Per utilizzare le parole del virologo Roberto Burioni, “adesso dobbiamo difenderci pure da medici impazziti che prescrivono terapie non solo inutili, ma pure dannose”. Come se non bastassero le centinaia di morti e i circa 20mila contagi che tragicamente vengono segnalati ogni giorno dal bollettino del Ministero della Salute, a metterci il carico da novanta sono infatti gli stessi medici che dovrebbero essere in prima linea nell’affrontare l’epidemia.

A denunciare la deriva “impazzita” sono gli infettivologi dell’ospedale Sant’Orsola di Bologna, Pierluigi Viale, Luciano Attard e Fabio Tumietto, che hanno segnalato quanto sta accadendo da giorni nei pronto soccorso di tutto il capoluogo, dove arrivano pazienti anche giovani che hanno contratto il Coronavirus in forme aggressive.

Cosa accomuna questi casi? Per i tre primari è “aver iniziato una terapia con cortisone prematuramente”. Nella missiva, che i tre primari hanno chiesto di diffondere all’Ordine dei medici, Viale, Attard e Tumietto sono costretti a ricordare quello che per i medici dovrebbe essere ovvio, ovvero che “un trattamento con cortisone iniziato entro sette giorni dall’esordio dei sintomi favorisce la replicazione virale e quindi l’infezione e le sue conseguenze”.

In pratica la prescrizione in anticipo sui tempi di cortisone avrebbe provocato un peggioramento dei pazienti, anche tra i più giovani. “I medici di medicina generale ­- scrivono Viale, Attard e Tumietto – devono essere consapevoli della loro responsabilità nel momento in cui si avventurano in tale e altre prescrizioni fuori dalle linee guida“.

Gli infettivologi del Sant’Orsola citano in merito anche le direttive del Ministero della Salute, che sconsigliano l’uso del cortisone con la sola eccezione “dei soggetti in ossigenoterapia domiciliare”, soggetti che peraltro dovrebbero essere ricoverati in ospedale “se, per condizioni di base, eleggibili a trattamento intensivistico”.

E in effetti andando a ‘spulciare’ il sito del Ministero si arriva dritti al punto in cui si evidenzia come “l’utilizzo del cortisone potrebbe avere un impatto negativo sulla risposta immunitaria sviluppata” nella fase iniziale della malattia, e che l’utilizzo domiciliare “può essere considerato in quei pazienti il cui quadro clinico non migliora entro le 72 ore, se in presenza di un peggioramento dei parametri pulsossimetrici che richieda l’ossigenoterapia”.

L’uso errato di terapie domiciliari era già finito al centro di una battaglia proprio tra Burioni e la Regione Piemonte dopo l’aggiornamento del protocollo che ha consentito l’utilizzo dell’idrossiclorochina nella fase precoce dell’infezione. Burioni aveva ricordato come “studi sterminati anno stabilito non solo che per COVID-19 l’idrossiclorochina è inutile, ma che è anche pericolosa”. In caso di prescrizione medica, era stato l’invito del virologo del San Raffaele, l’invito è stato quello di “buttarla nel cesso e cambiare medico velocemente”.

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Romano di nascita ma trapiantato da sempre a Caserta, classe 1989. Appassionato di politica, sport e tecnologia