Quando si dice “successe un Quarantotto”, si pensa a quello del 1800. Catastrofe rivoluzionaria, la Storia mise le macchine all’indietro tornando alle parrucche incipriate. Un secolo dopo, nel nostro 1948, finiva per sempre la finzione dell’unità antifascista. Fu l’anno delle elezioni vinte dai democristiani e perse dai comunisti, l’anno dell’attentato a Togliatti che – gravemente ferito – pensava soltanto a calmare gli spiriti e quando si risvegliò dall’anestesia chiese: che cosa ha fatto Bartali? Bartali aveva ricevuto un messaggio da Alcide De Gasperi, presidente del Consiglio, che lo supplicava di vincere la tappa del Giro di Francia di quel giorno. Bartali era molto indietro in classifica. Aveva 20 minuti di distacco dalla maglia gialla. Speranze di rimonta zero.

E invece quel giorno Gino, che era ormai vecchio, dette l’anima e vinse la tappa di Briancon dando quasi un quarto d’ora di distacco al campione francese Louison Bobet che pensava ormai di aver già vinto il Tour. Una impresa impensabile. Il giorno seguente vinse di nuovo sul traguardo di Aix les Bains, prese altri cinque minuti a Bobet e conquistò la testa della classifica. Che tenne fino alla fine: il 24 luglio vinse il Tour e gli scontri di piazza, in Italia, cessarono quasi per miracolo. La pace era salva. Gli italiani dimenticarono le revolverate a Togliatti esplose dallo studente Pallante e tutto finì bene. Un giornale satirico titolò: “Pallante ( cioè l’attentatore, ndr) condannato a venti anni di tiro a segno”. I comunisti, cacciati dal governo su richiesta americana e in base alle decisioni di Yalta, si lasciarono mettere da parte protestando solo il minimo sindacale.

La Grecia che aveva voluto fare la rivoluzione era finita schiacciata dagli inglesi. Nel 1948 partirono la Costituzione e la vera guerra fredda, sia in Italia che nel mondo ma specialmente a Berlino. La città si trovava nella zona della Germania sotto il controllo sovietico (la Germania Est, cioè la Rdt) ed era a sua volta suddivisa in quattro zone: una ai russi, una ai francesi, una agli inglesi e una agli americani. Stalin tentò di bloccare il settore occidentale frutto della fusione delle aree americana, inglese e francese, scintillante di luci e vetrine aperte che adesso, cinta d’assedio, rischiava di soffocare. Fu allora che gli americani compirono una delle più vittoriose smargiassate celebrata con francobolli e musei: il ponte aereo. Centinaia, migliaia, decine di migliaia di aerei portavano o atterravano a Berlino Ovest per portare tutto quel che serviva all’intera città: latte e medicinali, vestiti e macchinari senza rallentare mai, senza far mancare un paio di scarpe.

Stalin tentò di minacciare azioni aree militari ma lo zio Tom lasciò vedere le sue Colt alla cintura e Stalin che non era un giocatore d’azzardo, si ritirò. In Italia il Fronte Popolare di comunisti e socialisti perse le elezioni. Il fronte aveva come simbolo la faccia di Garibaldi, ma ne girava una versione di cui se capovolgevi Garibaldi vedevi Stalin. Io avevo otto anni e ricordo tutto. Era una guerra di fumetti, di cartelli, urla, carta, altoparlanti, gente che correva con pacchi di giornali e vendeva testate oggi scomparse. Qualche rissa, qualche revolverata, poca roba. Il Fronte perse. I democristiani stravinsero. Il cantore della sinistra Ivan della Mea, quanlche anno dopo mormorava alla chitarra: “Vi ricordaste del diciotto aprile, che avé votà democristiani senza pensare all’indomani, senza pensare alla gioventù”. I miei cugini comunisti erano “Pionieri” del partito e portavano il fazzoletto rosso al collo. Io quello dell’Asci cattolica, cioè i “Boy Scout”.. Loro leggevano il Pioniere di Gianni Rodari che odiavo perché era tutta una pippa simbolistica con Pomodorone grasso capitalista e c’era sempre un furbettino comunista che lo metteva in culo a tutti. Noi feroci anticomunisti leggevamo sul “Corrierino” capitan Cocoricò e il signor Bonaventura ricco ormai da far paura.

