anche se non si sa con sicurezza se l’infiammazione al midollo sia stata davvero provocata dal vaccino. «Post hoc ergo propter hoc?».

È accaduto dopo la somministrazione del vaccino, quindi è causata dal vaccino? Non per forza. A me hanno clonato la carta di credito il giorno del compleanno. Avrei potuto pensare che fosse una forma di regalo originale, ma più probabilmente a quello interessava fare acquisti a sbafo e non festeggiarmi in modo stravagante. Allo stesso modo l’infiammazione potrebbe essere dovuta ad altre cause, magari genetiche o accidentali. Si potrebbe andare avanti con i test mentre si approfondisce il caso. Il vaccino è prioritario, l’urgenza è massima, non dovremmo fermarci per un piccolo inconveniente. Abbiamo tutte le ragioni dalla nostra parte. Ci sono oltre cinquemila morti al giorno per Covid, figuriamoci se un singolo caso dubbio, e neanche fatale, può bloccare l’avanzamento della sperimentazione.

Una vittima del fuoco amico, non ha mai fermato l’avanzata di un esercito. E invece no. Pur piangendo le future vittime della pandemia, molte delle quali si sarebbero potute salvare accelerando le pratiche ed essendo un po’ più flessibili sui criteri di valutazione, bisogna fermarsi. Ci si augura solo temporaneamente, ma bisogna fermarsi.
I protocolli sanitari non ammettono deroghe. Non sono un ingenuo. So bene che le industrie farmaceutiche sono aziende con fini di lucro e che perseguono il proprio profitto, ma non a qualunque costo. L’AstraZeneca era tra le aziende in pole position. Adesso invece sarà probabilmente raggiunta e superata dalla concorrenza. E, sebbene il primo che arriverà a brevettare il vaccino non riuscirà ad accaparrarsi tutto il mercato, tuttavia se ne mangerà una buona fetta. Quindi arrivare primi, o nel plotone dei primi, sarebbe vitale per ogni azienda farmaceutica.
Eppure AstraZeneca deve accettare lo stop: non si passa col semaforo rosso, anche se si ha una fretta indiavolata di vincere la caccia al tesoro.