Il pm milanese Paolo Storari era convinto che Piero Amara, l’ex avvocato esterno dell’Eni, non fosse un millantatore quando raccontava l’esistenza di una super loggia massonica coperta denominata “Ungheria”. Lo si è appreso leggendo il decreto di archiviazione nei confronti dell’ex procuratore di Milano Francesco Greco, accusato di omissione di atti d’ufficio proprio per aver ritardato le iscrizioni nel registro degli indagati dei nomi fatti da Amara.

Quest’ultimo, infatti, a dicembre del 2019, interrogato da Storari nell’ambito del procedimento sul falso complotto ai danni del colosso petrolifero di San Donato, aveva elencato decine di alti magistrati, professionisti, ufficiali delle forze di polizia, che avrebbero fatto parte di questa loggia che aveva lo scopo di pilotare le nomine ai vertici dello Stato ed aggiustare i processi. Amara, già ideatore del “Sistema Siracusa”, il sodalizio finalizzato a condizionare le sentenze al Consiglio di Stato, è la gola profonda delle Procure di mezza Italia: a Perugia è fra i principali testi d’accusa nel processo contro Luca Palamara, a Milano in quello contro i vertici dell’Eni. Interrogato, come detto, da Storari alla fine del 2019, aveva svelato i retroscena della loggia.

Il fondatore di Ungheria sarebbe stato Giovanni Tinebra, ex procuratore di Caltanissetta e poi capo del Dap (Dipartimento amministrazione penitenziaria), morto qualche anno fa. Ungheria, come raccontò Amara a Storari, doveva battersi per uno “Stato liberale, ispirato da principi garantisti, contro la deriva giustizialista”. Per contrastare i giustizialisti, Tinebra aveva fatto, sempre secondo Amara, opera di proselitismo dietro il paravento di Opco (Osservatorio permanente sulla criminalità organizzata), una associazione che riceveva finanziamenti dalla Regione siciliana. Un racconto suggestivo. «Io facevo quello che chiedeva Tinebra e non conoscevo le gerarchie interne alla loggia», precisò l’ex avvocato dell’Eni, illustrandola formula per il riconoscimento fra gli appartenenti ad Ungheria: «Stringersi la mano premendo con il dito indice tre volte sul polso dell’altro e pronunciando la frase “sei mai stato in Ungheria?». Alla frase, in caso di riconoscimento, non doveva seguire alcuna risposta. «La domanda “sei mai stato in Ungheria?” non doveva essere ripetuta dopo la prima presentazione, mentre rimaneva sempre il gesto con la mano».

Ma torniamo agli appartenenti alla loggia secondo Amara. «Michele Vietti (deputato dell’Udc e vice presidente del Csm dal 2010 al 2014), Enrico Caratozzolo (avvocato di Messina) e Giancarlo Elia Valori (presidente di Autostrade)». «Tinebra, Vietti, Caratozzolo ed Elia Valori erano anche massoni», puntualizzò Amara. «Quali erano le regole di affiliazione?», domandarono i pm. «La persona che poteva essere utile per gli scopi dell’associazione era ‘avvicinata’, come nel caso di Lucia Lotti (presidente sezione Tribunale di Roma)». Altri esponenti di Ungheria, secondo Amara, il presidente del Consiglio di Stato Filippo Patroni Griffi, il presidente della Corte dei Conti Pasquale Squitieri ed il suo vice Luigi Caruso. Poi i generali dei carabinieri Tullio Del Sette ed Emanuele Saltalamacchia, e della guardia di finanza Giorgio Toschi. E Pasquale Dell’Aversana, dirigente agenzia delle entrate.

Anche Giovanni Legnini, ex vice presidente del Csm e ora commissario straordinario per la ricostruzione dopo il terremoto in Abruzzo avrebbe fatto parte di Ungheria. «Vi sono prelati in Ungheria?», chiese Storari ad Amara.
«Il cardinale Pietro Parolin, segretario di Stato vaticano”, rispose Amara. Molti di questi nomi, come Patroni Griffi, Vietti, Elia Valori, sarebbero allora dovuti finire nel registro degli indagati secondo Storari per violazione della legge sulle società segrete. Il fascicolo, però, verrà assegnato ad altri pm e mandato per competenza ad altre Procure, come quella di Perugia, e tutti hanno tirato un sospiro di sollievo.