Quello americano, e che avvia verso la chiusura la stagione tennistica, è stato lo Slam dei record. Djokovic sale a 24 titoli slam, mai nessuno come lui prima. Il serbo è anche il più “vecchio” a vincere questo titolo. La finale contro il russo Medveded, chiusa in tre set, è già leggenda e ha “vendicato” quella di due anni fa quando sempre il russo ruppe il sogno del serbo di vincere il Grande Slam. Nole chiuse in lacrime, vere. La notte scorsa ha issato i figli Tara e Stefan in una sorta di giro d’onore mentre i 24 mila dell’Arthur Ashe stadium erano tutti in piedi per lui, The Goat, the greatest of all time.

Ma è un’altra la storia che ci portiamo dietro da questo Slam: quella di Coco Gauff, la ragazzina afroamericana diciannovenne che a otto anni guardava Serena e Venus e prometteva “anch’io come loro”.

Aveva 15 anni e mezzo la piccola Cori detta Coco quando strabiliò Wimbledon e lo star system del tennis le mise gli occhi addosso. Così piccola, così graziosa ma determinata e resistente. Quattro anni dopo ha alzato la coppa dello slam di casa, è diventata regina dello Us Open e numero 3 del mondo dopo la partita vinta in tre set contro la numero uno del mondo, la bielorussa Aryna Sabalenka. In mezzo, dal 2019, quattro anni a livelli alti ma non così alti come molti avevano sperato, pieni di aspettative e delusioni, salite e discese.

Non c’è mai un motivo solo quando qualcosa fa clic e tutto all’improvviso va al posto giusto. Di indizi a favore di Coco se ne potevano cogliere diversi in questi ultimi mesi, da Wimbledon in avanti. Prima di tutto la striscia di vittorie, Washington, Cincinnati: dopo tanti tentativi qualcosa è cambiato nel suo gioco, più incisiva, resistente ed efficace, più continuità e determinazione. In una parola “vincente”. Sicuramente l’arrivo nel team di coach Brad Gilbert, ex numero 4 del mondo ma soprattutto colui che ha saputo mettere ordine, a suo tempo, nella testa di Andre Agassi, e autore di uno dei libri must nella letteratura del tennis (Winning Ugly).
Il terzo e il quarto indizio sono più “emozionali”: gli Us Open quest’anno hanno celebrato tra le lacrime e i sorrisi di Billie Jean King i 50 anni della Wta e della conquista dello stesso prize money per uomini e donne; Michelle Obama è stata la maestra di cerimonia della celebrazione e poi ha voluto incontrare Coco – con lei anche Barak – alla fine del primo complicato turno. “Mi ha dato qualche consiglio” ha sorriso Coco.

Ma il vero colpo vincente della regina dello Us Open è, e non da oggi, la sua capacità di guardare il mondo fuori dalla meravigliosa bolla che il destino le ha dato in sorte. Coco Gauff ha bene in testa cosa sono i diritti, i doveri, ha senso civico e lo coltiva: “Prima di tutto sono una persona, parlare di ciò che accade intorno a noi è una mia responsabilità. Non solo: ho dei princìpi che sono più importanti di tutto, anche del tennis”. È una voce di Black Lives Matter, ha criticato la decisione della Corte Suprema contro l’aborto, ha scritto “Peace. End gun violence” sulla telecamera dopo la semifinale del Roland Garros edizione 2022 con in mente il massacro alla scuola elementare in Texas di quei giorni. Coco ha una vera coscienza politica e sociale: “Se posso far vivere a meno persone ciò che ho vissuto io, allora parlare è una mia responsabilità. La storia ha dimostrato che nulla cambia restando in silenzio. È così che sono stata cresciuta”. Aveva appena sedici anni, era il 2020, quando improvvisò un discorso a Delray beach alla manifestazione per l’assassinio di George Floyd: “Se scegli il silenzio, stai scegliendo la parte dell’oppressore”. Folla in delirio.

Pare che il merito sia soprattutto di nonna Yvonne Odom, la prima studentessa nera a entrare nella scuola superiore bianca della Seacrest High. “È stata una grande ispirazione per me. Con tutto ciò che ha vissuto e passato in quel momento, mi fa schifo che stiamo ancora combattendo per le stesse cose tanti anni dopo. Il mio desiderio è che ogni generazione faccia qualcosa affinché tutto questo finisca. Anche se probabilmente non lo vedrò durante la mia vita”.

In questo torneo Coco non è stata da meno. Ha difeso la protesta per il climate change che ha interrotto per quasi un’ora la sua semifinale: “Io credo nel cambiamento climatico, è un problema serio e di tutti. L’ambiente ha bisogno che noi facciamo qualcosa per proteggerlo. Pazienza se c’è stata una protesta”.

Coco, una campionessa che ha l’intelligenza di capire di dover vivere il suo presente. Poco prima di sollevare la coppa ha detto: “Vorrei qui dire grazie alle persone che non hanno creduto in me. Un mese fa ho vinto Washington e la gente diceva che mi sarei fermata a quello. Due settimane fa ho vinto Montreal e la gente diceva che era il massimo. Tre settimane dopo sono qui, con questo trofeo. Avete tutti buttato benzina sul mio fuoco. E non sapete quanto ora io stia bruciando intensamente”. Ci vuole talento per aver la lucidità di dire parole così mentre alzi la coppa del tuo primo slam. Quindi tre volte grazie Coco: campionessa, nuova icona del tennis femminile, giovane cittadina di questo mondo.

Claudia Fusani

Autore