Tirava anche un brutto vento da guerra religiosa: il papa per non sbagliarsi aveva scomunicato i comunisti e molti di loro, essendo cattolici, andavano a piazza San Pietro a urlare che loro credevano in Dio, ma anche a Baffone, un punto teologico molto controverso. A Piazza San Pantaleo, alla messa dei ricchi con la pelliccia come i ricchi di Miracolo a Milano di Vittorio De Sica, una ipertiroidea isterica e passionale vestita di rosso brandendo il foglio del partito urlava, “L’Uità! L’Unità! Ahò, v’avesse da fa’ male un pochetto de marchesismo-leninismo, sa? V’avesse da fa’ male”. Era come ai tempi delle vere guerre di religione quando valeva il principio secondo cui “cuius regio, eius et religio” e cioè: ti becchi la religione del tuo re, e zitto. Io ero di reame stracattolico anticomunista e mia nonna e mia zia e mia madre, tutte maestre, a luce di candela di sego fatta in casa, scrivevamo, con penne ad inchiostro col pennino e la carta assorbente, i risultati che diceva la radio su un quadernone ordinatissimo. Si sentiva che quelle elezioni erano per la vita e per la morte. Se venivano i comunisti, dicevano, sarebbero arrivati i russi e ti avrebbero impiccato papà e mamma, è questo che vuoi figliolo? No, padre, non lo voglio. E allora recita cinque pater ave e gloria, figliolo. Sì, padre.

Facevo le elementari davanti al Pantheon, alla Palombella e con la stessa maestra Agnese Marcucci che era stata anche l’insegnante di Albero Ronchey: una rossa fiammeggiante con un seno prorompente, papista fascista nazista colonialista carducciana anticomunista. In classe avevamo il compagno Bartoloni, figlio di carbonaro comunista che ogni giorno si avvicinava alla cattedra e diceva: “Ha detto così mi’ padre che appena vincemo lui te viè a piantà ‘a bandiera rossa sulla cattedra e tu devi pià ‘a tessera der partito communista”. Agnese ci prendeva giusto: “Ahm, sì? E allora dì a tu’ padre che si s’azzarda a entrà co la bandiera rossa, lo faccio arestà da le guardie”. E continuavano per ore.

Ogni giorno il mio compagno di Banco Alberto Limentani (erano più della metà ebrei di ghetto i miei compagni di scuola sfuggiti alla razzia del 16 ottobre del 1943) ogni mattina mi dava a bere di essere appena rientrato da Israele dove col suo piccolo aereo combatteva la guerra d’indipendenza e faceva volare il suo caccia con una matita incastrata fra mignolo e indice e sparava e io sparavo con lui e morivo d’invidia perché lui diceva parole straniere molto strane e forti. Infatti, le Nazioni Unite avevano autorizzato due Stati, uno ebraico e uno palestinese, ma la Legione Araba aveva vietato lo Stato ebraico e decise di distruggere la cittadella ebraica dove i combattenti erano ragazzini dell’Haganà che venivano dal ghetto di Varsavia. Stalin a quell’epoca sosteneva gli ebrei, ma secondo modalità molto particolari e veramente staliniane: a gennaio aveva fatto eliminare l’attore yiddish Solomon Mikkeli presidente del Comitato ebraico antifascista organizzato dal capo della polizia segreta Berija. Era stato il sottile Suslov, il futuro ideologo a convincere Stalin della slealtà del Comitato che aveva il progetto di dar vita ad una Repubblica ebraica di Crimea.

La guerra arabo- israeliana si svolse quasi a mani nude e il segretario della Lega Araba, generale Azzam Pascià proclamò la “Jihad”, o Guerra Santa “come ai tempi delle invasioni mongole o delle crociate”. Il Muftì di Gerusalemme, Haj Amin Al Husseini, invocò lo sterminio: “Fratelli musulmani, uccidete gli ebrei! Uccideteli dal primo all’ultimo”. A maggio, gli eserciti della Giordania, Egitto, Siria, Iraq, Arabia Saudita, Libano, Sudan attaccarono Israele. Combatteva anche un contin­gente palestinese. Cominciò quella che gli israeliani chiameranno “Guerra d’indipendenza” ebraica. Più di 500 mila palestinesi fuggirono dalla Palestina cercando rifugio negli stati arabi vi­cini, nella speranza che la guerra contro gli “in­vasori” fosse rapida e definitiva. Gli eserciti arabi furono però inaspettatamente battuti ad uno ad uno dal nuovo esercito israeliano figlio di anni di clandestinità e di alta capa­cità tecnica appresa durante la Seconda guerra mondiale e degli ufficiali ebrei che avevano combattuto nell’esercito britannico e nella resi­stenza europea. Resisteva parzialmente, senza subire una vera disfatta, sol­tanto la Legione Araba dell’emiro Abdullah (o Abd-Allah), alleato ed armato dagli inglesi, guidato da Glubb Pascià, alias generale John Bagot Glubb, ufficiale di carriera inglese, pluridecorato della Prima guerra mondiale, noto come Abu Henek (“mento storto”, a causa di una ferita di guerra). La Legione occupò la Cisgiordania e una parte di Gerusalemme. Con questi nuovi frammenti territoriali lo sceicco Abdullah cambierà poco dopo nome al suo paese chiamandolo Giordania ed assumerà il titolo di re.

