Ma cos’è davvero questo civismo?
Territori, nei capoluoghi il civismo è determinante per governare nel 15% dei casi
Oltre il 30% dei comuni sotto i 20mila abitanti è amministrato da giunte e sindaci civici. Un fenomeno sul quale vale la pena di riflettere, anche in vista dell’appuntamento elettorale europeo.

Qualche settimana fa questa sembrava non essere più domanda occasionale e di circostanza ma un vero interesse, per capire, del civismo, natura e ruolo, non solo per le elezioni europee, ma per quel profondo rinnovamento della politica italiana di cui non v’è chi non senta la necessità e l’urgenza.
Si trattava di una novità, perché di civismo si parla, quando se ne parla, come fenomeno locale, sostanzialmente marginale nel panorama nazionale. Eppure è un fenomeno che negli ultimi anni è esploso fino a raggiungere una consistenza tale da essere insieme spia della crisi di sistema e della possibilità di uscirne con un progetto politico, come poi dirò.
In effetti le sue dimensioni sono notevoli: oltre il 30% dei comuni sotto i 20 mila abitanti è amministrato da giunte e sindaci civici; nei comuni capoluoghi di provincia il civismo è determinante per governare nel 15% dei casi; nelle grandi città spesso senza il civismo non si formano alleanze in grado di assicurare condizioni di governo. Se non altro per questo il civismo andrebbe considerato una risorsa, eppure non è affatto cosa scontata.
Però proprio su “il Riformista” era stato Giorgio Merlo a centrare il tema parlando di un possibile ruolo del civismo in un progetto di rinnovamento del sistema politico. Partendo, infatti, da quella che gli appariva “l’unica vera novità” politica, la costruzione di un Centro “riformista, plurale e di governo”, individuava nel civismo e non solo nelle “antiche ed asfittiche dinamiche tra i partiti” il “luogo politico dinamico e moderno, e al tempo stesso utile per la stessa qualità della nostra democrazia e l’efficacia dell’azione di governo”. E così “il vasto e articolato mondo del civismo” assumeva dignità di alleato possibile, un notevole spostamento del punto di vista. Poi però a queste stimolanti riflessioni non è seguito altro.
Si tratta dunque ora di riprendere il filo di un discorso inopinatamente interrotto. E spetta al civismo farlo, con l’obiettivo di chiarirne insieme natura e percorso. Nella realtà, infatti, c’è civismo e civismo. C’è il civismo che si organizza come pura operazione di fiancheggiamento elettorale e civismo che nasce su ispirazione della civitas, l’originaria esigenza di governo della comunità vista come bene indivisibile appartenente a tutti i cittadini. Ebbene, questo tipo di civismo, sempre più diffuso sia al livello dei comuni che delle regioni, con un percorso durato alcuni anni, lo scorso 17 giugno si è costituito come Federazione dei Civici Europeisti (FCE). Ha il suo statuto, i suoi organismi, i suoi programmi.
Si tratta dell’unione federata di oltre duecento liste e soggetti civici organizzati in tre macro-federazioni: Alleanza Civica del Nord, Alleanza Civica Centro Italia, Mezzogiorno Federato, quasi a prefigurare le tre macroregioni di una nuova Italia che può ritrovare il senso del suo futuro in un’Europa che sappia riscoprire l’ispirazione federalista. Non è dunque un’operazione di circostanza, ma il progetto in progress di un autentico soggetto politico.
È il civismo che mette la testa nel degrado del Paese: il decentramento diventato velo trasparente di un centralismo generatore di sfiducia e povertà; parti rilevanti delle classi dirigenti trasformate in piccole caste prive di visione se non il mantenimento del potere; partiti ingabbiati (tranne rare eccezioni) in schieramenti polarizzati in lotta perenne per il consenso a danno delle riforme necessarie e del buongoverno. E giacché sperimenta le conseguenze di questo degrado sulle comunità, rompe il localismo, assume una visione generale e si pone come soggetto di rinnovamento del Paese.
La condizione imprescindibile è l’uscita dalle gabbie della politica polarizzata e il confronto con la dura realtà, che è quella drammatica di cinque milioni di poveri (di essi un milione e quattrocentomila giovani), è quella dei centomila che ogni anno varcano il confine per cercare lavoro e migliori condizioni di vita all’estero, è quella del degrado ambientale con ricorrenti drammi e distruzioni e dei valori civili che si traducono in comportamenti irresponsabili e forme primitive di violenza, è quella di un Paese in mano alle consorterie, che riduce la sanità e i servizi al cittadino come optional, che tratta la scuola e la formazione come servizio accessorio, che non sa gestire in modo programmato l’immigrazione, che non riesce ad uscire dal cappio di un debito esorbitante, a fare le riforme e a fermare il degrado della democrazia.
A questa realtà occorre contrapporre un progetto di rinnovamento credibile, tale da generare nuova fiducia e attrarre all’impegno pubblico generazioni e settori sociali che se ne sono allontanati. Occorre un “Progetto Italia” che riconquista il suo spazio di futuro dentro un “Progetto Europa Federata”, che partecipa da protagonista alla ricomposizione pacifica degli equilibri mondiali e assicura ai suoi popoli libertà e democrazia.
Per questo occorre unire le forze che hanno questa visione e possono condividere un progetto comune, libere ma unite per lo stesso obiettivo: rinnovamento dell’Italia e rinnovamento dell’Europa. Un “Centro riformista, plurale e di governo”, secondo l’espressione di Giorgio Merlo? Verso un rassemblement con i liberaldemocratici di Renew Europe? Vedremo, ma questa potrebbe essere la grande novità con cui può valere la pena di misurare le convergenti volontà di rinnovamento: oggi un rassemblement per l’Europa che diventi domani un nuovo soggetto politico per l’Italia.
Niente incorporazioni e logica federativa che costruisce un progetto riformatore: il civismo unito in Federazione e gli obiettivi che ne fanno un’originale soggetto politico spingono in questa direzione. Spetta ai potenziali interlocutori coglierne la novità, ma è fuor di dubbio che questa è l’ora dell’unità dei riformatori. Il civismo si è organizzato per questo.
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