Posta della Prevenzione
Martina ci scrive: "I nostri occhi sono bene aperti ad individuare in ogni stazione un angolo che sembri il più sicuro"
Subway shirt: cambiare abbigliamento per non essere molestate. Cos’è quel trend dettato dalla paura di subire violenza
Questa è la rubrica della Posta della Prevenzione, nata per dare una voce a chiunque voglia condividere esperienze di discriminazione, violenza e rinascita. Questo è il luogo dove tutte quelle storie troppo dolorose per essere raccontate ad alta voce, trovano uno spazio sicuro e protetto dal più assoluto anonimato. Scriveteci a: postaprevenzione@gmail.com. La tutela della persona è la priorità della rubrica: nomi, luoghi e dettagli personali vengono scrupolosamente modificati in modo da garantire il più assoluto anonimato. Qui di seguito, la lettera inviataci da Martina.

Sono Martina.
Sono stata pendolare dal mio piccolo paese di origine fino alla città in cui studio all’università per anni e, solo dopo alcuni video scoperti su tik tok, ho scoperto di non essere l’unica a fare le mie scelte in abbigliamento in base al mezzo pubblico da prendere.
Il trend, ‘subway shirt’, mostra video di ragazze che modificano il loro abbigliamento, indossando camicie molto larghe sopra a vestiti, o addirittura infilandosi pantaloni sotto alle gonne, per paura di essere molestate sui mezzi pubblici. I video, mostrano ragazze che cominciano con illustrare i loro outfit in modo normale, e si concludono con loro ricoperte da capi extralarge che nascondono ogni possibile scorcio di pelle. La loro scelta di coprirsi con capi oversize è per cercare di evitare qualsiasi tipo di attenzione e di proteggersi da sguardi maschili che, specialmente nell’anarchia dei mezzi pubblici, sfociano in catcalling e molestie.
Quando ho scoperto questi video, e il trend, mi sono sentita sollevata. Io, che davanti al mio armadio, non poso da anni lo sguardo su un vestito, gonna, o pantalone attillato quando mi aspetta un viaggio su un treno regionale, mi sono rivista in tutte quelle ragazze. Ricordo quando, per una festa di compleanno, dovevo recarmi in città e – sapendo che per l’occasione avrei indossato un vestito – ho acquistato un biglietto per un treno ad alta velocità, solitamente più sicuri. La scelta di acquistare quel biglietto io, l’ho fatta quasi inconsciamente. E questo mi spaventa. Mi spaventa che, quando ho comunicato il perché avrei preso un treno diverso dal solito ai miei amici, nessuno abbia battuto ciglio. Ma d’altronde, solo una che se lo va a cercare prenderebbe un treno regionale, indossando un vestito che mostra addirittura le sue ginocchia, dopo le dieci di sera. Una sprovveduta, che si ritroverebbe ad essere l’ennesima vittima di molestia, della quale la gente commenterebbe: “Chissà come era vestita, per di più ad un compleanno dove magari aveva fatto anche qualche brindisi di troppo”. Insomma, me la sarei davvero andata a cercare.
Mi spaventa che ogni amica, per tornare a casa la sera, cammini con le chiavi di casa che le spuntano tra le nocche, pronta ad usarle come arma nel caso qualcuno si avvicini. Mi fanno paura gli sguardi degli uomini che, nonostante i jeans e la felpa grigia, rimangono a fissarti senza mai distogliere lo sguardo, come se fosse una prova di forza, di superiorità, come se l’obbiettivo sia quello di farti sapere che loro sono lì, e non hanno motivo di distogliere quello sguardo. Mi fa paura essermi abituata a camminare con gli occhi bassi, per evitare di cadere nella trappola di incontrare anche uno di quegli sguardi e scatenare così una loro reazione. Il problema non sono solo gli uomini sui treni regionali, il problema sono anche tutti quelli che in giacca e cravatta fissano il cellulare piuttosto che intervenire, anche solo con una parola, o uno sguardo che ci dica, è tutto okay.
Mi fanno paura quelli che in giacca e cravatta, in televisione, parlano di evitare di ubriacarsi per non farsi stuprare. Mi fanno poi paura le donne, che giustificano questi uomini, quelle che da donne – nella posizione di presidente del consiglio – si permettono di dire alle ragazze e donne che ogni giorno vivono nell’ansia di essere le prossime con un “occhi aperti e testa sulle spalle”. I nostri di occhi devono necessariamente essere più che aperti. Sono bene aperti ad individuare in ogni stazione, un angolo che sembri il più sicuro, aperti a calcolare ogni strada che si decide di fare per evitarne altre, in ogni indumento scelto nel quale poter scomparire. E invece, di fronte alla 79esima vittima di femminicidio, gli occhi e la testa di questo governo e della società, si apriranno mai?
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