Le parole dell'ex senatore
La testimonianza che riscrive Mani Pulite, Pellegrino: “Di Pietro voleva diventare premier. D’Alema mi disse: fanno una rivoluzione”

Di Mani Pulite si è parlato molto e in maniera diffusa per anni. A distanza di un trentennio, però, continuano a emergere dettagli e testimonianze utili a ripercorrere cosa ha significato Tangentopoli per l’Italia e gli obiettivi dei protagonisti della vicenda giudiziaria più importante della nostra storia. Come, per esempio, l’intervista di Giovanni Pellegrino, avvocato e senatore dal ’90 al 2001 per il Pci e il Pds, rilasciata a Francesco Verderami sul Corriere della Sera. Pellegrino è uno dei testimoni diretti di ciò che successe nei palazzi del potere in quegli anni, visto che era presidente della Giunta per le immunità al Senato nel 1992.
Mani Pulite, Pellegrino: tutti i partiti ricevevano finanziamenti
L’intervista a Pellegrino fornisce alcuni aneddoti e dettagli. In primis perché sostiene che “tutti i partiti godevano di finanziamenti irregolari“. Anche il Movimento Sociale italiano e anche il Pci, poi Pds, spiega Pellegrino: “Apparentemente il mio partito non prendeva soldi. Però nella cordata vincitrice di ogni appalto c’era sempre una cooperativa rossa con una percentuale di lavori. Dal 10 al 15%”.
Mani Pulite, Pellegrino e il suo colloquio con D’Alema
Pellegrino racconta che dopo l’emergere di timori che anche il Pci sarebbe rimasto coinvolto nell’inchiesta, chiese di parlare con Massimo D’Alema. “Era la primavera del 1993. Mi concesse un incontro ma dopo pochi minuti mi zittì: ‘Come al solito voi avvocati siete contro i pubblici ministeri. Volete capirlo che questi di Milano stanno facendo una rivoluzione? E le rivoluzioni si sono sempre fatte con le ghigliottine e i plotoni di esecuzione. Perciò cosa vuoi che sia qualche avviso di garanzia o qualche mandato di cattura di troppo. Eppoi Luciano mi ha detto che possiamo stare tranquilli, perché Mani Pulite non se la prenderà con noi…”. Intendeva Luciano Violante, “chi altri?”. Secondo Pellegrino, “Violante era la voce della magistratura nel partito”.
Dopo la prima richiesta di autorizzazione a procedere contro Marcello Stefanini. ultimo tesoriere del Pci e primo del Pds, D’Alema – come racconta sempre Pellegrino – tornò a chiedere parere al senatore, questa volta senza interromperlo. “D’Alema capì che delle assicurazioni di Violante non poteva fidarsi”. Ma l’ex premier italiano “faticava a seguire la linea giustizialista imposta da Violante, perché convinto del primato della politica e perché non aveva stima delle varie corporazioni giudiziarie”.
Mani Pulite, le aspirazioni di Di Pietro
Pellegrino ha poi parlato della fine dell’inchiesta e delle ambizioni di uno dei personaggi protagonisti del pool di Mani Pulite, Antonio Di Pietro. Il disegno non si realizzò “perché la magistratura è un potere diffuso: ognuno fa come gli pare. Infatti la Procura di Brescia colpì Di Pietro, che aveva ambizioni politiche”. “La sua ambizione era diventare presidente del Consiglio. Se penso a quegli anni mi viene da piangere. Mani Pulite non realizzò il suo disegno ma distrusse il sistema dei partiti. Avevo stima dei magistrati di Milano, Borrelli li guidava benissimo. Ma il loro principio, che si basava sul primato del potere giudiziario, era in contrasto con il disegno costituzionale” conclude Pellegrino.
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