Il Sì&No del giorno
Test psicoattitudinali per i magistrati, una verifica non è lesa maestà
Nel Sì & No del giorno del Riformista spazio al dibattito sui test psicoattitudinali per i magistrati. Giusto introdurli? A sostenere la tesi del Sì, il direttore Andrea Ruggieri, che li qualifica come “una garanzia di rispettabilità della decisione presa”. Di vedute opposte Alessia Morani (Pd): “Servono per screditare la Magistratura”.
Di seguito il commento di Andrea Ruggieri
Io non so dire se servano o meno, ed eventualmente quanto, i test psicoattitudinali sui magistrati. Ma di sicuro non riterrei una discussione al riguardo tautologicamente offensiva. Non si tratta di adombrare squilibri psichici in chi veste la toga, ma di verificarne passo, passo l’equilibrio che è condizione assai necessaria per l’esercizio di una funzione cruciale in Italia più che altrove, e che ha a che fare con la compressione del bene primario per eccellenza: la libertà delle persone. È il motivo per cui già le forze dell’ordine vengono sottoposte a test analoghi. Certo, mi si dirà giustamente, le forze dell’ordine sono a diretto contatto con situazioni critiche, e sono armate. Se anche un solo agente perde il suo equilibrio, le conseguenze per sé e gli altri possono essere addirittura fatali.
Ma a tutti può capitare di cedere a piccole derive che alterano il proprio baricentro. È la vita. E verificare la tenuta del proprio equilibrio quando si incide sulla carne viva dei cittadini può non essere cosi offensivo o banale.
A leggere certi scambi di email di qualche anno fa che mi capitò occasionalmente di leggere, in cui alcuni magistrati si fomentavano l’un l’altro “contro questi cafoni che sfrecciano sulla strada a bordo di Suv e infestano la nostra società”, il dubbio che qualcuno perda di vista la serenità di giudizio, viene.
Fare il magistrato è mestiere assai difficile proprio per questo: ci si deve spogliare delle proprie simpatie che è legittimo, e umano, avere. Che siano esse politiche, culturali, sociali, o di qualunque genere, il magistrato deve avere l’equilibrio per dimenticarle e rispondere solo alla legge che deve applicare. Non è roba da tutti. Io stesso non so se ne sarei in grado, francamente. Per farlo, per far prevalere la serenità di giudizio che prelude alla qualificazione, anche in modo severo, per carità, di fatti e comportamenti altrui, occorre davvero essere in pace con se stessi, e mettere da parte un malanimo anche fisiologico, ma che un magistrato deve avere la forza non di contenere, ma di annullare.
La terzietà presume appunto serenità. E il test servirebbe, se non ho capito male, a verificare che essa permanga nella psiche del magistrato, un cui errore può cambiare, stravolgendola, la vita di una persona, e con essa quella della sua famiglia, della sua carriera, dei suoi collaboratori, e via dicendo. È quanto capita ogni giorno, tutti i giorni, ogni otto ore a un italiano qualsiasi: arrestato, sputtanato da un sistema mediatico giustizialista, sciatto e frettoloso, e poi assolto senza che nessuno nemmeno si scusi, e nessun magistrato paghi l’errore. In alcuni casi, e non sto parlando del discussissimo rapporto tra magistratura e politica, il malanimo, il pregiudizio quasi ossessivo nei confronti di qualche imputato, io l’ho nitidamente visto. Ho visto in particolare più di qualche Pm voler imporre con prepotenza e disprezzo le sue lenti, quelle con cui guarda il mondo, all’indagato di turno.
Il che può anche esser frutto di sue vicende personali che ricadono sulle sue categorie di giudizio; allora verificare il corretto stato psichico non è lesa maestà, ma garanzia di rispettabilità della decisione presa dal magistrato. Se poi in Italia si fosse evitato di far fare i capifila della magistratura a personaggi che, pur per primi sottoposti alla legge, avevano il coraggio, parlando dei tantissimi assolti che si registrano ogni giorno a fronte di gogne pubbliche costanti e continue, che “non esistono indagati innocenti, ma solo colpevoli di cui non si è riusciti a provare la colpevolezza” forse nessuno sarebbe arrivato mai a ritenere i test psicoattitudinali come necessari, e ci si fermerebbe ai consueti profili disciplinari.
Ma quando senti un Pm (che poi viene egli condannato in tribunale) fare affermazioni tanto antigiuridiche e anticostituzionali, nel senso di essere contrarie al principio di non colpevolezza che anima la Carta, il sospetto che qualche rotella non giri per il verso giusto ti viene.
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