Nel giugno del 1948 il leader dei comunisti cecoslovacchi Slànsky e il segretario del Partito comunista israeliano Shamuel Mikunis ottennero da Stalin l’autorizzazione a reclutare ebrei per combattere in Israele, ma poi il dittatore cambiò idea e li fece far fuori, compreso Slànsky. A dare il la sarà Ilja Ehrenburg con un articolo sulla Pravda in cui sostenne che gli ebrei sfuggiti all’Olocausto che non avevano scelto Israele erano ormai ansiosi di assimilarsi e aderire con zelo agli emergenti partiti comunisti staliniani”. Scrisse Mastny: “ furono spesso gli uomini preferiti da Stalin per lavori particolarmente sporchi, ma erano anche i più vulnerabili alle purghe una volta esaurito il loro compito”.

Il 18 giugno del ’49 fu creato nella Cia, nata l’anno precedente e ancora piena di intellettuali dell’Oss ed ex combattenti antifascisti del “Lincoln Bataillon” della guerra di Spagna, l’Office of Special Projects “per pianificare e condurre operazioni clandestine, in coordinamento con il Joint Chiefs of Staff. Per motivi di sicurezza e di flessibilità operativa, e per ottenere il massimo grado di efficienza, l’ufficio progetti speciali opererà indipendentemente dagli altri componenti della CIA”. Le operazioni “Stay Behind” sono accorpate con le esistenti organizzazioni occidentali per la guerra psicologica e i gruppi di guerra clandestina inglesi e francesi. Usa Gb e Francia sono le sole potenze che nella Nato hanno accesso al “North Atlantic Military Committee Standing Group”, creato per coordinare “Stay Behind”. Questa operazione verrà poi esposta pubblicamente da Giulio Andreotti nel 1990 con il nome di codice italiano di “Gladio” e sarà al centro di un grande scandalo spionistico e politico.

Chi adesso pagava veramente era la povera Cecoslovacchia, con un governo democratico legittimo, sottoposta alle cure del colpo di Stato Comunista. Stalin non scherza, l’America non scherza. In Italia c’è il grosso problema delle armi nascoste del Pci e la paventata capacità di mobilitazione. Molti partigiani si comportano come gli americani dopo la rivoluzione quando fu approvato il secondo emendamento: abbiamo diritto di portare le armi per difendere la democrazia, nessuno ci può disarmare. Questo fu il primo serio compromesso storico. La Dc in particolare accettava una smilitarizzazione graduale del Pci che mandava in bestia americani e inglesi. Esistevano convenzioni politiche e regole non dette. Togliatti garantiva che non ci sarebbero state insurrezioni, il ministero degli Interni in cambio non faceva troppi rastrellamenti. Dare tempo al tempo, era la massima. Ma intervennero molto fatti nuovi. La Costituzione entrò in vigore, e questo fu un fatto stabilizzante. Socialisti e comunisti si ritrovarono all’opposizione, e questo fu destabilizzante anche se previsto e poi ci fu l’attentato a Togliatti, segretario del PCI, ex numero due del Comintern a Mosca, ex responsabile sovietico nella guerra di Spagna dove si era occupato di far fuori trotskisti e anarchici, più che fascisti e franchisti e recuperare il tesoro spagnolo con cui farsi pagare gli armamenti sovietici.

Dalla Spagna Togliatti era stato richiamato per firmare le condanne a morte del gruppo comunista dirigente polacco liquidato per spianare la strada della spartizione della Polonia tra nazional socialist tedeschi e comunisti russi. Davide Lajolo, direttore dell’Unità, ricordò: “Quando gli chiesi perché firmò quelle condanne ingiuste, rispose: se non l’avessi fatto, mi avrebbero ucciso e avrebbero comunque eseguito le condanne. A che cosa sarebbe stata utile la mia morte?”. Togliatti nel 1943, spinto a tornare da Mosca in Italia per ordine perentorio e notturno di Dimitrov, il numero uno dell Comintern, su ordine di Stalin, gli disse che occorreva in Italia un partito nuovo, largo, accomodante, aperto a tutti, non settario e che smussasse tutti gli angoli che rallentavano l’ultimo sforzo bellico contro Berlino: e fu il” partito nuovo” della volta di Salerno.

Ma nel 1948 era cambiato tutto davvero e per sempre. Ovest contro Est, due patti militari opposti. La guerra perenne in Medio Oriente. La certezza che una prossima guerra fosse questione di anni, forse mesi. E che saremmo probabilmente stato inghiottiti nel sistema sovietico che non sembrava poi così allettante. Ma Stalin era popolarissimo, era l’angelo vendicatore, era la mano della giustizia, era un duro dalla parte dei poveri e dei derelitti. Non importava se fosse il più grande serial killer della storia (cosa che si sarebbe saputo soltanto con il XX Congresso del PCUS del 1956) e tutti erano gli uni contro gli altri armati: famiglie, regioni, credenti e miscredenti, c’era voglia di delazione e voglia di mangiare senza fondo. L’obesità dilagava. Non era praticata alcuna forma di rispetto reciproco. La guerra mentale era quanto di meglio potesse sostituire la guerra fisica. I prigionieri di guerra non si rivedevano. La gente scherzava e rideva e aveva voglia di dimenticare, di essere sguaiata, di fare sesso, di chiudere finalmente tutte le partite del dolore, ma quando queste cicatrici copriranno le ferite, nessuno se ne ricorderà più perché quella generazione stava già morendo e non lo sapeva.

LA CRONOLOGIA DEGLI EVENTI DEL 1948

1 gennaio. Entra in vigore la Costituzione Repubblicana.

30 gennaio. Un estremista uccide a revolverate Gandhi, l’uomo che ha conquistato l’indipendenza dell’India dagli inglesi e il leader mondiale della nonviolenza.

22 febbraio. Golpe in Cecoslovacchia. Il partito comunista assume il potere.

18 aprile. Si vota in Italia. Lo scontro è tra la Democrazia Cristiana di De Gasperi e il Fronte Popolare che unisce i comunisti di Togliatti e i socialisti di Nenni. Vince la Dc ottenendo quasi il 49 per cento dei voti (mai nessun partito, da solo, arriverà a questo successo record); il Fronte Popolare si ferma al 31 per cento.

1 maggio. In Grecia vengono fucilati 213 partigiani comunisti.

11 maggio. Luigi Einaudi, liberale, ministro del Bilancio e governatore della Banca d’Italia, viene eletto Presidente della Repubblica. Il suo nome viene scelto da De Gasperi dopo che il candidato ufficiale del partito, Carlo Sforza, era stato azzoppato dai franchi tiratori della sinistra Dc. Einaudi riunisce la Dc, ottiene il voto di liberali e socialdemocratici e sconfigge Vittorio Emanuele Orlando, sostenuto dalle sinistre.

14 maggio. Nasce lo stato di Israele.

5 giugno. Si apre il processo contro Rodolfo Graziani, capo delle forze armate nella Repubblica di Salò. Viene condannato a 19 anni di prigione, dei quali 17 condonati.

24 giugno. Le autorità filosovietiche della Germania Orientale proclamano il blocco di Berlino.

14 luglio. Uno studente di 24 anni, Antonio Pallante, spara cinque colpi di pistola a Togliatti ma non lo uccide. Disordini, incidenti, proteste violente in tutt’Italia. Togliatti, prima di entrare in Camera operatoria, raccomanda al suo partito di mantenere la calma.

30 settembre. Esce nelle edicole il fumetto Tex.

2 novembre. Rovesciando i sondaggi Henry Truman, democratico, viene rieletto presidente degli Stati Uniti, sconfiggendo il repubblicano Thomas Dewey.

10 dicembre. Dichiarazione universale dei diritti dell’Uomo.

 

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Giornalista e politico è stato vicedirettore de Il Giornale. Membro della Fondazione Italia Usa è stato senatore nella XIV e XV legislatura per Forza Italia e deputato nella XVI per Il Popolo della Libertà.